La ricerca ha analizzato l’approccio teorico alla figura dello “straniero” nella sociologia Noi" e "gli Altri": diversità (in)comunicabili_, guardato alle esperienze degli altri paesi europei (3. Modelli di integrazione a confronto) ed elaborato un quadri statistico della situazione dei giovani migranti nel nostro paese e in particolare a Roma, ha preso come “casi” tre scuole elementari romane situate in contesti urbani ad alto tasso di bambini migranti, per studiarne le problematiche e le “soluzioni” date attraverso interviste in profondità e docenti e con l’osservazione non partecipante (ex "Carlo Pisacane". Municipio di Roma XX, l'istituto "Pirotta"). Con riferimento alla mozione cota del 2008 sulla numerosità dei bambini stranieri nelle classi, si è fatta l’analisi del dibattito politico sulla stampa italiana (analisi del contenuto). I risultati confermano come la nuova riforma, anche se apparentemente sembra estranea alle politiche interculturali – in quanto non ne parla –, in realtà si ripercuote inevitabilmente proprio sui progetti di accoglienza e di integrazione degli alunni stranieri. (l’eliminazione della contemporaneità dei docenti; l’introduzione, nella scuola primaria, del maestro prevalente; la ridefinizione dei criteri per la formazione delle classi e i nuovi parametri di determinazione degli organici del personale docente.) Molte sono le difficoltà che sostanziano l’agire quotidiano di una categoria professionale disorientata e demotivata che subisce il continuo declino del proprio ruolo professionale. Questi sono gli elementi che ricorrono nelle storie narrate dai docenti che denunciano la percezione di vivere in uno stato di continua incertezza. L’analisi empirica descritta nel testo dimostra come le condizioni materiali della vita quotidiana incidano sulla centralità o sulla marginalità dei giovani di seconda generazione. Ne esce un quadro poco confortante: a) la scuola italiana è in crisi, manca di investimenti governativi, non le viene riconosciuto, dagli altri corpi sociali, alcun tipo di autorità e di importanza, è considerata come un costo piuttosto che come un’opportunità; b) l’integrazione scolastica degli alunni di origine straniera viene considerata a parole una priorità da gran parte del sistema partitico (con l’eccezione, forse, della parte più retriva), ma si ha l’impressione che si prediliga un’integrazione parziale, nella quale i meccanismi di scolarizzazione indirizzino gli studenti di origine straniera verso scuole professionali o li limitino a un’istruzione di base, come anticamera a una futura marginalizzazione sul posto di lavoro. Quello che caratterizza oggi la scuola italiana: tra mille problemi spicca l’improvvisazione, tanto nel quadro normativo, quanto nella gestione quotidiana degli istituti. Improvvisazione – è bene precisare – alla quale sono costretti dirigenti scolastici abbandonati a se stessi, con sempre meno risorse, occupati a trovarle, togliendo tempo ed energie al problema principale: creare un quadro armonico tra alunni, insegnanti e personale amministrativo, tecnico e ausiliario. Nel bailamme di circolari e di vuoti normativi, gli insegnanti vivono la loro quotidianità come in una perenne trincea, rassegnati alla necessità di aggiungere alle proprie competenze la fantasia, la capacità di improvvisazione e quella di sopportazione. All’interno del corpo docente, coloro che si occupano di intercultura svolgono un lavoro dal tasso di difficoltà elevatissimo, dal momento che devono applicare il suddetto vacuum legislativo a un settore che, essendo innovativo, necessiterebbe al contrario di una forte presenza del legislatore. Grande è il rischio, di conseguenza, di una “navigazione a vista”, armata di tanta buona volontà, ma che certo non basta a risolvere la complessa questione della scuola interculturale. Ricordiamo che ad oggi il ceto politico italiano non si è mai preso l’impegno di costruire un modello teorico di integrazione del migrante; 2) la facilità o la difficoltà del processo di integrazione dipendono dalla congiuntura economica, capace di allargare o restringere la soglia di accettazione dello straniero da parte del cittadino medio e, di conseguenza, del ceto politico; 3) l’istruzione scolastica è una variabile che interagisce con ogni modello di integrazione nazionale e con ogni coorte di età, anche quando non espressamente citata nelle analisi sui modelli nazionali.

La città degli Altri. Percorsi di (dis)integrazione / Bisi, Simonetta. - STAMPA. - (2012), pp. 1-215.

