Il disegno viene spesso definito come lo strumento con cui il progettista rappresenta su un supporto, il foglio di carta, la sua idea; viene descritto come un dispositivo, un modo per concretizzare l’espressione creativa. Siamo stati educati a pensare che nella mente del progettista esista un’idea, un modello dell’oggetto, e che il disegno serva per controllarne la validità e, successivamente, a comunicarne gli aspetti formali, funzionali, tecnici e costruttivi. Il disegno, che sia quello con la matita su carta, che quello più contemporaneo con mouse e tastiera, viene descritto come uno strumento passivo nelle abili e creative mani del progettista. È mia convinzione che la principale funzione del disegno sia di stimolare la creatività. Il disegno è capace di costruire con il progettista un rapporto di intima collaborazione, dove il suggerimento del primo, analizzato e giudicato dal secondo, assume significato nell’oggetto. Quando disegniamo un quadrato, noi vediamo con gli occhi della mente molto di più che la sola forma geometrica, caratterizzata dall’uguaglianza dei suoi quattro lati e dagli angoli retti: vediamo una serie di geometrie, di tensioni dinamiche, di equilibri. Riconosciamo gli assi e le diagonali, identifichiamo la divisione in quattro quadrati proposta dagli assi a cui si contrappongono le diagonali che lo dividono in quattro triangoli. Percepiamo l’equilibrio delle tensioni tra lo spazio interno del quadrato e lo spazio esterno del campo che lo accoglie. Ci rendiamo conto che ogni gesto, ogni segno, rompe questo equilibrio e che ciò richiederà altri gesti e altri segni capaci di ripristinare l’equilibrio rotto. Il disegno instaura così una relazione dinamica tra ciò che è disegnato e l’oggetto che si modella e si modifica nella nostra mente. Il progetto è il risultato del dialogo tra il progettista e il disegno. Il progettista propone un’idea che esprime tramite il disegno, questo a sua volta suggerisce delle alternative che dal progettista vengono vagliate e scelte intervenendo nuovamente sul disegno il quale ancora propone altre immagini. Un dibattito, uno scambio, una continua interazione tra idea e disegno. Attraverso gli occhi vediamo, ma è attraverso il cervello che queste immagini si concretizzano nella conoscenza dell’oggetto. Rudolf Harnheim, in “Arte e percezione visiva”, puntualizza che: “la visone non è un atto passivo, una semplice registrazione meccanica di elementi sensori, ma al contrario, è un’esperienza creativa di afferrare la realtà: immaginativa, inventiva, sagace e bella ad un tempo”. Una capacità propria dell'uomo è quella che gli fa riconoscere nella complessità delle forme che lo circondano le strutture essenziali di cui sono composte. La percezione, e quindi la comprensione dell'oggetto, avviene attraverso la conoscenza delle forme strutturali più semplici, delle loro posizioni spaziali e quindi delle loro reciproche relazioni. Si forma così nella mente dell'osservatore un "modello mentale" sintetico, capace di evocare le caratteristiche principali dell'oggetto visto e, nel caso del progettista, immaginato. Le infinite immagini che riceviamo dalla realtà percepita dell’oggetto vengono elaborate dal nostro cervello e trasformate nel suo modello mentale; in questo alcune condizioni sembrano prevalere come il parallelismo, l’ortogonalità, la simmetria tra le parti il colore ecc. I meccanismi che sono alla base della costruzione del modello mentale sono molto complessi e sono motivo di continua ricerca, comunque se da una parte la rappresentazione di un modello è strettamente legata alla correttezza del modello mentale, dall’altra è attraverso la rappresentazione che il modello mentale viene controllato e costantemente modificato. Nei nostri corsi ci rivolgiamo ai futuri progettisti; il loro obbiettivo è la realizzazione del loro modello mentale dell’oggetto d’architettura o di design. Questo deve essere controllato, analizzato e valutato attraverso quel complesso rapporto tra rappresentazione, sollecitazioni creative proposte delle immagini, analisi, giudizio. Dobbiamo far apprezzare ai futuri progettisti l’importanza del dialogo tra immagine e progetto che abbiamo appena descritto e che è indispensabile per