Il presente lavoro analizza il rapporto tra centro e periferia nella sua evoluzione storica nel nostro Paese, dall’Unità ad oggi, mettendo in luce l’antico vizio particolarista che si esprime nel localismo esasperato. L’attenzione si rivolge poi particolarmente alla modifica del Titolo V e alla partita ancora in corso tra le due anime del federalismo italiano, quella centralista e quella municipalista. L'Italia è entrata nel terzo millennio ma resta il paese dei mille campanili. I comuni erano 8382 nel 1871 e oggi se ne contano più di ottomila, mentre le province sono quasi raddoppiate. Negli anni settanta sono arrivate le regioni, seguite da centinaia di comunità montane e da migliaia di organismi minori generando una pervasività della presenza dello Stato e troppi costi della politica. IL testo si chiede se vi sia una via di fuga dalla trappola del localismo in cui a suo tempo cadde anche il processo unitario. L’attuazione del Titolo V sta moltiplicando le ragioni di conflitto tra i diversi poteri locali, oltre che tra autonomie e Stato. Un intreccio del genere non esiste nel federalismo europeo, che ovunque subordina il localismo ai governi regionali, ma si ritrova invece in Brasile o in Messico, dove i comuni sono costituzionalmente garantiti. Il lavoro identifica i possibili scenari di mutamento della governance in Italia: dal centralismo di Tremonti, tipico del federalismo tedesco e austriaco, al municipalismo di Bossi presente nel modello latino-americano. Per ora queste due prospettive politiche si sono rafforzate reciprocamente, ma la partita più importante è ancora in corso, perché la riforma non entrerà a regime prima del 2016. Il nuovo decennio, dunque appare incerto e inevitabilmente conflittuale.
Né uniti né divisi: le due anime del federalismo all'italiana / Fedele, Marcellino. - (2010).
Né uniti né divisi: le due anime del federalismo all'italiana
FEDELE, Marcellino
2010
Abstract
Il presente lavoro analizza il rapporto tra centro e periferia nella sua evoluzione storica nel nostro Paese, dall’Unità ad oggi, mettendo in luce l’antico vizio particolarista che si esprime nel localismo esasperato. L’attenzione si rivolge poi particolarmente alla modifica del Titolo V e alla partita ancora in corso tra le due anime del federalismo italiano, quella centralista e quella municipalista. L'Italia è entrata nel terzo millennio ma resta il paese dei mille campanili. I comuni erano 8382 nel 1871 e oggi se ne contano più di ottomila, mentre le province sono quasi raddoppiate. Negli anni settanta sono arrivate le regioni, seguite da centinaia di comunità montane e da migliaia di organismi minori generando una pervasività della presenza dello Stato e troppi costi della politica. IL testo si chiede se vi sia una via di fuga dalla trappola del localismo in cui a suo tempo cadde anche il processo unitario. L’attuazione del Titolo V sta moltiplicando le ragioni di conflitto tra i diversi poteri locali, oltre che tra autonomie e Stato. Un intreccio del genere non esiste nel federalismo europeo, che ovunque subordina il localismo ai governi regionali, ma si ritrova invece in Brasile o in Messico, dove i comuni sono costituzionalmente garantiti. Il lavoro identifica i possibili scenari di mutamento della governance in Italia: dal centralismo di Tremonti, tipico del federalismo tedesco e austriaco, al municipalismo di Bossi presente nel modello latino-americano. Per ora queste due prospettive politiche si sono rafforzate reciprocamente, ma la partita più importante è ancora in corso, perché la riforma non entrerà a regime prima del 2016. Il nuovo decennio, dunque appare incerto e inevitabilmente conflittuale.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.