Il saggio è dedicato allo studio della centralità della metafora del frutto all’interno dell’intera tradizione protocristiana, in particolare gnostico-valentiniana, sostanzialmente da ricondurre alla matrice giovannea, che opera cristologicamente una teologizzazione piena del karpovò, chiamato a descrivere lo stesso processo di circolazione d’amore tra Padre, Figlio ed eletti. Presso i valentiniani, 1) l’immagine del frutto risulta efficacissima nella descrizione della pleromatica relazione intrateologica – protologia specularmente riflessa dall’economia rivelata –, per la quale se il principio assoluto si rivela come Padre che ama un Figlio-Uomo, il suo movimento rivelativo – il suo sbocciare e fruttificare – non può non prolungarsi nella generazione di uomini eletti, frutti chiamati a divenire inseparabilmente una sola cosa nel Figlio con il Padre-Radice. 2) L’immagine del frutto è inoltre capace di evocare il rapporto intimo tra eucarestia (il nutrimento spirituale identificato con lo stesso corpo del Salvatore) e divinizzazione degli eletti: il nutrimento spirituale (la gnosi del Padre) è la stessa rivelazione kenotica del Figlio, il suo divenire una cosa sola con i suoi, il donarsi alla comunione spirituale con lo spirituale decaduto/redento. 3) Il frutto specifica, pertanto, la dimensione sacrificale del nutrimento spirituale, offerto sul legno della croce, nuovo albero di vita, sicché questo finisce per avere un rapporto dialettico di analogia/perfezionamento rispetto all’albero edenico della conoscenza. L’importanza di questa metafora è tale che proprio il Frutto diviene l’immagine valentiniana prediletta – compito principale di questo saggio è stato appunto quello di identificare consonanze strutturali tra alcune notizie eresiologiche ed alcuni testi di Nag Hammadi – per designare Gesù Cristo: colui che, nella sua kenosi redentiva, diviene nutrimento di grazia consumato dagli spirituali, capace di ricondurli alla radice abissale della loro origine, nella fruizione intrateologica dell’amore di Dio, che lega Padre, Figlio e Spirito, quindi la chiesa degli eletti come instabile frutto femminile (Sophia), chiamato a divenire unica sizigia con il Frutto maschile, il Tutto del pleroma ipostaticamente sintetizzato.
Il frutto valentiniano / Lettieri, Gaetano. - STAMPA. - (2011), pp. 547-567.
Il frutto valentiniano.
LETTIERI, Gaetano
2011
Abstract
Il saggio è dedicato allo studio della centralità della metafora del frutto all’interno dell’intera tradizione protocristiana, in particolare gnostico-valentiniana, sostanzialmente da ricondurre alla matrice giovannea, che opera cristologicamente una teologizzazione piena del karpovò, chiamato a descrivere lo stesso processo di circolazione d’amore tra Padre, Figlio ed eletti. Presso i valentiniani, 1) l’immagine del frutto risulta efficacissima nella descrizione della pleromatica relazione intrateologica – protologia specularmente riflessa dall’economia rivelata –, per la quale se il principio assoluto si rivela come Padre che ama un Figlio-Uomo, il suo movimento rivelativo – il suo sbocciare e fruttificare – non può non prolungarsi nella generazione di uomini eletti, frutti chiamati a divenire inseparabilmente una sola cosa nel Figlio con il Padre-Radice. 2) L’immagine del frutto è inoltre capace di evocare il rapporto intimo tra eucarestia (il nutrimento spirituale identificato con lo stesso corpo del Salvatore) e divinizzazione degli eletti: il nutrimento spirituale (la gnosi del Padre) è la stessa rivelazione kenotica del Figlio, il suo divenire una cosa sola con i suoi, il donarsi alla comunione spirituale con lo spirituale decaduto/redento. 3) Il frutto specifica, pertanto, la dimensione sacrificale del nutrimento spirituale, offerto sul legno della croce, nuovo albero di vita, sicché questo finisce per avere un rapporto dialettico di analogia/perfezionamento rispetto all’albero edenico della conoscenza. L’importanza di questa metafora è tale che proprio il Frutto diviene l’immagine valentiniana prediletta – compito principale di questo saggio è stato appunto quello di identificare consonanze strutturali tra alcune notizie eresiologiche ed alcuni testi di Nag Hammadi – per designare Gesù Cristo: colui che, nella sua kenosi redentiva, diviene nutrimento di grazia consumato dagli spirituali, capace di ricondurli alla radice abissale della loro origine, nella fruizione intrateologica dell’amore di Dio, che lega Padre, Figlio e Spirito, quindi la chiesa degli eletti come instabile frutto femminile (Sophia), chiamato a divenire unica sizigia con il Frutto maschile, il Tutto del pleroma ipostaticamente sintetizzato.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.