Gli Autori hanno preso in esame i comportamenti a rischio e le condotte aggressive in età scolare rivolgendo particolare attenzione al disagio relazionale dei minori, individuato come fattore di rischio psicosociale. Particolare rilevanza è stata data al fenomeno del bullismo, inteso come distorsione del rapporto tra coetanei, come esito di una sequela di interazioni disadattive tra ragazzi con caratteristiche di dominanza e assertività (i prevaricatori) e ragazzi con caratteristiche di remissività e fragilità (le vittime). Per definizione il bullismo comprende una serie di comportamenti, tipicamente descritti come aggressivi e antisociali, che si esplicitano all’interno di un contesto di relazioni, in cui i ruoli del bullo e della vittima sono rinforzati per mezzo di azioni di prevaricazione perpetrate nel tempo in modo intenzionale (Cerutti et al, 2004). In Italia studi riguardanti questo fenomeno sono partiti con un notevole ritardo rispetto agli altri paesi europei. Il primo ad individuare la gravità e la diffusione delle prepotenze tra i banchi di scuola fu Dan Olweus, alla fine degli anni Settanta, in Norvegia. In Gran Bretagna, Sharp e Smith, nel 1990, ottennero risultati molto vicini a quelli dello studioso norvegese, evidenziando che, con l’aumentare dell’età il fenomeno regredisce. In Italia i primi studi sul bullismo iniziarono negli anni Novanta e rilevarono immediatamente una diffusione assai significativa del fenomeno anche nel nostro paese, con percentuali più elevate, rispetto alle altre nazioni europee. I risultati di questi studi hanno evidenziato la diminuzione considerevole della sua incidenza durante il passaggio dalla scuola primaria a quella secondaria, alla quale, però, si accompagna una radicalizzazione del comportamento aggressivo che comporta una maggiore gravità degli episodi.
I comportamenti aggressivi. Percorsi evolutivi e rischio psicopatologico / Cerutti, Rita; Manca, Maura. - STAMPA. - (2006), pp. 1-116.
I comportamenti aggressivi. Percorsi evolutivi e rischio psicopatologico
CERUTTI, Rita;MANCA, MAURA
2006
Abstract
Gli Autori hanno preso in esame i comportamenti a rischio e le condotte aggressive in età scolare rivolgendo particolare attenzione al disagio relazionale dei minori, individuato come fattore di rischio psicosociale. Particolare rilevanza è stata data al fenomeno del bullismo, inteso come distorsione del rapporto tra coetanei, come esito di una sequela di interazioni disadattive tra ragazzi con caratteristiche di dominanza e assertività (i prevaricatori) e ragazzi con caratteristiche di remissività e fragilità (le vittime). Per definizione il bullismo comprende una serie di comportamenti, tipicamente descritti come aggressivi e antisociali, che si esplicitano all’interno di un contesto di relazioni, in cui i ruoli del bullo e della vittima sono rinforzati per mezzo di azioni di prevaricazione perpetrate nel tempo in modo intenzionale (Cerutti et al, 2004). In Italia studi riguardanti questo fenomeno sono partiti con un notevole ritardo rispetto agli altri paesi europei. Il primo ad individuare la gravità e la diffusione delle prepotenze tra i banchi di scuola fu Dan Olweus, alla fine degli anni Settanta, in Norvegia. In Gran Bretagna, Sharp e Smith, nel 1990, ottennero risultati molto vicini a quelli dello studioso norvegese, evidenziando che, con l’aumentare dell’età il fenomeno regredisce. In Italia i primi studi sul bullismo iniziarono negli anni Novanta e rilevarono immediatamente una diffusione assai significativa del fenomeno anche nel nostro paese, con percentuali più elevate, rispetto alle altre nazioni europee. I risultati di questi studi hanno evidenziato la diminuzione considerevole della sua incidenza durante il passaggio dalla scuola primaria a quella secondaria, alla quale, però, si accompagna una radicalizzazione del comportamento aggressivo che comporta una maggiore gravità degli episodi.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.