Il percorso di esplorazione di una città ricca di stimoli come Roma produce impressioni estremamente differenti da un individuo all’altro, in funzione delle condizioni ambientali, della durata, della velocità, delle aspettative e delle memorie culturali di riferimento. Così è stato per tutti quegli artisti che Roma non l’hanno solo ammirata, percorsa e scoperta ma anche inventata, sognata e segnata con le loro opere. La cartografia come le incisioni ci raccontano del mutare di sensibilità individuali e di concezioni collettive. Nei secoli sono cambiati gli artisti, gli stili, la stessa concezione di spazio e di tempo eppure ci sembra il carattere “transitorio” di Roma ne ha segnato costantemente le trasformazioni, le opere come le loro rappresentazioni. D’altronde la conoscenza di un sistema di spazi di scala urbana avviene invariabilmente tramite percorsi, sequenze di passi e sguardi fissi e in movimento, e di fotografie e di schizzi, dove si cerca di cogliere le peculiarità e di assemblare diacronicamente quanto si è visto poco prima con quello che si ha sotto gli occhi in quell’istante, e dove sono gli imperscrutabili condizionamenti ambientali e culturali a guidare la percezione. Questo articolo prende spunto da certe riflessioni su alcune esperienze accademiche di rilevamento urbano effettuate nel centro storico di Rieti, per interrogarsi sulla possibilità e sui dispositivi grafici utili a registrare e comunicare la memoria di un tale processo cognitivo anche nell’ambito del rilievo architettonico e urbano, generalmente organizzato come un sistema di elaborati e informazioni congelate nel tempo e prive di valore narrativo.
Il rilievo invisibile. Note sulla comunicazione del rilievo urbano / Colonnese, Fabio. - STAMPA. - 1(2011), pp. 78-91.
Il rilievo invisibile. Note sulla comunicazione del rilievo urbano
COLONNESE, Fabio
2011
Abstract
Il percorso di esplorazione di una città ricca di stimoli come Roma produce impressioni estremamente differenti da un individuo all’altro, in funzione delle condizioni ambientali, della durata, della velocità, delle aspettative e delle memorie culturali di riferimento. Così è stato per tutti quegli artisti che Roma non l’hanno solo ammirata, percorsa e scoperta ma anche inventata, sognata e segnata con le loro opere. La cartografia come le incisioni ci raccontano del mutare di sensibilità individuali e di concezioni collettive. Nei secoli sono cambiati gli artisti, gli stili, la stessa concezione di spazio e di tempo eppure ci sembra il carattere “transitorio” di Roma ne ha segnato costantemente le trasformazioni, le opere come le loro rappresentazioni. D’altronde la conoscenza di un sistema di spazi di scala urbana avviene invariabilmente tramite percorsi, sequenze di passi e sguardi fissi e in movimento, e di fotografie e di schizzi, dove si cerca di cogliere le peculiarità e di assemblare diacronicamente quanto si è visto poco prima con quello che si ha sotto gli occhi in quell’istante, e dove sono gli imperscrutabili condizionamenti ambientali e culturali a guidare la percezione. Questo articolo prende spunto da certe riflessioni su alcune esperienze accademiche di rilevamento urbano effettuate nel centro storico di Rieti, per interrogarsi sulla possibilità e sui dispositivi grafici utili a registrare e comunicare la memoria di un tale processo cognitivo anche nell’ambito del rilievo architettonico e urbano, generalmente organizzato come un sistema di elaborati e informazioni congelate nel tempo e prive di valore narrativo.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.