In questo saggio si tenta di considerare l'opera di Polibio come una voce nel dialogo dipomatico fra Roma e il mondo greco nel II secolo a.C., spostando l'attenzione dal vecchio problema del giudizio di Polibio su Roma a quello degli obiettivi perseguiti da Polibio attraverso le Storie. Il contesto in cui va interpretata l'opera è quello dei discorsi diplomatici di Polibio di fronte alle autorità romane, prima, durante e dopo il suo soggiorno obbligato a Roma, e più in generale quello delle relazioni diplomatiche fra il mondo greco e Roma nel II secolo a.C. Si suggerisce inoltre l'utilità di applicare all'analisi delle Storie il concetto di public transcript, elaborato da James Scott: l'adesione nel discorso pubblico dei subordinati all'autorappresentazione in termini evergetici del gruppo dominante persegue non solo l'obiettivo ovvio di evitare la repressione che schiaccerebbe ogni aperta contestazione, ma anche quello più sottile di sforzarsi di convincere i potenti ad applicare i principi della loro autorappresentazione, proclamati con enfasi nelle occasioni ufficiali. Solo occasionalmente nelle Storie si può incontrare traccia dell'hidden transcript di Polibio e della classe dirigente achea cui apparteneva, che comporta una più realistica interpretazione delle condizioni di oppressione; di regola, le dichiarazioni di Polibio nelle Storie vanno ascritte alla sfera del public transcript, e non possono prendersi come prova di una «conversione» di Polibio a Roma; sono piuttosto gli strumenti di una strategia retorica volta a perseguire obiettivi concreti, nel dialogo con il senato. La presenza nelle Storie di una dimensione diplomatica viene dimostrata in base all'analisi dei capitoli (XXVII 9-10) sulla reazione dell'opinione pubblica greca alla vittoria di Perseo nella battaglia di Callicino, volti esplicitamente a difendere i Greci dall'accusa di acharistia. Solo a questo fine Polibio afferma la riconoscenza dei Greci per i benefici ottenuti dal dominio romano: più che di una convinzione profonda, si tratta di una dichiarazione volta ad ottenere un obiettivo politico, in cui predomina dunque la dimensione diplomatica. Analoghe costrizioni avevano condizionato le relazioni fra la Lega achea e il regno di Macedonia: i decreti in onore di Filippo V non erano più sinceri delle dichiarazioni di Polibio in favore di Roma: entrambe queste espressioni di favore non possono essere prese alla lettera. In generale, poi, si riscontra la presenza ricorrente nelle Storie della tesi secondo cui il modo più sicuro di mantenere la propria posizione egemonica sarebbe quello di trattare con generosità nemici vinti e popoli soggetti – un motivo che significativamente s'incontra anche nelle richieste di pace dopo la vittoria dei propri nemici. Anche nel caso di Polibio, ci si sforza di dimostrare, questo principio viene proclamato a più riprese per inviare un messaggio alla classe dirigente romana. Una traccia dell'hidden transcript di Polibio, dei suoi sentimenti più profondi riguardo al dominio romano si può cogliere invece nella critica mossa alla strategia difensiva del rodio Astimede in senato, che Polibio accusa di delazione e di tradimento per aver rievocato le colpe degli altri Greci nei confronti dei Romani, pur di poter attenuare il peso delle accuse mosse ai Rodii. La celebrazione dell'eccezionalità romana che s'incontra talora nelle Storie va invece interpretata come un tentativo di indurre i Romani a mostrarsi fedeli alla propria autorappresentazione, ai principi proclamati pubblicamente nelle occasioni diplomatiche. Complessivamente, dunque, si sottolinea la funzione politica delle Storie, mettendo in guardia da cercare opinioni, convinzioni e punti di vista in dichiarazioni la cui funzione è essenzialmente diplomatica.
Polybius in Context. The Political Dimension of the Histories / Thornton, John. - STAMPA. - (2013), pp. 213-229. [10.1093/acprof:oso/9780199608409.003.0011].
