Il diritto come problema del lavoro filosofico si situa nella discussione sulla finitezza dell’uomo. La finitezza si mostra inizialmente come darsi della molteplicità, ove ciascuno, avvertendo la presenza di altro e degli altri, sente il suo non-essere l’infinito. La condizione di finitezza avvolge ogni uomo nel suo avere un mondo in comune con gli altri. Nel medio del mondo in comune ciascuno si volge agli altri ed alle cose muovendo dalla sua de-finita condizione e quindi si presenta secondo un suo esistere che non è quello degli altri. Il diritto sorge come regola della molteplicità, manifestata in ogni uomo dalle distinte modalità dell’esistere in relazione con gli altri e dell’essere in rapporto con le cose. La molteplicità, riferita all’esistere in relazione con gli altri, non è la semplice molteplicità delle cose che sono, ma è la molteplicità dell’autointerpretarsi di ciascun esistente, che rende possibile il conflitto tra gli esistenti. Il diritto incide come la regola ed il superamento del conflitto radicato nella differenza dell’autointerpretarsi di ciascuno. Secondo distinte qualificazioni, il nesso diritto-finitezza è pensato nelle due ultime grandi filosofie del diritto (Fichte ed Hegel) che presentano il problema dell’autocoscienza da discutere in relazione all’inconscio (Lacan). Ogni discussione sull’autocoscienza, infatti, non può ormai omettere l’incontro con l’inconscio.
Il diritto tra desiderio e linguaggio: l'autocoscienza in Hegel e l'inconscio in Lacan / Romano, Bruno. - STAMPA. - (1989), pp. 3-214.
Il diritto tra desiderio e linguaggio: l'autocoscienza in Hegel e l'inconscio in Lacan
ROMANO, Bruno
1989
Abstract
Il diritto come problema del lavoro filosofico si situa nella discussione sulla finitezza dell’uomo. La finitezza si mostra inizialmente come darsi della molteplicità, ove ciascuno, avvertendo la presenza di altro e degli altri, sente il suo non-essere l’infinito. La condizione di finitezza avvolge ogni uomo nel suo avere un mondo in comune con gli altri. Nel medio del mondo in comune ciascuno si volge agli altri ed alle cose muovendo dalla sua de-finita condizione e quindi si presenta secondo un suo esistere che non è quello degli altri. Il diritto sorge come regola della molteplicità, manifestata in ogni uomo dalle distinte modalità dell’esistere in relazione con gli altri e dell’essere in rapporto con le cose. La molteplicità, riferita all’esistere in relazione con gli altri, non è la semplice molteplicità delle cose che sono, ma è la molteplicità dell’autointerpretarsi di ciascun esistente, che rende possibile il conflitto tra gli esistenti. Il diritto incide come la regola ed il superamento del conflitto radicato nella differenza dell’autointerpretarsi di ciascuno. Secondo distinte qualificazioni, il nesso diritto-finitezza è pensato nelle due ultime grandi filosofie del diritto (Fichte ed Hegel) che presentano il problema dell’autocoscienza da discutere in relazione all’inconscio (Lacan). Ogni discussione sull’autocoscienza, infatti, non può ormai omettere l’incontro con l’inconscio.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.