It is known as the policy of "totalitarian" has begun to speak in Italy in the mid-'20s to denote, depending derogatory, make the undemocratic fascist party in the local elections of those years. The adjective "totalitarian" appears for the first time in 1923, in a series of articles published in the journal by John Amendola "The World", and then appear in the form of term, on "liberal revolution" of Gobetti and become progressively in common use in the opposition - a sign of liberal, socialist, Catholic - the Fascist regime. Later the same regime appropriated the term, this time in the sense appreciative, to emphasize the features - in particular, the strength and efficiency - of fascist politics as opposed to the weaknesses of liberal parliamentarism. The expression is in fact present in "Fascism" Italian Encyclopaedia (1932), and in part written by Gentile, is that written by Mussolini, which states the historical novelty of "a totalitarian party that governs a nation." In Nazi Germany the term had rather poor luck and preferred to talk about was "authoritarian". Meanwhile, the term began to be used to designate all dictatorships monopartitiche, both fascist and those communist: it took the George H. Sabine in "Status" Encyclopaedia of the Social Sciences (1934). In 1940, at a symposium on the "totalitarian state", published in the Proceedings of the American Philosophical Society, Carlton H. Hayes described some original characters of the totalitarian government, and especially the monopolization of all the powers internally to the company, the need to generate mass support, the use of modern techniques of propaganda. In 1942, in The Permanent Revolution, Sigmund Neumann put the emphasis on the permanent movement that is given off by totalitarian regimes, and which involves a mutation in the same procedures and endless political institutions. But despite all these antecedents, the use of the term "totalitarianism" only became widespread after World War II, when they were made two of the most famous and accomplished theories about totalitarian form of government, that of Hannah Arendt (1951) and Carl J. Friedrich and Zbigniew K. Brzezinzki (1956).

È noto come di politica “totalitaria” si sia cominciato a parlare in Italia verso la metà degli anni ’20 per denotare, in funzione dispregiativa, l’operare antidemocratico del partito fascista in occasione delle elezioni amministrative di quegli anni. L’aggettivo “totalitario” compare per la prima volta nel 1923, in una serie di articoli pubblicati da Giovanni Amendola sulla rivista “Il Mondo”, per poi figurare, sotto forma di termine, su “La rivoluzione liberale” di Gobetti e divenire progressivamente di uso comune nell’ambiente dell’opposizione – di segno liberale, socialista, cattolico – al regime fascista. Successivamente lo stesso regime si appropria del termine, questa volta in senso apprezzativo, per sottolineare le caratteristiche – in particolare, la forza e l’efficienza – della politica fascista in contrapposizione alle debolezze del parlamentarismo liberale. L’espressione è infatti presente nella voce “Fascismo” dell’Enciclopedia italiana (1932), sia nella parte scritta da Gentile, sia in quella redatta da Mussolini, dove si afferma la novità storica di “un partito che governa totalitariamente una nazione”. Nella Germania nazista il termine ebbe invece scarsa fortuna e si preferì parlare di stato “autoritario”. Intanto l’espressione cominciava ad essere usata per designare tutte le dittature monopartitiche, sia quelle fasciste sia quelle comuniste: così la impiegò George H. Sabine nella voce “Stato” della Encyclopaedia of the Social Sciences (1934). Nel 1940, in un simposio sopra lo “stato totalitario” pubblicato nei Proceedings of American Philosophical Society, Carlton H. Hayes descrisse alcuni caratteri originali del governo totalitario, e specialmente la monopolizzazione di tutti i poteri internamente alla società, il bisogno di generare un sostegno di massa, il ricorso alle tecniche moderne di propaganda. Nel 1942, in The Permanent Revolution, Sigmund Neumann mise l’accento sul movimento permanente che viene sprigionato dai regimi totalitari, e che coinvolge in una mutazione senza fine le stesse procedure e istituzioni politiche. Ma, nonostante tutti questi antecedenti, l’uso del termine “totalitarismo” si generalizzò soltanto nel secondo dopoguerra, quando furono formulate due tra le più note e compiute teorie sulla forma totalitaria di governo, quella di Hannah Arendt (1951) e quella di Carl J. Friedrich e Zbigniew K. Brzezinzki (1956).

Il totalitarismo / Antonini, Erica. - STAMPA. - (2001), pp. 191-204.

