From the collection of contributions presented here should draw some conclusions. Beyond the inevitable differences in theoretical - the result of temporal and cultural contexts and their diversity - it is possible to identify some wires that connect the locations of various autori.In First, an element common to the analysis of the genesis and subsequent development of the capitalist form of production seems setting to be "constructive criticism" against the phenomenon itself, which shows the fundamental, "classical" attitude self-reflection and self-awareness - in sociology and sociology through - on the many aspects of contemporary culture, which has the aims to demystify the ideological potential. All the authors considered here turn their attention to the story of capitalism trying to "look beyond" its most obvious manifestations, causes to be investigated, operating modes, cultural forms, effects on the action of individuals, groups and societies. The shades may vary, ranging from the darkest pessimism (the first Horkheimer, Foucault), more specifically to the critical "internal" to capitalism, that is directed at a particular stage - Degenerative - its development (Veblen, Sombart), to read more deterministic (Schumpeter), the confidence to overcome - through the "denial" (Marcuse) or the recovery of "substantial reason / objective" (Horkheimer) or the rediscovery of the "qualitative" (Ferrero) or pre-capitalist forms of gratuity and reciprocity (Polanyi) - cultural alienation exists, the romantic appeal to an ethic more responsible (Sombart), the most concrete projects (Olivetti). As well, thread analysis, diagnosis and prophecies so different seems to be the ability to stigmatize only a one-dimensional development - merely formal - the logic and rationality of capitalist, which, within a "culture of quantity," emphasizes aspects such as hyper-rationalism, exaltation of profit, crushing the complexity of the phenomenon capitalist on the financial dimension. In contrast, the invitation - transverse to all positions, while in forms not always immediately explicit - is the recovery, in the form of capitalist production and, in general, in the economic sphere, logics more inclusive, of forms of rationality more " substantive "elements and humanistic motivations of breath - psychological, social, cultural, ethical and political - not related, in short, the purely economic field. Indications for an economy that is "social", to quote Schumpeter, rediscovering the role of "non-economic".

Dall’insieme dei contributi qui presentati è opportuno trarre alcune considerazioni. Al di là delle inevitabili divergenze teoriche – frutto di contesti temporali e culturali fortemente differenziati – è possibile individuare alcuni fili conduttori che legano le posizioni dei vari autori. In primo luogo, elemento comune alle analisi sulla genesi e i successivi sviluppi della forma di produzione capitalistica sembra essere un’impostazione “costruttivamente critica” nei confronti del fenomeno stesso, da cui traspare quella fondamentale, “classica” attitudine all’autoriflessione e all’autoconsapevolezza – nella sociologia e per mezzo della sociologia – sui molteplici aspetti della cultura contemporanea, che ha lo scopo di demistificarne le potenzialità ideologiche. Tutti gli autori qui considerati rivolgono la propria attenzione alla vicenda del capitalismo cercando di “guardare oltre” le sue manifestazioni più evidenti, per ricercarne cause, logiche di funzionamento, forme culturali, effetti sull’azione degli individui, dei gruppi, delle società. Le tonalità possono variare: si va dal pessimismo più cupo (il primo Horkheimer, Foucault), alla critica più specificatamente “interna” al capitalismo, rivolta cioè a una particolare fase – degenerativa – del suo sviluppo (Veblen, Sombart), a letture più deterministiche (Schumpeter), alla fiducia nella possibilità di superare – tramite la “negazione” (Marcuse) o il recupero della “ragione sostanziale/oggettiva” (Horkheimer) o la riscoperta del “qualitativo” (Ferrero) o di forme pre-capitalistiche di gratuità e reciprocità (Polanyi) – l’alienazione culturale esistente, al romantico richiamo a un’etica più responsabile (Sombart), alla più concreta progettualità (Olivetti). Pure, filo conduttore di analisi, diagnosi e profezie così diverse sembra essere l’attitudine a stigmatizzare soltanto un certo sviluppo unidimensionale – meramente formale – della logica e della razionalità capitalistica, che, all’interno di una “cultura del quantitativo”, privilegia aspetti quali iper-razionalismo, esaltazione del profitto, schiacciamento della complessità del fenomeno capitalistico sulla dimensione finanziaria. Di contro, l’invito – trasversale a tutte le posizioni, pur in forme non sempre immediatamente esplicite – è al recupero, nella forma di produzione capitalistica e, in generale, nella sfera economica, di logiche più inclusive, di forme di razionalità più “sostanziali”, di elementi e motivazioni di respiro umanistico – psicologico, sociale, culturale, etico, politico –, non afferenti, in breve, al campo esclusivamente economico. Indicazioni per un’economia che si fa “sociale”, per dirla con Schumpeter, riscoprendo il ruolo del “non-economico”.

Introduzione / Antonini, Erica. - STAMPA. - (2006), pp. 9-39.