la corretta composizione della forma. Affinché questo dialogo sia proficuo, è necessario un rapporto con il disegno che sia da una parte immediato, semplice, chiaro e sintetico; dall’altra efficace nel descrivere le specifiche condizioni dell’oggetto. Bisogna quindi rivolgere la nostra attenzione prima al modello mentale e quindi all’immagine mentale per vedere come questa possa essere strutturata, controllata, verificata e solo successivamente arrivare ai metodi più adatti per trasformare lo spazio mentale tridimensionale in quello bidimensionale del foglio di carta, approdando ai metodi di rappresentazione come il risultato di una concreta riflessione sulla rappresentazione e sulla progettazione della forma. Platone nel Flebo scrive: “La bellezza della forma non è, come la gente normalmente crede, quella degli esseri viventi e dei dipinti che li raffigurano, bensì quella rettilinea e circolare delle figure, piane e solide, che si ottengono mediante compasso, riga e squadra. Perché queste sono belle non, come le precedenti, in maniera relativa, ma in se stesse e per loro propria natura”. Le nuove tecniche del disegno sembrano aver superato questa idea della costruzione della forma attraverso gli strumenti descritti dallo stesso Platone; i programmi per la modellazione tridimensionale hanno sostituito l’uso della squadra e del compasso e sono diventati indispensabili nell’attuale progettazione. Il tempo però, con forza, ha reso evidente l’esigenza di un controllo della forma attraverso la corretta immagine mentale. Affinché il progetto non sia il mero risultato di un casuale accostamento, aggregazione, interazione di disordinati elementi solidi, dobbiamo lavorare ancora molto sulla capacità evocativa del disegno. Immaginare, attraverso poche ma giuste operazioni le reciproche posizioni e i rapporti che gli elementi hanno tra di loro nello spazio, arrivando così ad una equilibrata, corretta e quindi anche bella composizione architettonica o di design.
Geometria creativa: intuizione e ragione nel disegno dell'oggetto / Casale, Andrea. - 5:(2010), pp. 5-213.
Geometria creativa: intuizione e ragione nel disegno dell'oggetto
CASALE, Andrea
2010
Abstract
Il disegno viene spesso definito come lo strumento con cui il progettista rappresenta su un supporto, il foglio di carta, la sua idea; viene descritto come un dispositivo, un modo per concretizzare l’espressione creativa. Siamo stati educati a pensare che nella mente del progettista esista un’idea, un modello dell’oggetto, e che il disegno serva per controllarne la validità e, successivamente, a comunicarne gli aspetti formali, funzionali, tecnici e costruttivi. Il disegno, che sia quello con la matita su carta, che quello più contemporaneo con mouse e tastiera, viene descritto come uno strumento passivo nelle abili e creative mani del progettista. È mia convinzione che la principale funzione del disegno sia di stimolare la creatività. Il disegno è capace di costruire con il progettista un rapporto di intima collaborazione, dove il suggerimento del primo, analizzato e giudicato dal secondo, assume significato nell’oggetto. Quando disegniamo un quadrato, noi vediamo con gli occhi della mente molto di più che la sola forma geometrica, caratterizzata dall’uguaglianza dei suoi quattro lati e dagli angoli retti: vediamo una serie di geometrie, di tensioni dinamiche, di equilibri. Riconosciamo gli assi e le diagonali, identifichiamo la divisione in quattro quadrati proposta dagli assi a cui si contrappongono le diagonali che lo dividono in quattro triangoli. Percepiamo l’equilibrio delle tensioni tra lo spazio interno del quadrato e lo spazio esterno del campo che lo accoglie. Ci rendiamo conto che ogni gesto, ogni segno, rompe questo equilibrio e che ciò richiederà altri gesti e altri segni capaci di ripristinare l’equilibrio rotto. Il disegno instaura così una relazione dinamica tra ciò che è disegnato e l’oggetto che si modella e si modifica nella nostra mente. Il progetto è il risultato del dialogo tra il progettista e il disegno. Il progettista propone un’idea che esprime tramite il disegno, questo a sua volta suggerisce delle alternative che dal progettista vengono vagliate e scelte intervenendo nuovamente