These years of research and interrogation of media texts, expert opinions and viewpoints of young citizens are served, basically, to open a new path of reflection, leading to culture and practice of change, in view of the renewed pact between the people and resources - unfortunately limited on the planet. Man participates in the harmony or chaos of the universe and the lessons of repeated catastrophes real or imagined seem to be functional to demonstrate this: the lack of balance in the human society goes to touch and affect the peace of nature. But what is the role of the media in maintaining this balance or increase exponentially state of disorder and chaos? Cinema, literature, news, through a story of extreme reality, cause the public to put in place a symbolic behavior that, on the one hand, it expresses an attitude contrasting with respect to natural or social forces that you can not control but which you feel the extreme fragility and instability, on the other hand, allows the subject to experience so as compensatory not allowed in real life. What happens Edgar Morin theorized in relation to the violence that characterizes the culture of mass processes are activated vicarious transgression, through experimentation with emotions, fears and statutes of morality and meaning, without prejudice, however, the return to normalcy. It is exactly what happens in the cinema-going or in the reading of literary texts, where the representation of the environment, when it goes over the landscape dimension, it tends to blend in with the alarm and catastrophism. And so, instead of allowing positive attitudes and reactions to mobilize co-struttive, the result of media representation is very similar to the effects of the disaster really lived: it has an almost cathartic function, which allows the resumption of daily life as if nothing had happened. Once finished the trauma and suffering caused by the disaster, the next miracle: Two strong feelings and anesthesia, that any attempt to inhibit action and rational response. Hopefully, finally, that the reflections arising from this research and self-seeking of the environmental issue and its media faces, you do not fossilize on the representation of the catastrophe, but goes beyond, generating virtuous behavior, curiosity and need for improvement at multiple levels. First, the researchers, including those in the area of socio-humanistic, which should be more convinced that some of the responses to the crisis of society and the individual and collective fears can pass for their studies. A liability is attributed to the different media workers, the ones who will live with the joy or the weight of having nurtured the culture or lack of culture shared. Policy makers are touched by the invitation to return to politics its projection in the medium and long term, making the commitment in overcoming the environmental crisis and investment strategy in the future. Finally, for the people who live in the city or the meadows, the sea or the mountains, the environment has become daily life to prevent the culture of the exceptional and, therefore, the expectation of catastrophe. But the question that is more focused in the book is the role of the media narratives in the dissemination of culture and the environment in the transfer of values and norms of sustainable living in everyday behavior. In fact, it became very important to understand what media can be considered strategic in the narrative of environmental risk and the spread of a modern and updated culture of everyday life, keep in mind that the symbiosis between nature and humanity, going beyond representation catastrophic. Without denying the existence of environmental disasters. Indeed, the book has proven repeatedly that they exist and have marked the history of mankind, his imagination and the way you tell it or raccontarselo. What we are left
Questi anni di ricerca e interrogazione di testi mediali, opinioni di esperti e punti di vista dei giovani cittadini sono serviti, fondamentalmente, ad aprire un nuovo percorso di riflessione, che porti dalla cultura alla pratica del cambiamento, in vista di un patto rinnovato tra le persone e le risorse – purtroppo limitate del pianeta. L’uomo partecipa all’armonia o al caos dell’universo e le lezioni delle ripetute catastrofi reali o immaginate sembrano funzionali a dimostrare proprio questo: la mancanza di equilibrio nella società umana va a toccare e a condizionare la pace della natura. Ma qual è il ruolo dei media nel mantenimento di questo equilibrio o nell’aumento esponenziale dello stato di disordine e caos? Cinema, letteratura, cronaca, attraverso un racconto estremo della realtà, inducono i pubblici a mettere in campo un comportamento simbolico che, da una parte, esprime un atteggiamento contrastante rispetto a forze naturali o sociali che non si riescono a controllare ma di cui si avverte l’estrema fragilità e instabilità, d’altra parte, permette al soggetto di sperimentare in modo compensatorio quanto non permesso nella vita reale. Accade quello che Edgar Morin teorizzava in riferimento alla violenza che caratterizza la cultura di massa: si attivano processi di trasgressione vicaria, attraverso la sperimentazione di emozioni, di paure e statuti di moralità e di senso, senza pregiudicare, tuttavia, il ritorno alla normalità. È precisamente quello che accade nella fruizione cinematografica o nella lettura di testi letterari, dove la rappresentazione dell’ambiente, quando va oltre la dimensione paesaggistica, tende a confondersi con l’allarme e il catastrofismo. E così, anziché permettere atteggiamenti positivi e mobilitare reazioni co-struttive, il risultato della rappresentazione mediale si avvicina molto agli effetti della catastrofe vissuta realmente: ha una funzione quasi catartica, che consente la ripresa della vita quotidiana come se nulla fosse accaduto. Una volta finito il trauma e la sofferenza provocate dal disastro, subentra il miracolo: due sensazioni forti e anestetizzanti, che inibiscono qualsiasi tentativo di azione e risposta razionale. Si spera, infine, che le riflessioni scaturite da questo percorso di ricerca e di autoricerca sulla questione ambientale e i suoi volti mediatici, non si fossilizzi sulla rappresentazione della catastrofe, ma vada oltre, generando comportamenti virtuosi, curiosità e bisogno di miglioramento a più livelli. Innanzitutto nei ricercatori, anche in quelli di area socio-umanistica, che dovrebbero