Introduzione

ANTONINI, Erica
2006

Abstract

From the collection of contributions presented here should draw some conclusions. Beyond the inevitable differences in theoretical - the result of temporal and cultural contexts and their diversity - it is possible to identify some wires that connect the locations of various autori.In First, an element common to the analysis of the genesis and subsequent development of the capitalist form of production seems setting to be "constructive criticism" against the phenomenon itself, which shows the fundamental, "classical" attitude self-reflection and self-awareness - in sociology and sociology through - on the many aspects of contemporary culture, which has the aims to demystify the ideological potential. All the authors considered here turn their attention to the story of capitalism trying to "look beyond" its most obvious manifestations, causes to be investigated, operating modes, cultural forms, effects on the action of individuals, groups and societies. The shades may vary, ranging from the darkest pessimism (the first Horkheimer, Foucault), more specifically to the critical "internal" to capitalism, that is directed at a particular stage - Degenerative - its development (Veblen, Sombart), to read more deterministic (Schumpeter), the confidence to overcome - through the "denial" (Marcuse) or the recovery of "substantial reason / objective" (Horkheimer) or the rediscovery of the "qualitative" (Ferrero) or pre-capitalist forms of gratuity and reciprocity (Polanyi) - cultural alienation exists, the romantic appeal to an ethic more responsible (Sombart), the most concrete projects (Olivetti). As well, thread analysis, diagnosis and prophecies so different seems to be the ability to stigmatize only a one-dimensional development - merely formal - the logic and rationality of capitalist, which, within a "culture of quantity," emphasizes aspects such as hyper-rationalism, exaltation of profit, crushing the complexity of the phenomenon capitalist on the financial dimension. In contrast, the invitation - transverse to all positions, while in forms not always immediately explicit - is the recovery, in the form of capitalist production and, in general, in the economic sphere, logics more inclusive, of forms of rationality more " substantive "elements and humanistic motivations of breath - psychological, social, cultural, ethical and political - not related, in short, the purely economic field. Indications for an economy that is "social", to quote Schumpeter, rediscovering the role of "non-economic".
2006
Testimonianze sul capitalismo
9788878701366
Dall’insieme dei contributi qui presentati è opportuno trarre alcune considerazioni. Al di là delle inevitabili divergenze teoriche – frutto di contesti temporali e culturali fortemente differenziati – è possibile individuare alcuni fili conduttori che legano le posizioni dei vari autori. In primo luogo, elemento comune alle analisi sulla genesi e i successivi sviluppi della forma di produzione capitalistica sembra essere un’impostazione “costruttivamente critica” nei confronti del fenomeno stesso, da cui traspare quella fondamentale, “classica” attitudine all’autoriflessione e all’autoconsapevolezza – nella sociologia e per mezzo della sociologia – sui molteplici aspetti della cultura contemporanea, che ha lo scopo di demistificarne le potenzialità ideologiche. Tutti gli autori qui considerati rivolgono la propria attenzione alla vicenda del capitalismo cercando di “guardare oltre” le sue manifestazioni più evidenti, per ricercarne cause, logiche di funzionamento, forme culturali, effetti sull’azione degli individui, dei gruppi, delle società. Le tonalità possono variare: si va dal pessimismo più cupo (il primo Horkheimer, Foucault), alla critica più specificatamente “interna” al capitalismo, rivolta cioè a una particolare fase – degenerativa – del suo sviluppo (Veblen, Sombart), a letture più deterministiche (Schumpeter), alla fiducia nella possibilità di superare – tramite la “negazione” (Marcuse) o il recupero della “ragione sostanziale/oggettiva” (Horkheimer) o la riscoperta del “qualitativo” (Ferrero) o di forme pre-capitalistiche di gratuità e reciprocità (Polanyi) – l’alienazione culturale esistente, al romantico richiamo a un’etica più responsabile (Sombart), alla più concreta progettualità (Olivetti). Pure, filo conduttore di analisi, diagnosi e profezie così diverse sembra essere l’attitudine a stigmatizzare soltanto un certo sviluppo unidimensionale – meramente formale – della logica e della razionalità capitalistica, che, all’interno di una “cultura del quantitativo”, privilegia aspetti quali iper-razionalismo, esaltazione del profitto, schiacciamento della complessità del fenomeno capitalistico sulla dimensione finanziaria. Di contro, l’invito – trasversale a tutte le posizioni, pur in forme non sempre immediatamente esplicite – è al recupero, nella forma di produzione capitalistica e, in generale, nella sfera economica, di logiche più inclusive, di forme di razionalità più “sostanziali”, di elementi e motivazioni di respiro umanistico – psicologico, sociale, culturale, etico, politico –, non afferenti, in breve, al campo esclusivamente economico. Indicazioni per un’economia che si fa “sociale”, per dirla con Schumpeter, riscoprendo il ruolo del “non-economico”.
Capitalismo; Economia sociale; Innovazione
02 Pubblicazione su volume::02c Prefazione/Postfazione
Introduzione / Antonini, Erica. - STAMPA. - (2006), pp. 9-39.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11573/487076
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