La pluralità dei significati scaturenti dai nominalismi esistenti nell’accoppiare i termini ed i relativi concetti di recupero o riuso o restauro e, rispettivamente, architettura, urbanistica, territorio, ambiente ed alcuni altri termini considerabili come succedanei o ancillari quali edilizia, struttura, funzione, e così via, invita ad operare una analisi di dettaglio, quanto meno tentando di fare chiarezza sui singoli termini di base. Fermo restando che non è detto che al momento di aggettivarsi coniugandosi il significato dell’espressione intera resti esattamente lo stesso. Per raggiungere tale scopo questo testo utilizza alcuni riferimenti che l’apparato normativo italiano presenta, particolarmente nel campo dei lavori pubblici, al fine di rendere ogni intervento non solo dotato di maggiore univocità e certezza, ma anche meglio contestualizzato al mondo delle opere costruite. Questo testo inoltre intende presentare e rapportare ai contenuti formativi alcuni progetti, che con le sperimentazioni delle nuove tecnologie, col ricorso a materiali e tecniche idonei, ma soprattutto con metodologie innovative, metodi e tecniche utilizzate per ottenere una o più soddisfacenti soluzioni, si ritiene di aver ottenuto una conclusione equilibrata dell’intervento sul livello architettonico, urbanistico ed ambientale. La chiave di lettura è dapprima il materiale, poi il significato statico dell’uso. Ogni elemento costruito, con una discreta dose di intenzionalità, non può non dipendere da questi due momenti oltre che dall’artefice, dato che una realizzazione delle idee esige in ogni modo che avvenga tale dipendenza o interdipendenza, altrimenti almeno parte delle idee rimarrebbero nella mente del progettista. Una suddivisione della progettazione nei livelli architettonico, urbanistico e territoriale è una semplice convenzione disciplinare, trattandosi solo di un problema di scala dell’intervento, ma in realtà essi costituiscono un complesso unico. I differenti concept dell’intervento sono comunque tra loro interconnessi: sia a livello spaziale (contenitore) che livello funzionale (contenuto); ai quali elementi la società di ogni periodo richiede un continuo adeguamento: anche se il costruito fosse inadeguato per ragioni dipendenti dalla sua staticità materico-dimensionale, grazie ad un accumulato valore storico, unico ed irripetibile, quelle spazialità diverrebbero oggetto di un nuovo intervento architettonico. In questo concetto è racchiuso il segreto del possibile superamento delle differenziazioni nominalistiche sui differenti tipi di intervento quali riuso, recupero, ristrutturazione, ecc. Quindi l’obiettivo diventa quello di pensare ad un ottica di intervento che non preveda un restauro che imponga una soluzione ideologica e sordo-cieca sugli aspetti funzionali, né una conservazione che obblighi ad un rigido mantenimento dell’aspetto fisico della struttura, ma che proceda verso la rivalorizzazione dello spazio di quella struttura unica per la sua storia, restituendole l’assetto adeguato e soddisfare le esigenze della nuova destinazione anche nel rispetto delle sopravvenute incombenze ambientali della società contemporanea. Questa filosofia evoluta ed evolutiva del progetto di recupero si applica, evidentemente, sul costruito di valore storico, ma proprio per questo motivo essa ha la potenzialità di conciliare le tracce storiche e filologiche, nonostante le trasformazioni avvicendatesi nel tempo e delle quali comunque occorre tenere debito conto. La progettazione tecnologica, proprio perché maggiormente sensibile alla coniugazione dell’istanza storica con quella dell’appropriatezza dell’intervento, attinente materiale e significato statico, appare pienamente rispondente ai necessari approfondimenti del caso per caso.
La progettazione tecnologica per il patrimonio architettonico / Imbrighi, Giampaolo. - STAMPA. - (2012), pp. 1-92.
La progettazione tecnologica per il patrimonio architettonico
IMBRIGHI, Giampaolo
2012
Abstract
La pluralità dei significati scaturenti dai nominalismi esistenti nell’accoppiare i termini ed i relativi concetti di recupero o riuso o restauro e, rispettivamente, architettura, urbanistica, territorio, ambiente ed alcuni altri termini considerabili come succedanei o ancillari quali edilizia, struttura, funzione, e così via, invita ad operare una analisi di dettaglio, quanto meno tentando di fare chiarezza sui singoli termini di base. Fermo restando che non è detto che al momento di aggettivarsi coniugandosi il significato dell’espressione intera resti esattamente lo stesso. Per raggiungere tale scopo questo testo utilizza alcuni riferimenti che l’apparato normativo italiano presenta, particolarmente nel campo dei lavori pubblici, al fine di rendere ogni intervento non solo dotato di maggiore univocità e certezza, ma anche meglio contestualizzato al mondo delle opere costruite. Questo testo inoltre intende presentare e rapportare ai contenuti formativi alcuni progetti, che con le sperimentazioni delle nuove tecnologie, col ricorso a materiali e tecniche idonei, ma soprattutto con metodologie innovative, metodi e tecniche utilizzate per ottenere una o più soddisfacenti soluzioni, si ritiene di aver ottenuto una conclusione equilibrata dell’intervento sul livello architettonico, urbanistico ed ambientale. La chiave di lettura è dapprima il materiale, poi il significato statico dell’uso. Ogni elemento costruito, con una discreta dose di intenzionalità, non può non dipendere da questi due momenti oltre che dall’artefice, dato che una realizzazione delle idee esige in ogni modo che avvenga tale dipendenza o interdipendenza, altrimenti almeno parte delle idee rimarrebbero nella mente del progettista. Una suddivisione della progettazione nei livelli architettonico, urbanistico e territoriale è una semplice convenzione disciplinare, trattandosi solo di un problema di scala dell’intervento, ma in realtà essi costituiscono un complesso unico. I differenti concept dell’intervento sono comunque tra loro interconnessi: sia a livello spaziale (contenitore) che livello funzionale (contenuto); ai quali elementi la società di ogni periodo richiede un continuo adeguamento: anche se il costruito fosse inadeguato per ragioni dipendenti dalla sua staticità materico-dimensionale, grazie ad un accumulato valore storico, unico ed irripetibile, quelle spazialità diverrebbero oggetto di un nuovo intervento architettonico. In questo concetto è racchiuso il segreto del possibile superamento delle differenziazioni nominalistiche sui differenti tipi di intervento quali riuso, recupero, ristrutturazione, ecc. Quindi l’obiettivo diventa quello di pensare ad un ottica di intervento che non preveda un restauro che imponga una soluzione ideologica e sordo-cieca sugli aspetti funzionali, né una conservazione che obblighi ad un rigido mantenimento dell’aspetto fisico della struttura, ma che proceda verso la rivalorizzazione dello spazio di quella struttura unica per la sua storia, restituendole l’assetto adeguato e soddisfare le esigenze della nuova destinazione anche nel rispetto delle sopravvenute incombenze ambientali della società contemporanea. Questa filosofia evoluta ed evolutiva del progetto di recupero si applica, evidentemente, sul costruito di valore storico, ma proprio per questo motivo essa ha la potenzialità di conciliare le tracce storiche e filologiche, nonostante le trasformazioni avvicendatesi nel tempo e delle quali comunque occorre tenere debito conto. La progettazione tecnologica, proprio perché maggiormente sensibile alla coniugazione dell’istanza storica con quella dell’appropriatezza dell’intervento, attinente materiale e significato statico, appare pienamente rispondente ai necessari approfondimenti del caso per caso.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.