“Siamo i nostri corpi”. “Abbiamo i nostri corpi”. “Facciamo i nostri corpi”. Tale assioma “a tre teste” ha fatto del corpo il “parassita” della cultura moderna. Questa è l’immagine che il regista canadese Cronenberg ha usato abilmente nel film Il demone sotto la pelle per indicare, nel corpo, il luogo dei cambiamenti più inquietanti e degli affetti più intensi. Un siffatto “orrore biologico” – esemplificato dalle malattie corporee, dalle mutazioni, dalle creature inquietanti, dalla telepatia violenta, dalle allucinazioni video, dalla dipendenza da droghe e sessualità perversa, che l’opera tutta di Cronenberg focalizza – testimonia lo status del corpo, nell’Occidente letterato e colto, come uno “spazio sancito per l’espressione dei conflitti interni” (Lemma, 2001: 28). Uno spazio che si snoda, beffardo, “oltre la pelle” degli esseri umani, degli animali, delle cose; ed emerge, sotto specie di icona multimediale, nei “mondi sintetici”, oggi declinati in ogni formato, dalla cosiddetta “cultura convergente” (Jenkins, 2007). Il desiderio di cambiare la pelle che si abita, per dirla con il film di Almovodar, si è “territorializzato” nei media dello schermo, nei siti digitali e nei social networks rimescolando le carte come un tentativo di divertirsi sulle macerie del tempo che scorre. Tutto è gioco, tutto è arte. Madonna è come Michelangelo. Le strisce dei fumetti come ottocento pagine di Tolstoi. È in discussione l’avanzata trasformazione dell’uomo in uno spettatore. La moltiplicazione degli schermi crea la “festa del visivo”. La determinazione del confine tra il sensorium sociale e la tecnologia in uso è il problema metodologico fondamentale, tuttora irrisolto, emergente dall’attuale spatial turn: la “svolta spaziale” che viene maturando attraverso il riorientamento del paradigma digitale classico. La nozione di corpo in azione nel contesto è la proposta metodologica che il presente volume fa alla sociologia al fine di superare la nuova alleanza tra sensi umani e media mobili che, secondo Jason Farman, ((2011) il “sensory inscribed body” metterebbe in scena quali esperienze emozionali ed estetiche “geosocializzate” entro il corrente “regime della distrazione”.
Oltre la pelle. Il confine tra corpi e tecnologie negli spazi delle nuove mobilità / Pirani, Bianca Maria. - STAMPA. - (2012), pp. 1-250.
Oltre la pelle. Il confine tra corpi e tecnologie negli spazi delle nuove mobilità
PIRANI, Bianca Maria
2012
Abstract
“Siamo i nostri corpi”. “Abbiamo i nostri corpi”. “Facciamo i nostri corpi”. Tale assioma “a tre teste” ha fatto del corpo il “parassita” della cultura moderna. Questa è l’immagine che il regista canadese Cronenberg ha usato abilmente nel film Il demone sotto la pelle per indicare, nel corpo, il luogo dei cambiamenti più inquietanti e degli affetti più intensi. Un siffatto “orrore biologico” – esemplificato dalle malattie corporee, dalle mutazioni, dalle creature inquietanti, dalla telepatia violenta, dalle allucinazioni video, dalla dipendenza da droghe e sessualità perversa, che l’opera tutta di Cronenberg focalizza – testimonia lo status del corpo, nell’Occidente letterato e colto, come uno “spazio sancito per l’espressione dei conflitti interni” (Lemma, 2001: 28). Uno spazio che si snoda, beffardo, “oltre la pelle” degli esseri umani, degli animali, delle cose; ed emerge, sotto specie di icona multimediale, nei “mondi sintetici”, oggi declinati in ogni formato, dalla cosiddetta “cultura convergente” (Jenkins, 2007). Il desiderio di cambiare la pelle che si abita, per dirla con il film di Almovodar, si è “territorializzato” nei media dello schermo, nei siti digitali e nei social networks rimescolando le carte come un tentativo di divertirsi sulle macerie del tempo che scorre. Tutto è gioco, tutto è arte. Madonna è come Michelangelo. Le strisce dei fumetti come ottocento pagine di Tolstoi. È in discussione l’avanzata trasformazione dell’uomo in uno spettatore. La moltiplicazione degli schermi crea la “festa del visivo”. La determinazione del confine tra il sensorium sociale e la tecnologia in uso è il problema metodologico fondamentale, tuttora irrisolto, emergente dall’attuale spatial turn: la “svolta spaziale” che viene maturando attraverso il riorientamento del paradigma digitale classico. La nozione di corpo in azione nel contesto è la proposta metodologica che il presente volume fa alla sociologia al fine di superare la nuova alleanza tra sensi umani e media mobili che, secondo Jason Farman, ((2011) il “sensory inscribed body” metterebbe in scena quali esperienze emozionali ed estetiche “geosocializzate” entro il corrente “regime della distrazione”.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.