La sopravvivenza di un organismo è in relazione a numerosi fattori, ma la nozione che le varie specie dei mammiferi presentano un ciclo vitale caratteristico per ciascuna specie suggerisce l'ipotesi che alla base della durata della vita ci siano dei meccanismi genetici. I biologi generalmente ritengono che la durata massima della vita di ogni singola specie corrisponde al quintuplo del periodo di accrescimento. Poiché nella specie umana il periodo di accrescimento si conclude con la saldatura degli ultimi anelli di ossificazione, e cioè nella donna a 21 anni e nell'uomo a 25, la durata massima della vita dovrebbe essere di 105-125 anni. È evidente, tuttavia, che tutti i metodi per stabilire il limite teorico della vita umana hanno un valore esclusivamente orientativo. Nonostante gli studi sulla longevità umana siano influenzati dalla presenza di numerose varianti (modificazioni dell'alimentazione, dell'attività lavorativa, ecc.), si ritiene che anche nell'uomo la longevità abbia un carattere in gran parte ereditario. In questo senso, per esempio, depone la maggiore durata di vita dei soggetti con genitori longevi rispetto a gruppi di controllo. Gli studi sugli aspetti genetici della longevità si ricollegano spesso a quelli dell'invecchiamento. Le numerose teorie proposte fino ad oggi possono essere schematicamente ricondotte a due modelli generali. Il primo modello (teoria dell’orologio biologico) suggerisce che l'invecchiamento non è altro che una parte del normale processo di sviluppo e che quindi esso è geneticamente determinato. Nel nostro patrimonio genetico sarebbero presenti i cosiddetti geni della longevità di Sacher e Cutler, che determinerebbero uno sviluppo programmato ed il raggiungimento potenziale di un determinato numero di anni. Il secondo modello (teoria stocastica) suggerisce che l'invecchiamento è il risultato di un processo casuale di deterioramento che si produce nel corso dei processi fisico-chimici propri dell'essere vivente. Per quanto riguarda più specificamente i meccanismi genetici della longevità, secondo numerosi studiosi esistono dei geni anti-invecchiamento, cioè alcuni geni che regolano vari processi biologici ostacolando l'invecchiamento: la longevità sarebbe fondamentalmente assicurata da quegli stessi geni che controllano i vari meccanismi di difesa delle cellule contro i danni prodotti da agenti esterni ed interni.
Epidemiologia della Longevità / Campana, F.; Ettorre, Evaristo; Marigliano, Vincenzo. - STAMPA. - (1995), pp. 329-356.
Epidemiologia della Longevità
ETTORRE, Evaristo;MARIGLIANO, Vincenzo
1995
Abstract
La sopravvivenza di un organismo è in relazione a numerosi fattori, ma la nozione che le varie specie dei mammiferi presentano un ciclo vitale caratteristico per ciascuna specie suggerisce l'ipotesi che alla base della durata della vita ci siano dei meccanismi genetici. I biologi generalmente ritengono che la durata massima della vita di ogni singola specie corrisponde al quintuplo del periodo di accrescimento. Poiché nella specie umana il periodo di accrescimento si conclude con la saldatura degli ultimi anelli di ossificazione, e cioè nella donna a 21 anni e nell'uomo a 25, la durata massima della vita dovrebbe essere di 105-125 anni. È evidente, tuttavia, che tutti i metodi per stabilire il limite teorico della vita umana hanno un valore esclusivamente orientativo. Nonostante gli studi sulla longevità umana siano influenzati dalla presenza di numerose varianti (modificazioni dell'alimentazione, dell'attività lavorativa, ecc.), si ritiene che anche nell'uomo la longevità abbia un carattere in gran parte ereditario. In questo senso, per esempio, depone la maggiore durata di vita dei soggetti con genitori longevi rispetto a gruppi di controllo. Gli studi sugli aspetti genetici della longevità si ricollegano spesso a quelli dell'invecchiamento. Le numerose teorie proposte fino ad oggi possono essere schematicamente ricondotte a due modelli generali. Il primo modello (teoria dell’orologio biologico) suggerisce che l'invecchiamento non è altro che una parte del normale processo di sviluppo e che quindi esso è geneticamente determinato. Nel nostro patrimonio genetico sarebbero presenti i cosiddetti geni della longevità di Sacher e Cutler, che determinerebbero uno sviluppo programmato ed il raggiungimento potenziale di un determinato numero di anni. Il secondo modello (teoria stocastica) suggerisce che l'invecchiamento è il risultato di un processo casuale di deterioramento che si produce nel corso dei processi fisico-chimici propri dell'essere vivente. Per quanto riguarda più specificamente i meccanismi genetici della longevità, secondo numerosi studiosi esistono dei geni anti-invecchiamento, cioè alcuni geni che regolano vari processi biologici ostacolando l'invecchiamento: la longevità sarebbe fondamentalmente assicurata da quegli stessi geni che controllano i vari meccanismi di difesa delle cellule contro i danni prodotti da agenti esterni ed interni.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.