All'origine di questo lavoro vi è il convincimento che la Filosofia del diritto non è riducibile ad una filosofia minore, destinata ai cosiddetti 'operatori del diritto', come si dice con un lessico quasi mercantile. Recintare così la Filosofia del diritto è un modo per evitare la discussione con le domande costitutive della Filosofia, che non si lascia confinare in nessuna aggettivazione e che - ricorda Heidegger - è l'opera dei classici del 'pensiero essenziale'. Il tentativo di pensare il diritto strutturato come il discorso esige la ripresa del senso iniziale del termine logos, con riferimento alla differenza ontologica, che può preparare, ora, l'interpretazione del diritto come differenza nomologica. La direzione di questo tentativo discute, con Heidegger, la differenza ontologica ed interpreta, con Kierkegaard e Buber, le forme della relazionalità intersoggettiva e la specificità delle regole giuridiche che le ordinano. Il logos è ripensato sia nell'ordine del sapere, sia nell'ordine del sapere-che-non-si-sa, dell'inconscio, che diviene questione essenziale, con l'opera di Freud, originalmente interpretata da Lacan. Nella condizione attuale, la ripresa dello studio dei classici della filosofia, libera la filosofia del diritto sia dal duplicare gli studi di sistemazione delle dottrine giuridiche, curati con rigore critico dalla scienza del diritto, sia dall'esaurirsi in una saggistica interessata genericamente a qualche momento della cultura giuridica. Così delineato, il lavoro della ricerca filosofica sul fenomeno diritto può custodire alla Filosofia del diritto la ragione della sua specifica essenzialità negli studi universitari.
Il diritto strutturato come il discorso. Amore uguaglianza differenza. La differenza nomologica / Romano, Bruno. - STAMPA. - (1994).
Il diritto strutturato come il discorso. Amore uguaglianza differenza. La differenza nomologica
ROMANO, Bruno
1994
Abstract
All'origine di questo lavoro vi è il convincimento che la Filosofia del diritto non è riducibile ad una filosofia minore, destinata ai cosiddetti 'operatori del diritto', come si dice con un lessico quasi mercantile. Recintare così la Filosofia del diritto è un modo per evitare la discussione con le domande costitutive della Filosofia, che non si lascia confinare in nessuna aggettivazione e che - ricorda Heidegger - è l'opera dei classici del 'pensiero essenziale'. Il tentativo di pensare il diritto strutturato come il discorso esige la ripresa del senso iniziale del termine logos, con riferimento alla differenza ontologica, che può preparare, ora, l'interpretazione del diritto come differenza nomologica. La direzione di questo tentativo discute, con Heidegger, la differenza ontologica ed interpreta, con Kierkegaard e Buber, le forme della relazionalità intersoggettiva e la specificità delle regole giuridiche che le ordinano. Il logos è ripensato sia nell'ordine del sapere, sia nell'ordine del sapere-che-non-si-sa, dell'inconscio, che diviene questione essenziale, con l'opera di Freud, originalmente interpretata da Lacan. Nella condizione attuale, la ripresa dello studio dei classici della filosofia, libera la filosofia del diritto sia dal duplicare gli studi di sistemazione delle dottrine giuridiche, curati con rigore critico dalla scienza del diritto, sia dall'esaurirsi in una saggistica interessata genericamente a qualche momento della cultura giuridica. Così delineato, il lavoro della ricerca filosofica sul fenomeno diritto può custodire alla Filosofia del diritto la ragione della sua specifica essenzialità negli studi universitari.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.