La città degli Altri. Percorsi di (dis)integrazione

BISI, Simonetta
2012

Abstract

La ricerca ha analizzato l’approccio teorico alla figura dello “straniero” nella sociologia Noi" e "gli Altri": diversità (in)comunicabili_, guardato alle esperienze degli altri paesi europei (3. Modelli di integrazione a confronto) ed elaborato un quadri statistico della situazione dei giovani migranti nel nostro paese e in particolare a Roma, ha preso come “casi” tre scuole elementari romane situate in contesti urbani ad alto tasso di bambini migranti, per studiarne le problematiche e le “soluzioni” date attraverso interviste in profondità e docenti e con l’osservazione non partecipante (ex "Carlo Pisacane". Municipio di Roma XX, l'istituto "Pirotta"). Con riferimento alla mozione cota del 2008 sulla numerosità dei bambini stranieri nelle classi, si è fatta l’analisi del dibattito politico sulla stampa italiana (analisi del contenuto). I risultati confermano come la nuova riforma, anche se apparentemente sembra estranea alle politiche interculturali – in quanto non ne parla –, in realtà si ripercuote inevitabilmente proprio sui progetti di accoglienza e di integrazione degli alunni stranieri. (l’eliminazione della contemporaneità dei docenti; l’introduzione, nella scuola primaria, del maestro prevalente; la ridefinizione dei criteri per la formazione delle classi e i nuovi parametri di determinazione degli organici del personale docente.) Molte sono le difficoltà che sostanziano l’agire quotidiano di una categoria professionale disorientata e demotivata che subisce il continuo declino del proprio ruolo professionale. Questi sono gli elementi che ricorrono nelle storie narrate dai docenti che denunciano la percezione di vivere in uno stato di continua incertezza. L’analisi empirica descritta nel testo dimostra come le condizioni materiali della vita quotidiana incidano sulla centralità o sulla marginalità dei giovani di seconda generazione. Ne esce un quadro poco confortante: a) la scuola italiana è in crisi, manca di investimenti governativi, non le viene riconosciuto, dagli altri corpi sociali, alcun tipo di autorità e di importanza, è considerata come un costo piuttosto che come un’opportunità; b) l’integrazione scolastica degli alunni di origine straniera viene considerata a parole una priorità da gran parte del sistema partitico (con l’eccezione, forse, della parte più retriva), ma si ha l’impressione che si prediliga un’integrazione parziale, nella quale i meccanismi di scolarizzazione indirizzino gli studenti di origine straniera verso scuole professionali o li limitino a un’istruzione di base, come anticamera a una futura marginalizzazione sul posto di lavoro. Quello che caratterizza oggi la scuola italiana: tra mille problemi spicca l’improvvisazione, tanto nel quadro normativo, quanto nella gestione quotidiana degli istituti. Improvvisazione – è bene precisare – alla quale sono costretti dirigenti scolastici abbandonati a se stessi, con sempre meno risorse, occupati a trovarle, togliendo tempo ed energie al problema principale: creare un quadro armonico tra alunni, insegnanti e personale amministrativo, tecnico e ausiliario. Nel bailamme di circolari e di vuoti normativi, gli insegnanti vivono la loro quotidianità come in una perenne trincea, rassegnati alla necessità di aggiungere alle proprie competenze la fantasia, la capacità di improvvisazione e quella di sopportazione. All’interno del corpo docente, coloro che si occupano di intercultura svolgono un lavoro dal tasso di difficoltà elevatissimo, dal momento che devono applicare il suddetto vacuum legislativo a un settore che, essendo innovativo, necessiterebbe al contrario di una forte presenza del legislatore. Grande è il rischio, di conseguenza, di una “navigazione a vista”, armata di tanta buona volontà, ma che certo non basta a risolvere la complessa questione della scuola interculturale. Ricordiamo che ad oggi il ceto politico italiano non si è mai preso l’impegno di costruire un modello teorico di integrazione del migrante; 2) la facilità o la difficoltà del processo di integrazione dipendono dalla congiuntura economica, capace di allargare o restringere la soglia di accettazione dello straniero da parte del cittadino medio e, di conseguenza, del ceto politico; 3) l’istruzione scolastica è una variabile che interagisce con ogni modello di integrazione nazionale e con ogni coorte di età, anche quando non espressamente citata nelle analisi sui modelli nazionali.
2012
giovani migranti; integrazione; INTERCULTURA
Bisi, Simonetta
06 Curatela::06a Curatela
La città degli Altri. Percorsi di (dis)integrazione / Bisi, Simonetta. - STAMPA. - (2012), pp. 1-215.
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