Il volume esamina alcuni problemi di fondo della materia: se la dichiarazione cartolare possa far sorgere, almeno in alcuni casi, un nuovo rapporto obbligatorio, o si limiti a munire il portatore del titolo di un particolare strumento di legittimazione; se la legittimazione attribuisca una situazione soggettiva diversa dal credito, o si limiti a produrre un’inversione dell’onere della prova; quale sia il nesso tra il rapporto fondamentale e i diritti “incorporati” nella chartula nei titoli a causalità forte, come le azioni di società; se l’autonomia della posizione del terzo portatore del titolo, rispetto alla posizione del primo prenditore, possa essere spiegata come una manifestazione del principio, che giustifica l’astrattezza delegatoria. Questi problemi vengono esaminati da un angolo visuale del tutto nuovo: la struttura del rapporto obbligatorio, per come può essere descritta tramite l’utilizzazione di un linguaggio formalizzato. In questa prospettiva il credito appare come un grappolo di poteri di diversa natura, che diventano attuali nel corso del tempo e nel presupposto che si realizzino determinate condizioni. Su queste basi si ribadisce la posizione della dottrina tradizionale, secondo la quale la legittimazione non costituisce una semplice presunzione di titolarità, e nemmeno un’autonoma situazione soggettiva, ma designa quel particolare stato di cose (qui il possesso di un documento), che consente ad un soggetto d’esercitare un determinato potere, già compreso (sia pure allo stato potenziale) nel diritto che fa valere. Titolarità e legittimazione appaiono, dunque, come due concetti relazionali, che servono ad imputare una situazione soggettiva complessa o un singolo potere ad un determinato soggetto. Le differenze stanno tutte nel rilievo che la titolarità si fonda su un fatto remoto, riconosciuto dall’ordinamento come capace di fondare un diritto, mentre la legittimazione si fonda su un fatto prossimo, più facile da provare (nel nostro caso basta l’esibizione della chartula), ma destinato a cedere nei confronti della pretesa del titolare, purché esercitata nei tempi, nei modi e con i vincoli procedimentali previsti dall’ordinamento. In questa prospettiva i documenti di legittimazione si distinguono dai documenti probatori per il fatto che i primi costituiscono una condizione necessaria e sufficiente (sia pure con alcuni temperamenti) all’esercizio del diritto, mentre i secondi, almeno in linea teorica, sono perfettamente fungibili. Una volta precisato il concetto di legittimazione, si constata che la dichiarazione cartolare può produrre diversi effetti, a seconda che costituisca o non costituisca un nuovo rapporto giuridico. Tra le dichiarazioni costitutive vanno annoverati i titoli cambiari, che attribuiscono al prenditore (e poi a tutti i successivi portatori) un nuovo credito, diverso da quello ex causa, non solo sotto il profilo del regime al quale è assoggettato (scadenza, onere di presentazione per il pagamento entro certi termini, prescrizione, tutela esecutiva, etc.), ma talvolta anche per importo. L’opponibilità di tutte le eccezioni ex causa al diretto prenditore del titolo dipende dal fatto che il rapporto cartolare assolve ad una funzione servente rispetto al rapporto di base. Tra le dichiarazioni non costitutive possono essere annoverati i titoli azionari, che fanno riferimento ad una specifica realtà esterna (un patrimonio sottoposto a determinate regole organizzative), che non è creata dall’emissione del titolo. Sarebbe un errore, tuttavia, qualificare le azioni come dei titoli “causali”, perché questa tesi implicherebbe che l’atto costitutivo e lo statuto debbano in ogni caso prevalere sulle risultanze della chartula, mentre è possibile che talvolta il rapporto di dipendenza s’inverta, nel senso che sono le regole organizzative ad essere modificate dall’emissione del titolo (per esempio per il riconoscimento della posizione di socio a chi ha acquistato, a certe condizioni, le azioni emesse in soprannumero). Tutto dipende dalla disciplina positiva, che può dare un maggiore o un minor peso al fatto che i titoli vengono emessi dagli am-ministratori e, quindi, da soggetti diversi dai soci danneggiati dall’emissione irregolare. Per non pregiudicare una corretta soluzione dei predetti problemi, si suggerisce di qualificare le azioni (non come titoli “causali”, bensì) come titoli ad “oggetto specifico” (al pari dei titoli rappresentativi di merci), in modo da mettere in chiaro che certe loro caratteristiche non dipendono dall’emergere del rapporto sottostante, ma dipendono dal fatto che l’emissione del titolo non può modificare la realtà alla quale la dichiarazione cartolare fa riferimento, se non per i profili (ad esempio il numero dei soci o l’imputazione di specifiche responsabilità agli amministratori) sui quali le scelte del legislatore possono incidere. Per quanto concerne, infine, la relazione che intercorre tra l’autonomia della posizione del portatore del titolo e la cosiddetta astrattezza delegatoria, si fa osservare che quest’ultima non dipende dalla pura e semplice intersezione di due rapporti obbligatori, bensì dall’esigenza di preservare il ruolo di certi intermediari professionali (di solito le banche), sui quali non si può scaricare (anche per ragioni di celerità operativa) la responsabilità di decidere se, con riferimento ad una specifica eccezione, abbia ragione il delegante o il delegatario. Da qui la conclusione che l’attuale disciplina del fenomeno delegatorio è un regime di diritto speciale, che non può essere utilizzato (se non in termini di generica indicazione di politica del diritto) per giustificare l’inopponibilità delle eccezioni in tutti i rapporti trilaterali.

I titoli di credito e la struttura delle situazioni soggettive / Terranova, Giuseppe. - STAMPA. - (2008).

