A partire dagli anni Settanta, a ondate successive, si torna a parlare del colore di Roma. Studi, dibattiti, convegni, si susseguono e ogni volta che si smonta un ponteggio, emergono casi e situazioni sui quali studiosi e cittadini si interrogano, chi plaudendo il rinnovato splendore, chi deplorando la perdita di autenticità, l’estraneità al contesto: valore di novità contro valore dell’antico, “superfici di sacrificio” contro “struttura materiale” sulla quale leggere i segni del tempo. A fronte di una sempre maggiore attenzione verso la conoscenza dell’edificio e della sua storia, ad analisi di laboratorio via via più sofisticate, ad indagini d’archivio poste a supporto e a confronto con i dati tangibili, all’utilizzo in cantiere di materiali e tecniche compatibili ed ecosostenibili, il dibattito e talvolta lo scontro, su alcuni casi ‘esemplari’, non accenna a fermarsi. Ancora nel 2004 il sovrintendente Adriano La Regina lamentava la perdita delle tonalità acquisite nel tempo e notava come “gli edifici assumono colori torpidi, senza gradi di intensità, senz'anima”. Negli ultimi cinquant’anni diversi palazzi romani, sedi di governo o di importanti istituzioni, pubbliche e private, sono stati oggetto di cure sollecite quanto ripetute nel tempo che ne hanno cambiato, a più riprese, l’epidermide. Il contributo approfondisce alcuni recenti e diversificati interventi di rinnovamento del colore (tra questi palazzo Chigi, palazzo di Montecitorio, edifici su piazza della Minerva, complesso del San Michele) mettendone in evidenza analisi, metodologie e impostazione concettuale e rapportandoli con gli esiti dei restauri, talvolta plurimi, che li hanno, caso per caso, preceduti e che spesso erano stati a loro volta oggetto di dibattito, quando non di accese critiche. Restauri questi ultimi che, nel cambiare impostazione rispetto alle operazioni compiute nel passato e giungendo talvolta al ripristino di un colore originario, piuttosto che tentando una mediazione, anche filologicamente fondata, tra cromie comunque rinvenute sul monumento e contesto urbano stratificatosi nel tempo, possono aver tentato di correggere errori precedenti o aver scelto una strada diversa, magari basata su ulteriori e più approfondite indagini d’archivio o di laboratorio. Restauri comunque esemplari per la ricca documentazione prodotta, oggi importate e preziosa per ripercorrere questi cambiamenti, in apparenza così ravvicinanti nel tempo e tentare di comprenderne ragioni (teoriche e pratiche), modalità e finalità, anche in rapporto agli interventi e al dibattito ad essi, di volta in volta, coevo.

Restauri di restauri. Riflessioni su alcune recenti coloriture romane / Docci, Marina. - STAMPA. - VII/A(2011), pp. 545-552.

Restauri di restauri. Riflessioni su alcune recenti coloriture romane

DOCCI, Marina
2011

Abstract

A partire dagli anni Settanta, a ondate successive, si torna a parlare del colore di Roma. Studi, dibattiti, convegni, si susseguono e ogni volta che si smonta un ponteggio, emergono casi e situazioni sui quali studiosi e cittadini si interrogano, chi plaudendo il rinnovato splendore, chi deplorando la perdita di autenticità, l’estraneità al contesto: valore di novità contro valore dell’antico, “superfici di sacrificio” contro “struttura materiale” sulla quale leggere i segni del tempo. A fronte di una sempre maggiore attenzione verso la conoscenza dell’edificio e della sua storia, ad analisi di laboratorio via via più sofisticate, ad indagini d’archivio poste a supporto e a confronto con i dati tangibili, all’utilizzo in cantiere di materiali e tecniche compatibili ed ecosostenibili, il dibattito e talvolta lo scontro, su alcuni casi ‘esemplari’, non accenna a fermarsi. Ancora nel 2004 il sovrintendente Adriano La Regina lamentava la perdita delle tonalità acquisite nel tempo e notava come “gli edifici assumono colori torpidi, senza gradi di intensità, senz'anima”. Negli ultimi cinquant’anni diversi palazzi romani, sedi di governo o di importanti istituzioni, pubbliche e private, sono stati oggetto di cure sollecite quanto ripetute nel tempo che ne hanno cambiato, a più riprese, l’epidermide. Il contributo approfondisce alcuni recenti e diversificati interventi di rinnovamento del colore (tra questi palazzo Chigi, palazzo di Montecitorio, edifici su piazza della Minerva, complesso del San Michele) mettendone in evidenza analisi, metodologie e impostazione concettuale e rapportandoli con gli esiti dei restauri, talvolta plurimi, che li hanno, caso per caso, preceduti e che spesso erano stati a loro volta oggetto di dibattito, quando non di accese critiche. Restauri questi ultimi che, nel cambiare impostazione rispetto alle operazioni compiute nel passato e giungendo talvolta al ripristino di un colore originario, piuttosto che tentando una mediazione, anche filologicamente fondata, tra cromie comunque rinvenute sul monumento e contesto urbano stratificatosi nel tempo, possono aver tentato di correggere errori precedenti o aver scelto una strada diversa, magari basata su ulteriori e più approfondite indagini d’archivio o di laboratorio. Restauri comunque esemplari per la ricca documentazione prodotta, oggi importate e preziosa per ripercorrere questi cambiamenti, in apparenza così ravvicinanti nel tempo e tentare di comprenderne ragioni (teoriche e pratiche), modalità e finalità, anche in rapporto agli interventi e al dibattito ad essi, di volta in volta, coevo.
2011
Colore e colorimetria. Contributi multidisciplinari
9788838760426
città storica; colore; architettura
02 Pubblicazione su volume::02a Capitolo o Articolo
Restauri di restauri. Riflessioni su alcune recenti coloriture romane / Docci, Marina. - STAMPA. - VII/A(2011), pp. 545-552.
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