Affrontare uno dei primi passi dell’operare architettonico celebrato nel connubio tra sopralluogo e schizzo. Passando per il rapporto con il contesto fisico, o il legame con ambiti culturali del retroterra formativo dell’architetto, si tenta di rendere evidente come esso sia rappresentativo dell’osmosi uomo-mondo che si instaura nel procedimento creativo. Costantemente il fare architettonico si confronta con gli spazi della vita, prefigura e costruisce cose e corpi con cui relazionarsi, forme da abitare. Forme che paradossalmente incarnano e cristallizzano nella stasi della costruzione materiale la stessa inafferrabilità della vita cui tentano di dare Risposta. Quanto in quel primo atto della mano è comunicazione o appunto conoscitivo? Quanto si deve alla cultura visiva del soggetto? Quanto è indicativo di un primo spunto progettuale? E soprattutto perché si ricorre ad esso, cosa vi sopravvive (o vive) che non può essere dato altrimenti? L’intento è quello di misurare la necessitàdi un approccio al fare architettonico che continui a ricorrere allo strumento del binomio sopralluogo-schizzo come un elemento fondativo del progetto. Facendo ricorso a contributi provenienti dalla neuro-fisiologia in ambito percettivo e al sub-strato culturale (visivo e non) del progettista si tenta di definire l’interesse per questo continuo sconfinamento tra percezione e progetto che si materializza nello schizzo di sopralluogo, e che segna appunto la reciproca influenza tra sistema percettivo/immaginativo e reti culturali e mnemoniche.
Sopralluogo e schizzo. Sconfinamenti tra percezione e progetto in architettura / DE ANGELIS, Claudio. - STAMPA. - 8:(2009), pp. 1-192.
Sopralluogo e schizzo. Sconfinamenti tra percezione e progetto in architettura.
DE ANGELIS, Claudio
2009
Abstract
Affrontare uno dei primi passi dell’operare architettonico celebrato nel connubio tra sopralluogo e schizzo. Passando per il rapporto con il contesto fisico, o il legame con ambiti culturali del retroterra formativo dell’architetto, si tenta di rendere evidente come esso sia rappresentativo dell’osmosi uomo-mondo che si instaura nel procedimento creativo. Costantemente il fare architettonico si confronta con gli spazi della vita, prefigura e costruisce cose e corpi con cui relazionarsi, forme da abitare. Forme che paradossalmente incarnano e cristallizzano nella stasi della costruzione materiale la stessa inafferrabilità della vita cui tentano di dare Risposta. Quanto in quel primo atto della mano è comunicazione o appunto conoscitivo? Quanto si deve alla cultura visiva del soggetto? Quanto è indicativo di un primo spunto progettuale? E soprattutto perché si ricorre ad esso, cosa vi sopravvive (o vive) che non può essere dato altrimenti? L’intento è quello di misurare la necessitàdi un approccio al fare architettonico che continui a ricorrere allo strumento del binomio sopralluogo-schizzo come un elemento fondativo del progetto. Facendo ricorso a contributi provenienti dalla neuro-fisiologia in ambito percettivo e al sub-strato culturale (visivo e non) del progettista si tenta di definire l’interesse per questo continuo sconfinamento tra percezione e progetto che si materializza nello schizzo di sopralluogo, e che segna appunto la reciproca influenza tra sistema percettivo/immaginativo e reti culturali e mnemoniche.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.