I titoli di credito e la struttura delle situazioni soggettive

TERRANOVA, GIUSEPPE
2008

Abstract

Il volume esamina alcuni problemi di fondo della materia: se la dichiarazione cartolare possa far sorgere, almeno in alcuni casi, un nuovo rapporto obbligatorio, o si limiti a munire il portatore del titolo di un particolare strumento di legittimazione; se la legittimazione attribuisca una situazione soggettiva diversa dal credito, o si limiti a produrre un’inversione dell’onere della prova; quale sia il nesso tra il rapporto fondamentale e i diritti “incorporati” nella chartula nei titoli a causalità forte, come le azioni di società; se l’autonomia della posizione del terzo portatore del titolo, rispetto alla posizione del primo prenditore, possa essere spiegata come una manifestazione del principio, che giustifica l’astrattezza delegatoria. Questi problemi vengono esaminati da un angolo visuale del tutto nuovo: la struttura del rapporto obbligatorio, per come può essere descritta tramite l’utilizzazione di un linguaggio formalizzato. In questa prospettiva il credito appare come un grappolo di poteri di diversa natura, che diventano attuali nel corso del tempo e nel presupposto che si realizzino determinate condizioni. Su queste basi si ribadisce la posizione della dottrina tradizionale, secondo la quale la legittimazione non costituisce una semplice presunzione di titolarità, e nemmeno un’autonoma situazione soggettiva, ma designa quel particolare stato di cose (qui il possesso di un documento), che consente ad un soggetto d’esercitare un determinato potere, già compreso (sia pure allo stato potenziale) nel diritto che fa valere. Titolarità e legittimazione appaiono, dunque, come due concetti relazionali, che servono ad imputare una situazione soggettiva complessa o un singolo potere ad un determinato soggetto. Le differenze stanno tutte nel rilievo che la titolarità si fonda su un fatto remoto, riconosciuto dall’ordinamento come capace di fondare un diritto, mentre la legittimazione si fonda su un fatto prossimo, più facile da provare (nel nostro caso basta l’esibizione della chartula), ma destinato a cedere nei confronti della pretesa del titolare, purché esercitata nei tempi, nei modi e con i vincoli procedimentali previsti dall’ordinamento. In questa prospettiva i documenti di legittimazione si distinguono dai documenti probatori per il fatto che i primi costituiscono una condizione necessaria e sufficiente (sia pure con alcuni temperamenti) all’esercizio del diritto, mentre i secondi, almeno in linea teorica, sono perfettamente fungibili. Una volta precisato il concetto di legittimazione, si constata che la dichiarazione cartolare può produrre diversi effetti, a seconda che costituisca o non costituisca un nuovo rapporto giuridico. Tra le dichiarazioni costitutive vanno annoverati i titoli cambiari, che attribuiscono al prenditore (e poi a tutti i successivi portatori) un nuovo credito, diverso da quello ex causa, non solo sotto il profilo del regime al quale è assoggettato (scadenza, onere di presentazione per il pagamento entro certi termini, prescrizione, tutela esecutiva, etc.), ma talvolta anche per importo. L’opponibilità di tutte le eccezioni ex causa al diretto prenditore del titolo dipende dal fatto che il rapporto cartolare assolve ad una funzione servente rispetto al rapporto di base. Tra le dichiarazioni non costitutive possono essere annoverati i titoli azionari, che fanno riferimento ad una specifica realtà esterna (un patrimonio sottoposto a determinate regole organizzative), che non è creata dall’emissione del titolo. Sarebbe un errore, tuttavia, qualificare le azioni come dei titoli “causali”, perché questa tesi implicherebbe che l’atto costitutivo e lo statuto debbano in ogni caso prevalere sulle risultanze della chartula, mentre è possibile che talvolta il rapporto di dipendenza s’inverta, nel senso che sono le regole organizzative ad essere modificate dall’emissione del titolo (per esempio per il riconoscimento della posizione di socio a chi ha acquistato, a certe condizioni, le azioni emesse in soprannumero). Tutto dipende dalla disciplina positiva, che può dare un maggiore o un minor peso al fatto che i titoli vengono emessi dagli am-ministratori e, quindi, da soggetti diversi dai soci danneggiati dall’emissione irregolare. Per non pregiudicare una corretta soluzione dei predetti problemi, si suggerisce di qualificare le azioni (non come titoli “causali”, bensì) come titoli ad “oggetto specifico” (al pari dei titoli rappresentativi di merci), in modo da mettere in chiaro che certe loro caratteristiche non dipendono dall’emergere del rapporto sottostante, ma dipendono dal fatto che l’emissione del titolo non può modificare la realtà alla quale la dichiarazione cartolare fa riferimento, se non per i profili (ad esempio il numero dei soci o l’imputazione di specifiche responsabilità agli amministratori) sui quali le scelte del legislatore possono incidere. Per quanto concerne, infine, la relazione che intercorre tra l’autonomia della posizione del portatore del titolo e la cosiddetta astrattezza delegatoria, si fa osservare che quest’ultima non dipende dalla pura e semplice intersezione di due rapporti obbligatori, bensì dall’esigenza di preservare il ruolo di certi intermediari professionali (di solito le banche), sui quali non si può scaricare (anche per ragioni di celerità operativa) la responsabilità di decidere se, con riferimento ad una specifica eccezione, abbia ragione il delegante o il delegatario. Da qui la conclusione che l’attuale disciplina del fenomeno delegatorio è un regime di diritto speciale, che non può essere utilizzato (se non in termini di generica indicazione di politica del diritto) per giustificare l’inopponibilità delle eccezioni in tutti i rapporti trilaterali.
2008
9788829918836
03 Monografia::03a Saggio, Trattato Scientifico
I titoli di credito e la struttura delle situazioni soggettive / Terranova, Giuseppe. - STAMPA. - (2008).
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