essere più convinti che alcune delle risposte alle crisi della società e alle paure individuali e collettive possano passare per i loro studi. Una responsabilità diversa viene attribuita agli operatori dei media, quelli che vivranno con la gioia o il peso di aver nutrito la cultura o l’incultura condivisa. I policy makers vengono toccati dall’invito a restituire alla politica la sua proiezione nel medio e lungo termine, facendo dell’impegno nel superamento della crisi ambientale strategia e investimento nel futuro. Infine, per le persone che abitano le città o i prati, i mari o le montagne, l’ambiente deve diventare vita quotidiana, per evitare la cultura dell’eccezionalità e, dunque, l’attesa della catastrofe. Ma la questione che più viene focalizzata nel volume è quella del ruolo delle narrazioni mediali nella disseminazione della cultura ambientale e nel trasferimento dei valori e delle norme di vita sostenibili nei comportamenti quotidiani. Infatti, è risultato di grande importanza capire quali media possono essere considerati strategici nella narrazione del rischio ambientale e nella diffusione di una moderna e aggiornata cultura della vita quotidiana, che tenga presente la simbiosi tra natura e umanità, andando oltre la rappresentazione catastrofica. Senza per questo negare l’esistenza dei disastri ambientali. Anzi, nel libro si è dimostrato ripetutamente che essi esistono e hanno scandito la storia dell’umanità, il suo immaginario e il modo di raccontarlo o di raccontarselo. Quello che ci rimane sono le narrazioni e la rappresentazione del tempo raccontato. Anche perché nel tempo cambia la natura delle catastrofi e la stessa conoscenza scientifica intorno agli eventi. È evidente: la catastrofe – associata o non a un evento naturale – ha forti connotazioni culturali. Dipende dall’uomo: dalla sua presenza e dalla sue azioni. È stata proprio questa consapevolezza a generare il progressivo spostamento del focus della ricerca dall’evento catastrofico alla percezione delle persone e al trattamento comunicativo di cui hanno bisogno per riuscire a prevenire e scongiurare il disastro naturale. E così si ritorna al ruolo e alle responsabilità dei media e del giornalismo, come della politica.
L’ambiente è mainstream. Le politiche della comunicazione di fronte alla sfida della cittadinanza ecologica / Gavrila, Mihaela. - STAMPA. - 1(2012), pp. 311-324.
L’ambiente è mainstream. Le politiche della comunicazione di fronte alla sfida della cittadinanza ecologica
GAVRILA, Mihaela
2012
Abstract
These years of research and interrogation of media texts, expert opinions and viewpoints of young citizens are served, basically, to open a new path of reflection, leading to culture and practice of change, in view of the renewed pact between the people and resources - unfortunately limited on the planet. Man participates in the harmony or chaos of the universe and the lessons of repeated catastrophes real or imagined seem to be functional to demonstrate this: the lack of balance in the human society goes to touch and affect the peace of nature. But what is the role of the media in maintaining this balance or increase exponentially state of disorder and chaos? Cinema, literature, news, through a story of extreme reality, cause the public to put in place a symbolic behavior that, on the one hand, it expresses an attitude contrasting with respect to natural or social forces that you can not control but which you feel the extreme fragility and instability, on the other hand, allows the subject to experience so as compensatory not allowed in real life. What happens Edgar Morin theorized in relation to the violence that characterizes the culture of mass processes are activated vicarious transgression, through experimentation with emotions, fears and statutes of morality and meaning, without prejudice, however, the return to normalcy. It is exactly what happens in the cinema-going or in the reading of literary texts, where the representation of the environment, when it goes over the landscape dimension, it tends to blend in with the alarm and catastrophism. And so, instead of allowing positive attitudes and reactions to mobilize co-struttive, the result of media representation is very similar to the effects of the disaster really lived: it has an almost cathartic function, which allows the resumption of daily life as if nothing had happened. Once finished the trauma and suffering caused by the disaster, the next miracle: Two strong feelings and anesthesia, that any attempt to inhibit action and rational response. Hopefully, finally, that the reflections arising from this research and self-seeking of the environmental issue and its media faces, you do not fossilize on the representation of the catastrophe, but goes beyond, generating virtuous behavior, curiosity and need for improvement at multiple levels. First, the researchers, including those in the area of socio-humanistic, which should be more convinced that some of the responses to the crisis of society and the individual and collective fears can pass for their studies. A liability is attributed to the different media workers, the ones who will live with the joy or the weight of having nurtured the culture or lack of culture shared. Policy makers are touched by the invitation to return to politics its projection in the medium and long term, making the commitment in overcoming the environmental crisis and investment strategy in the future. Finally, for the people who live in the city or the meadows, the sea or the mountains, the environment has become daily life to prevent the culture of the exceptional and, therefore, the expectation of catastrophe. But the question that is more focused in the book is the role of the media narratives in the dissemination of culture and the environment in the transfer of values and norms of sustainable living in everyday behavior. In fact, it became very important to understand what media can be considered strategic in the narrative of environmental risk and the spread of a modern and updated culture of everyday life, keep in mind that the symbiosis between nature and humanity, going beyond representation catastrophic. Without denying the existence of environmental disasters. Indeed, the book has proven repeatedly that they exist and have marked the history of mankind, his imagination and the way you tell it or raccontarselo. What we are leftI documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.