Polybius in Context. The Political Dimension of the Histories
THORNTON, John
2013
Abstract
In questo saggio si tenta di considerare l'opera di Polibio come una voce nel dialogo dipomatico fra Roma e il mondo greco nel II secolo a.C., spostando l'attenzione dal vecchio problema del giudizio di Polibio su Roma a quello degli obiettivi perseguiti da Polibio attraverso le Storie. Il contesto in cui va interpretata l'opera è quello dei discorsi diplomatici di Polibio di fronte alle autorità romane, prima, durante e dopo il suo soggiorno obbligato a Roma, e più in generale quello delle relazioni diplomatiche fra il mondo greco e Roma nel II secolo a.C. Si suggerisce inoltre l'utilità di applicare all'analisi delle Storie il concetto di public transcript, elaborato da James Scott: l'adesione nel discorso pubblico dei subordinati all'autorappresentazione in termini evergetici del gruppo dominante persegue non solo l'obiettivo ovvio di evitare la repressione che schiaccerebbe ogni aperta contestazione, ma anche quello più sottile di sforzarsi di convincere i potenti ad applicare i principi della loro autorappresentazione, proclamati con enfasi nelle occasioni ufficiali. Solo occasionalmente nelle Storie si può incontrare traccia dell'hidden transcript di Polibio e della classe dirigente achea cui apparteneva, che comporta una più realistica interpretazione delle condizioni di oppressione; di regola, le dichiarazioni di Polibio nelle Storie vanno ascritte alla sfera del public transcript, e non possono prendersi come prova di una «conversione» di Polibio a Roma; sono piuttosto gli strumenti di una strategia retorica volta a perseguire obiettivi concreti, nel dialogo con il senato. La presenza nelle Storie di una dimensione diplomatica viene dimostrata in base all'analisi dei capitoli (XXVII 9-10) sulla reazione dell'opinione pubblica greca alla vittoria di Perseo nella battaglia di Callicino, volti esplicitamente a difendere i Greci dall'accusa di acharistia. Solo a questo fine Polibio afferma la riconoscenza dei Greci per i benefici ottenuti dal dominio romano: più che di una convinzione profonda, si tratta di una dichiarazione volta ad ottenere un obiettivo politico, in cui predomina dunque la dimensione diplomatica. Analoghe costrizioni avevano condizionato le relazioni fra la Lega achea e il regno di Macedonia: i decreti in onore di Filippo V non erano più sinceri delle dichiarazioni di Polibio in favore di Roma: entrambe queste espressioni di favore non possono essere prese alla lettera. In generale, poi, si riscontra la presenza ricorrente nelle Storie della tesi secondo cui il modo più sicuro di mantenere la propria posizione egemonica sarebbe quello di trattare con generosità nemici vinti e popoli soggetti – un motivo che significativamente s'incontra anche nelle richieste di pace dopo la vittoria dei propri nemici. Anche nel caso di Polibio, ci si sforza di dimostrare, questo principio viene proclamato a più riprese per inviare un messaggio alla classe dirigente romana. Una traccia dell'hidden transcript di Polibio, dei suoi sentimenti più profondi riguardo al dominio romano si può cogliere invece nella critica mossa alla strategia difensiva del rodio Astimede in senato, che Polibio accusa di delazione e di tradimento per aver rievocato le colpe degli altri Greci nei confronti dei Romani, pur di poter attenuare il peso delle accuse mosse ai Rodii. La celebrazione dell'eccezionalità romana che s'incontra talora nelle Storie va invece interpretata come un tentativo di indurre i Romani a mostrarsi fedeli alla propria autorappresentazione, ai principi proclamati pubblicamente nelle occasioni diplomatiche. Complessivamente, dunque, si sottolinea la funzione politica delle Storie, mettendo in guardia da cercare opinioni, convinzioni e punti di vista in dichiarazioni la cui funzione è essenzialmente diplomatica.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.