Il totalitarismo

ANTONINI, Erica
2001

Abstract

It is known as the policy of "totalitarian" has begun to speak in Italy in the mid-'20s to denote, depending derogatory, make the undemocratic fascist party in the local elections of those years. The adjective "totalitarian" appears for the first time in 1923, in a series of articles published in the journal by John Amendola "The World", and then appear in the form of term, on "liberal revolution" of Gobetti and become progressively in common use in the opposition - a sign of liberal, socialist, Catholic - the Fascist regime. Later the same regime appropriated the term, this time in the sense appreciative, to emphasize the features - in particular, the strength and efficiency - of fascist politics as opposed to the weaknesses of liberal parliamentarism. The expression is in fact present in "Fascism" Italian Encyclopaedia (1932), and in part written by Gentile, is that written by Mussolini, which states the historical novelty of "a totalitarian party that governs a nation." In Nazi Germany the term had rather poor luck and preferred to talk about was "authoritarian". Meanwhile, the term began to be used to designate all dictatorships monopartitiche, both fascist and those communist: it took the George H. Sabine in "Status" Encyclopaedia of the Social Sciences (1934). In 1940, at a symposium on the "totalitarian state", published in the Proceedings of the American Philosophical Society, Carlton H. Hayes described some original characters of the totalitarian government, and especially the monopolization of all the powers internally to the company, the need to generate mass support, the use of modern techniques of propaganda. In 1942, in The Permanent Revolution, Sigmund Neumann put the emphasis on the permanent movement that is given off by totalitarian regimes, and which involves a mutation in the same procedures and endless political institutions. But despite all these antecedents, the use of the term "totalitarianism" only became widespread after World War II, when they were made two of the most famous and accomplished theories about totalitarian form of government, that of Hannah Arendt (1951) and Carl J. Friedrich and Zbigniew K. Brzezinzki (1956).
2001
La società politica. Vol. II. I temi della politica
9788875459277
È noto come di politica “totalitaria” si sia cominciato a parlare in Italia verso la metà degli anni ’20 per denotare, in funzione dispregiativa, l’operare antidemocratico del partito fascista in occasione delle elezioni amministrative di quegli anni. L’aggettivo “totalitario” compare per la prima volta nel 1923, in una serie di articoli pubblicati da Giovanni Amendola sulla rivista “Il Mondo”, per poi figurare, sotto forma di termine, su “La rivoluzione liberale” di Gobetti e divenire progressivamente di uso comune nell’ambiente dell’opposizione – di segno liberale, socialista, cattolico – al regime fascista. Successivamente lo stesso regime si appropria del termine, questa volta in senso apprezzativo, per sottolineare le caratteristiche – in particolare, la forza e l’efficienza – della politica fascista in contrapposizione alle debolezze del parlamentarismo liberale. L’espressione è infatti presente nella voce “Fascismo” dell’Enciclopedia italiana (1932), sia nella parte scritta da Gentile, sia in quella redatta da Mussolini, dove si afferma la novità storica di “un partito che governa totalitariamente una nazione”. Nella Germania nazista il termine ebbe invece scarsa fortuna e si preferì parlare di stato “autoritario”. Intanto l’espressione cominciava ad essere usata per designare tutte le dittature monopartitiche, sia quelle fasciste sia quelle comuniste: così la impiegò George H. Sabine nella voce “Stato” della Encyclopaedia of the Social Sciences (1934). Nel 1940, in un simposio sopra lo “stato totalitario” pubblicato nei Proceedings of American Philosophical Society, Carlton H. Hayes descrisse alcuni caratteri originali del governo totalitario, e specialmente la monopolizzazione di tutti i poteri internamente alla società, il bisogno di generare un sostegno di massa, il ricorso alle tecniche moderne di propaganda. Nel 1942, in The Permanent Revolution, Sigmund Neumann mise l’accento sul movimento permanente che viene sprigionato dai regimi totalitari, e che coinvolge in una mutazione senza fine le stesse procedure e istituzioni politiche. Ma, nonostante tutti questi antecedenti, l’uso del termine “totalitarismo” si generalizzò soltanto nel secondo dopoguerra, quando furono formulate due tra le più note e compiute teorie sulla forma totalitaria di governo, quella di Hannah Arendt (1951) e quella di Carl J. Friedrich e Zbigniew K. Brzezinzki (1956).
Totalitarismo; Autoritarismo; Ideologia
02 Pubblicazione su volume::02a Capitolo o Articolo
Il totalitarismo / Antonini, Erica. - STAMPA. - (2001), pp. 191-204.
File allegati a questo prodotto
Non ci sono file associati a questo prodotto.

I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11573/487056
 Attenzione

Attenzione! I dati visualizzati non sono stati sottoposti a validazione da parte dell'ateneo

Citazioni
  • ???jsp.display-item.citation.pmc??? ND
  • Scopus ND
  • ???jsp.display-item.citation.isi??? ND
social impact