At the foot of the giant ... Clay, stories of land, raw land. Neimiti archaeological cultures of the ancient Near East delVicino this is the materiadella creation, and at the time stessocorpo matrix of the form, as if to say sostanzadella figure and nature. From this, in the first place, lareplica, the ability to play one inmolteplice, the analog and the like, and the only ildiverso, but when this metaphor cherisiede ideas in the most remote of the 'Babylonian pass pensierocreatore of miti'1 adosservare the properties of the clay, it is on suaessenza plastic that our attention is: split up into that infinity of ways that assumenello space and time every lump of earth, as if the sod was plowed stataconcessa to hand the ability dicostruire, model , finish and then to read, create and interpretare2. It is also questoripetersi simple gestures, in their organized, that some art historians glimpsed the stiledelle cultures and, moreover, these are ritenutetanto more 'material' as close allaterra. Material - let us remember - untermine misconception, however, is difficult to grasp fuoridalla its historiography
Ai piedi del gigante … Argilla, storie di terre, di terra cruda. Nei miti delle culture archeologiche del Vicino Oriente antico è questa la materia della creazione, matrice e al tempo stesso corpo della forma, come a dire figura e sostanza della natura. Da questa, in primo luogo, la replica, la possibilità di riprodurre l’uno in molteplice, l’analogo e il simile, l’unico e il diverso; quando però da questa metafora che risiede nelle idee più remote del ‘pensiero creatore di miti’1 babilonese passiamo ad osservare le proprietà dell’argilla, è sulla sua essenza plastica che la nostra attenzione si ferma: contempla quell’infinità di modi che assume nello spazio e nel tempo ogni grumo di terra, come se dalla zolla dissodata fosse stata concessa alla mano anche la capacità di costruire, modellare, rifinire e dunque di leggere, creare e interpretare2. È anche in questo ripetersi di gesti semplici, nel loro organizzarsi, che alcuni storici dell’arte intravedono lo stile delle culture e, d’altronde, queste sono ritenute tanto più ‘materiali’ quanto più vicine alla terra. Materiale – ricordiamolo – è però un termine equivoco, difficile da cogliere fuori dalla sua storiografia; qualcuno (sensibile o fortunato) lo riconosce ancora per opposizione all’ideale, altri lo colloca al grado zero di un’evoluzione, inversa, delle tecniche e delle tecnologie ed altri ancora nella scelta di quelle infinite trame dell’abilità umana che trasformano le forme in espressioni dotate di significato.
Argilla. Mito, storia e archeologia della terra cruda nell’antica Mesopotamia / Ramazzotti, Marco. - STAMPA. - (2011), pp. 7-26.
Argilla. Mito, storia e archeologia della terra cruda nell’antica Mesopotamia
RAMAZZOTTI, Marco
2011
Abstract
At the foot of the giant ... Clay, stories of land, raw land. Neimiti archaeological cultures of the ancient Near East delVicino this is the materiadella creation, and at the time stessocorpo matrix of the form, as if to say sostanzadella figure and nature. From this, in the first place, lareplica, the ability to play one inmolteplice, the analog and the like, and the only ildiverso, but when this metaphor cherisiede ideas in the most remote of the 'Babylonian pass pensierocreatore of miti'1 adosservare the properties of the clay, it is on suaessenza plastic that our attention is: split up into that infinity of ways that assumenello space and time every lump of earth, as if the sod was plowed stataconcessa to hand the ability dicostruire, model , finish and then to read, create and interpretare2. It is also questoripetersi simple gestures, in their organized, that some art historians glimpsed the stiledelle cultures and, moreover, these are ritenutetanto more 'material' as close allaterra. Material - let us remember - untermine misconception, however, is difficult to grasp fuoridalla its historiographyI documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.