Sono passati quasi due anni da quando il venditore ambulante Mohamed Bouazizi si dette fuoco per protestare contro la corruzio- ne e la prepotenza del regime tunisino dando il via a quel vasto sommovimento di popoli che ha percorso il mondo arabo da occi- dente ad oriente, dal Marocco fino alla Siria e a sud fino allo Ye- men. «Rivoluzioni arabe», «primavera araba», «risveglio islamico» sono i termini che sono stati usati dai media e dagli analisti acca- demici per definire quegli eventi tumultuosi e dalle molte facce che hanno scosso (e continuano a scuotere) la regione. L’uso di un ter- mine piuttosto che di un altro sta ad indicare da parte di chi se ne serve la valutazione che dà di quanto è successo, le prospettive e il senso generale del cambiamento. In questo contesto estremamente complesso e variegato il termi- ne ‘rivoluzioni della dignità’ costituisce il denominatore comune, il livello minimo di interpretazione, di quanto è successo, che lascia impregiudicati gli sviluppi futuri, sviluppi che al momento neppure gli analisti più avvertiti sono in grado di anticipare con ragionevole certezza. Ma il termine contiene anche un elemento di novità incon- testabile. Le rivoluzioni potranno anche fallire e non raggiungere i loro obbiettivi politici ed economici, in questo o in quel paese po- tranno sfociare in una involuzione reazionaria e autoritaria, in nuo- vi colpi di Stato comunque camuffati, ma una cosa è certa: il biso- gno di protagonismo delle masse popolari, la domanda di dignità intesa come rispetto dei diritti e dei bisogni primari delle persone, le aspirazioni di libertà e di autonomia politica ed economica, di identità religiosa – tutto ciò è destinato a durare e a fare sentire i propri effetti se non nel breve periodo, certamente nel medio e lungo. Comunque vada, le «rivoluzioni della dignità» non finiranno. Giuseppe Anzera esamina in profondità quella che a giusto titolo è apparsa la novità principale delle diverse rivoluzioni, almeno in alcuni paesi e almeno all’inizio: l’uso di strumenti non violenti di lotta, compreso il ruolo dei nuovi media e social network (internet, twitter, facebook, ecc.), rintracciandone i precedenti teori- ci e ricostruendone le pratiche anticipatrici, particolarmente nei Balcani, degli ultimi decenni.
La strategia della non violenza nelle rivoluzioni arabe / Anzera, Giuseppe. - STAMPA. - (2012), pp. 67-97.
La strategia della non violenza nelle rivoluzioni arabe
ANZERA, GIUSEPPE
2012
Abstract
Sono passati quasi due anni da quando il venditore ambulante Mohamed Bouazizi si dette fuoco per protestare contro la corruzio- ne e la prepotenza del regime tunisino dando il via a quel vasto sommovimento di popoli che ha percorso il mondo arabo da occi- dente ad oriente, dal Marocco fino alla Siria e a sud fino allo Ye- men. «Rivoluzioni arabe», «primavera araba», «risveglio islamico» sono i termini che sono stati usati dai media e dagli analisti acca- demici per definire quegli eventi tumultuosi e dalle molte facce che hanno scosso (e continuano a scuotere) la regione. L’uso di un ter- mine piuttosto che di un altro sta ad indicare da parte di chi se ne serve la valutazione che dà di quanto è successo, le prospettive e il senso generale del cambiamento. In questo contesto estremamente complesso e variegato il termi- ne ‘rivoluzioni della dignità’ costituisce il denominatore comune, il livello minimo di interpretazione, di quanto è successo, che lascia impregiudicati gli sviluppi futuri, sviluppi che al momento neppure gli analisti più avvertiti sono in grado di anticipare con ragionevole certezza. Ma il termine contiene anche un elemento di novità incon- testabile. Le rivoluzioni potranno anche fallire e non raggiungere i loro obbiettivi politici ed economici, in questo o in quel paese po- tranno sfociare in una involuzione reazionaria e autoritaria, in nuo- vi colpi di Stato comunque camuffati, ma una cosa è certa: il biso- gno di protagonismo delle masse popolari, la domanda di dignità intesa come rispetto dei diritti e dei bisogni primari delle persone, le aspirazioni di libertà e di autonomia politica ed economica, di identità religiosa – tutto ciò è destinato a durare e a fare sentire i propri effetti se non nel breve periodo, certamente nel medio e lungo. Comunque vada, le «rivoluzioni della dignità» non finiranno. Giuseppe Anzera esamina in profondità quella che a giusto titolo è apparsa la novità principale delle diverse rivoluzioni, almeno in alcuni paesi e almeno all’inizio: l’uso di strumenti non violenti di lotta, compreso il ruolo dei nuovi media e social network (internet, twitter, facebook, ecc.), rintracciandone i precedenti teori- ci e ricostruendone le pratiche anticipatrici, particolarmente nei Balcani, degli ultimi decenni.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.