Il libro nasce dall’idea di indagare su quelle fasi del lavoro psicoterapeutico nelle quali ci si affida all’esperienza ordinaria, all’immediatezza dei vissuti e dei comportamenti, affrancandosi da forme di lettura dell’altro (e di sé) trasmesse da teorie o tradizioni di riferimento. È convinzione dei curatori che questi luoghi di indagine abbiano da sempre segretamente caratterizzato ogni psicoterapia; che essi siano stati, e siano ancora, travolti da rappresentazioni e resoconti dogmaticamente fantasiosi di ciò che avviene in una seduta; che, viceversa, una maggiore attenzione a essi, e a ciò che in essi si insinua o si produce, possa costituire la via règia del contatto con quanto di sottilmente pervasivo e nascosto ci attraversa, ci lega agli altri e (nel rapporto con gli altri) ci costituisce. Riteniamo, in breve, che vada ampliata e posta in primo piano la pratica del sensibile, dell’immediato, dell’“afferrabile” all’interno del dialogo: non ci sono plessi più degni e produttivi di questi per giungere all’individuazione di quanto permea la nostra presenza e le nostre relazioni, evitando ricorsi ideologici o semplicistici all’“inconscio”: riteniamo del resto che non ci sia aspetto più nascosto e inatteso di quello che ci coglie nel quotidiano, “nella nostra stessa dimora”, come pure aveva intuito il Freud più sensibile. La presentazione di queste prospettive terapeutiche avviene tenendo in mente le loro intersezioni con temi di natura squisitamente filosofica: la centralità del dialogo apre alla semiotica dei codici comunicativi, il tema dell’ordinario, alla complessa definizione di un’esperienza comune, definizione che, a sua volta, conduce al tema dell’incessante ricerca di un mondo condiviso, e alle deviazioni subìte nella realizzazione di una presenza “naturale” che è, insieme, costitutiva e inafferrabile.
L'ordinarietà dell'inatteso / P., Cavalieri; LA FORGIA, Mauro; M. I., Marozza. - STAMPA. - (2012).
L'ordinarietà dell'inatteso
LA FORGIA, Mauro;
2012
Abstract
Il libro nasce dall’idea di indagare su quelle fasi del lavoro psicoterapeutico nelle quali ci si affida all’esperienza ordinaria, all’immediatezza dei vissuti e dei comportamenti, affrancandosi da forme di lettura dell’altro (e di sé) trasmesse da teorie o tradizioni di riferimento. È convinzione dei curatori che questi luoghi di indagine abbiano da sempre segretamente caratterizzato ogni psicoterapia; che essi siano stati, e siano ancora, travolti da rappresentazioni e resoconti dogmaticamente fantasiosi di ciò che avviene in una seduta; che, viceversa, una maggiore attenzione a essi, e a ciò che in essi si insinua o si produce, possa costituire la via règia del contatto con quanto di sottilmente pervasivo e nascosto ci attraversa, ci lega agli altri e (nel rapporto con gli altri) ci costituisce. Riteniamo, in breve, che vada ampliata e posta in primo piano la pratica del sensibile, dell’immediato, dell’“afferrabile” all’interno del dialogo: non ci sono plessi più degni e produttivi di questi per giungere all’individuazione di quanto permea la nostra presenza e le nostre relazioni, evitando ricorsi ideologici o semplicistici all’“inconscio”: riteniamo del resto che non ci sia aspetto più nascosto e inatteso di quello che ci coglie nel quotidiano, “nella nostra stessa dimora”, come pure aveva intuito il Freud più sensibile. La presentazione di queste prospettive terapeutiche avviene tenendo in mente le loro intersezioni con temi di natura squisitamente filosofica: la centralità del dialogo apre alla semiotica dei codici comunicativi, il tema dell’ordinario, alla complessa definizione di un’esperienza comune, definizione che, a sua volta, conduce al tema dell’incessante ricerca di un mondo condiviso, e alle deviazioni subìte nella realizzazione di una presenza “naturale” che è, insieme, costitutiva e inafferrabile.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.