In questo studio sono state analizzate le strategie messe in atto da 50 bambini affetti da patologia oncologica, sia tumori solidi sia leucemie, di età compresa tra 8 e 12 anni : 23 di essi sono stati reclutati presso il reparto di Oncologia Pediatrica del Policlinico “A. Gemelli” di Roma; i restanti 27 bambini non presentavano alcuna patologia cronica. Attraverso la somministrazione del Pediatric Pain Coping Inventory, Varni e Waldron (1996), sono state indagate le strategie di coping al dolore attraverso la misurazione delle seguenti variabili: auto-istruzioni cognitive; problem solving; distrazione; ricerca di supporto sociale. I risultati mostrano che i bambini del gruppo sperimentale preferiscono strategie di “ricerca di supporto sociale” a quelle di “problem solving” e di “distrazione”; l’uso della strategia di “auto-istruzioni cognitive”, tuttavia, non risulta significativamente meno frequente di quello della “ricerca di supporto sociale. Dal gruppo di controllo di questo studio emerge d’altra parte, coerentemente con i risultati di Bonichini e Axia (2000), che questa strategia è significativamente la meno utilizzata. Essendo i due gruppi confrontabili per età (l’età media in entrambi i casi è 9,9 anni), è possibile ipotizzare che l’esperienza della malattia sia all’origine di questa differenza. In effetti dal confronto tra i due gruppi emerge una significativa differenza nella frequenza d’uso di questa strategia e una forte tendenza alla significatività relativamente all’uso della “ricerca di supporto sociale”. La malattia rende cioè ancora più frequente il ricorso a questa strategia, che in generale risulta essere la modalità di risposta preferita dai bambini italiani, secondo gli studi di Bonichini e Axia. Una caratteristica comune a queste due strategie di più frequente uso, ricerca di supporto sociale e auto-istruzioni cognitive, è che non permettono al bambino di incrementare il controllo della situazione. Vari studi hanno evidenziato che a questa età le strategie di evitamento o focalizzate sulle emozioni sono attuate in risposta a stress ritenuti incontrollabili. Il dolore sperimentato dai bambini affetti da tumore è frequentemente causato dai trattamenti e viene gestito il più possibile preventivamente a livello medico, tuttavia resta legato ad un evento non controllabile, almeno finché non si è raggiunta una buona familiarità con la procedura medica in questione. I dati ricavati dalle valutazioni dei genitori evidenziano risultati complementari: per quanto riguarda il gruppo oncologico, emerge la strategia del problem solving come la strategia significativamente meno usata e la distrazione come più frequente di quanto non affermino i bambini stessi. Il fatto che le strategie più efficaci siano le meno usate induce a pensare che questi bambini non abbiano ricevuto insegnamenti intenzionalmente volti a permettere loro di gestire il proprio dolore, ma, come tutti i loro coetanei, basano le loro risposte sulla propria personale esperienza e sull’osservazione delle modalità di reazione al dolore delle persone che li circondano. L’utilità dei risultati derivati da questa e da analoghe ricerche risiede nella possibilità di supportare il bambino in modo appropriato, di progettare interventi finalizzati a insegnare strategie di coping adattive o potenziarle se essi vi fanno ricorso liberamente. In questo contesto la scuola in ospedale può svolgere un ruolo fondamentale sia per l’osservazione delle risorse possedute e delle strategie attuate dal singolo bambino sia come luogo di apprendimento di nuove e più efficaci strategie.
La ricerca: lo sviluppo del coping al trattamento del dolore nella scolarizzazione ospedaliera / Guarino, Angela; E., Lopez; M., D'Alessio. - STAMPA. - (2005), pp. 46-61.
La ricerca: lo sviluppo del coping al trattamento del dolore nella scolarizzazione ospedaliera.
GUARINO, Angela;
2005
Abstract
In questo studio sono state analizzate le strategie messe in atto da 50 bambini affetti da patologia oncologica, sia tumori solidi sia leucemie, di età compresa tra 8 e 12 anni : 23 di essi sono stati reclutati presso il reparto di Oncologia Pediatrica del Policlinico “A. Gemelli” di Roma; i restanti 27 bambini non presentavano alcuna patologia cronica. Attraverso la somministrazione del Pediatric Pain Coping Inventory, Varni e Waldron (1996), sono state indagate le strategie di coping al dolore attraverso la misurazione delle seguenti variabili: auto-istruzioni cognitive; problem solving; distrazione; ricerca di supporto sociale. I risultati mostrano che i bambini del gruppo sperimentale preferiscono strategie di “ricerca di supporto sociale” a quelle di “problem solving” e di “distrazione”; l’uso della strategia di “auto-istruzioni cognitive”, tuttavia, non risulta significativamente meno frequente di quello della “ricerca di supporto sociale. Dal gruppo di controllo di questo studio emerge d’altra parte, coerentemente con i risultati di Bonichini e Axia (2000), che questa strategia è significativamente la meno utilizzata. Essendo i due gruppi confrontabili per età (l’età media in entrambi i casi è 9,9 anni), è possibile ipotizzare che l’esperienza della malattia sia all’origine di questa differenza. In effetti dal confronto tra i due gruppi emerge una significativa differenza nella frequenza d’uso di questa strategia e una forte tendenza alla significatività relativamente all’uso della “ricerca di supporto sociale”. La malattia rende cioè ancora più frequente il ricorso a questa strategia, che in generale risulta essere la modalità di risposta preferita dai bambini italiani, secondo gli studi di Bonichini e Axia. Una caratteristica comune a queste due strategie di più frequente uso, ricerca di supporto sociale e auto-istruzioni cognitive, è che non permettono al bambino di incrementare il controllo della situazione. Vari studi hanno evidenziato che a questa età le strategie di evitamento o focalizzate sulle emozioni sono attuate in risposta a stress ritenuti incontrollabili. Il dolore sperimentato dai bambini affetti da tumore è frequentemente causato dai trattamenti e viene gestito il più possibile preventivamente a livello medico, tuttavia resta legato ad un evento non controllabile, almeno finché non si è raggiunta una buona familiarità con la procedura medica in questione. I dati ricavati dalle valutazioni dei genitori evidenziano risultati complementari: per quanto riguarda il gruppo oncologico, emerge la strategia del problem solving come la strategia significativamente meno usata e la distrazione come più frequente di quanto non affermino i bambini stessi. Il fatto che le strategie più efficaci siano le meno usate induce a pensare che questi bambini non abbiano ricevuto insegnamenti intenzionalmente volti a permettere loro di gestire il proprio dolore, ma, come tutti i loro coetanei, basano le loro risposte sulla propria personale esperienza e sull’osservazione delle modalità di reazione al dolore delle persone che li circondano. L’utilità dei risultati derivati da questa e da analoghe ricerche risiede nella possibilità di supportare il bambino in modo appropriato, di progettare interventi finalizzati a insegnare strategie di coping adattive o potenziarle se essi vi fanno ricorso liberamente. In questo contesto la scuola in ospedale può svolgere un ruolo fondamentale sia per l’osservazione delle risorse possedute e delle strategie attuate dal singolo bambino sia come luogo di apprendimento di nuove e più efficaci strategie.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.