sul disegno il quale ancora propone altre immagini. Un dibattito, uno scambio, una continua interazione tra idea e disegno. Attraverso gli occhi vediamo, ma è attraverso il cervello che queste immagini si concretizzano nella conoscenza dell’oggetto. Rudolf Harnheim, in “Arte e percezione visiva”, puntualizza che: “la visone non è un atto passivo, una semplice registrazione meccanica di elementi sensori, ma al contrario, è un’esperienza creativa di afferrare la realtà: immaginativa, inventiva, sagace e bella ad un tempo”. Una capacità propria dell'uomo è quella che gli fa riconoscere nella complessità delle forme che lo circondano le strutture essenziali di cui sono composte. La percezione, e quindi la comprensione dell'oggetto, avviene attraverso la conoscenza delle forme strutturali più semplici, delle loro posizioni spaziali e quindi delle loro reciproche relazioni. Si forma così nella mente dell'osservatore un "modello mentale" sintetico, capace di evocare le caratteristiche principali dell'oggetto visto e, nel caso del progettista, immaginato. Le infinite immagini che riceviamo dalla realtà percepita dell’oggetto vengono elaborate dal nostro cervello e trasformate nel suo modello mentale; in questo alcune condizioni sembrano prevalere come il parallelismo, l’ortogonalità, la simmetria tra le parti il colore ecc. I meccanismi che sono alla base della costruzione del modello mentale sono molto complessi e sono motivo di continua ricerca, comunque se da una parte la rappresentazione di un modello è strettamente legata alla correttezza del modello mentale, dall’altra è attraverso la rappresentazione che il modello mentale viene controllato e costantemente modificato. Nei nostri corsi ci rivolgiamo ai futuri progettisti; il loro obbiettivo è la realizzazione del loro modello mentale dell’oggetto d’architettura o di design. Questo deve essere controllato, analizzato e valutato attraverso quel complesso rapporto tra rappresentazione, sollecitazioni creative proposte delle immagini, analisi, giudizio. Dobbiamo far apprezzare ai futuri progettisti l’importanza del dialogo tra immagine e progetto che abbiamo appena descritto e che è indispensabile per la corretta composizione della forma. Affinché questo dialogo sia proficuo, è necessario un rapporto con il disegno che sia da una parte immediato, semplice, chiaro e sintetico; dall’altra efficace nel descrivere le specifiche condizioni dell’oggetto. Bisogna quindi rivolgere la nostra attenzione prima al modello mentale e quindi all’immagine mentale per vedere come questa possa essere strutturata, controllata, verificata e solo successivamente arrivare ai metodi più adatti per trasformare lo spazio mentale tridimensionale in quello bidimensionale del foglio di carta, approdando ai metodi di rappresentazione come il risultato di una concreta riflessione sulla rappresentazione e sulla progettazione della forma. Platone nel Flebo scrive: “La bellezza della forma non è, come la gente normalmente crede, quella degli esseri viventi e dei dipinti che li raffigurano, bensì quella rettilinea e circolare delle figure, piane e solide, che si ottengono mediante compasso, riga e squadra. Perché queste sono belle non, come le precedenti, in maniera relativa, ma in se stesse e per loro propria natura”. Le nuove tecniche del disegno sembrano aver superato questa idea della costruzione della forma attraverso gli strumenti descritti dallo stesso Platone; i programmi per la modellazione tridimensionale hanno sostituito l’uso della squadra e del compasso e sono diventati indispensabili nell’attuale progettazione. Il tempo però, con forza, ha reso evidente l’esigenza di un controllo della forma attraverso la corretta immagine mentale. Affinché il progetto non sia il mero risultato di un casuale accostamento, aggregazione, interazione di disordinati elementi solidi, dobbiamo lavorare ancora molto sulla capacità evocativa del disegno. Immaginare, attraverso poche ma giuste operazioni le reciproche posizioni e i rapporti che gli elementi hanno tra di loro nello spazio, arrivando così ad una equilibrata, corretta e quindi anche bella composizione architettonica o di design.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.