This paper aims to introduce further elements of reflection and knowledge to a financial instrument, the public debt, much used by the Papal States, by addressing the analysis for a long period (XVII-XIX century). Generally, the demand for this financial services, its management and use were one of the major concerns of the Roman state: the latter, then, aroused a different degree of apprehension in relation to the different weight of the total debt exercising foreign debt and domestic . In the case of internal debt, the payment of interest matter transfers only within the country's economy, which then becomes, for the fact of the existence of the debt, neither richer nor poorer. It follows an optimistic view, which you can find testimonials, especially in the eighteenth century, in consideration of the public debt as a debt that society owes to itself, as a debt due to the right hand left hand (as Adam Smith pointed out) . There are certainly too pessimistic thesis that show how the real limit to the expansion of public debt consists of the drawbacks of the redistribution of wealth, "national", to which shall be effected by the payment of interest, payment funded with the use of corresponding taxes, but more often with more issues of securities. Limit, which actually depends on factors such as the ratio between the height of the interest on the debt and national income, the structure of tax systems, the distribution of debt securities pubblico.L 'analysis of the creation of the mountains is emblematic of stress such as Rome and the his state, through the types of mountain respond to the different demands of users of this service. The characteristics of the mountains were: a) the subject, whose assets were pledged as collateral of the same mountains - so the mountains were named by Chambers, whether direct interest ¬ sata was the Apostolic Chamber, the central organ of government, baronial created for the benefit of the noble families and Comunitativi or community, to encourage city governments - b) the cause which had brought the institution ¬ tion of the upstream c) the name of the pope who had provided to its creation

Questo lavoro si propone di apportare ulteriori elementi di riflessione e di conoscenza verso uno strumento finanziario, il debito pubblico, molto utilizzato dallo Stato pontificio, affrontandone l’analisi per un lungo periodo (XVII-XIX secolo). In generale, la richiesta di questo servizio finanziario, la sua gestione e l’utilizzazione costituirono una tra le maggiori preoccupazioni dello Stato romano: queste ultime, poi, suscitarono un diverso grado d’apprensione in relazione al diverso peso che sul totale dell’indebitamento esercitano i debiti esteri e quelli interni. Nel caso dei debiti interni, il servizio degli interessi importa trasferimenti soltanto entro l’economia del paese, che non diviene quindi, per il fatto dell’esistenza del debito, né più ricca, né più povera. Da ciò discende una visione ottimistica, della quale si possono trovare testimonianze, soprattutto per il Settecento, nella considerazione del debito pubblico come debito che la collettività deve a se stessa, come debito che la mano destra deve alla mano sinistra (come sottolineava Adam Smith). Non mancano certamente anche tesi pessimistiche che evidenziano come il vero limite all’espansione del debito pubblico consiste negli inconvenienti della ridistribuzione della ricchezza “nazionale”, alla quale si fa luogo mediante il pagamento degli interessi, pagamento finanziato con l’impiego di imposte corrispondenti, ma più spesso con emissioni ulteriori di titoli. Limite che in concreto dipende da elementi come l’altezza del rapporto tra interessi sul debito e reddito nazionale, la struttura dei sistemi tributari, la distribuzione dei titoli del debito pubblico. L’analisi della creazione dei monti è emblematica per sottolineare come Roma e il suo Stato, attraverso le tipologie di monte, rispondesse alla diversa domanda dei fruitori di questo servizio. Le caratteristiche dei monti riguardavano: a) il soggetto, i cui beni venivano dati in garanzia degli stessi monti - così i monti prendevano il nome di Camerali, se diretta interes¬sata era la Camera Apostolica, l'organo centrale di governo, di baronali, creati a beneficio delle famiglie nobili e di Comunitativi o Comunitari, per favorire le amministrazioni cittadine -; b) la causa, che aveva portato all'istitu¬zione del monte; c) il nome del papa che aveva provveduto alla sua creazione; d) la durata temporale. Gli enti locali interessati, come è stato il caso della città di Roma, al reperimento dei capitali potevano ricorrere a due forme principali di raccolta: potevano inserirsi in un monte camerale centrale be¬neficiando di una quota parte della raccolta, che comportava, però, l'assunzione, a loro carico, del pagamento degli interessi oppure chiedevano l'autorizzazione alla creazione di un proprio specifico monte, la cui gestione, dalla raccolta all'estin¬zione, rimaneva interamente nella loro autonomia decisionale, pur sotto il controllo generale degli organismi centrali. Il significato e la legittimazione delle autorizzazioni dell'autorità finanziaria centrale vanno ricondotte essenzialmente alla circostanza che al pagamento degli interessi e alla restituzione dei capitali veniva destinato il gettito di alcune gabelle, di competenza queste ultime dell'autorità centrale, il cui gettito, spesso, era istituzionalmente destinato ad essere trasferito alla Camera Apostolica. Le gabelle interessate non erano necessariamente quelle legate all'attività e al motivo per cui era stato eretto un monte poiché era prevista sia l’istituzione di nuove, sia l’utilizzazione di una imposizione già esistente. L'impegno da parte dello Stato e delle autorità cittadine e provinciali di mantenere fede a pagare gli interessi ai sottoscrittori dei titoli e a rimborsarli, anche se non rispettando dei veri e propri piani di ammortamento, quando si fossero venuti a creare degli avanzi di bilancio, costituiva una ulteriore spesa pubblica corrente che avrebbe gravato sugli esercizi futuri. In altre parole, lo Stato con l'emissione dei luoghi contraeva degli oneri nel futuro, quindi vincolava la propria spesa futura e ne limitava la possibilità di scelta della struttura. Tali effetti si aggravarono nel momento in cui veniva deciso di coprire la spesa, per interessi sul debito pubblico esistente e accumulato in passato, attraverso l'emissione di nuovo debito. Questa soluzione, anche se rappresentava la via, apparentemente, meno dolorosa, innescava un processo a spirale deleterio. Il vincolo alla destinazione dei risparmi futuri si estendeva, quindi, a periodi a venire anche molto distanti che coinvolgevano le opportunità e le scelte delle generazioni successive. Il debito pubblico veniva così a costituire un vincolo e un onere che le generazioni presenti imponevano alle generazioni future. Queste venivano quindi colpite negativamente, sia perché si trovavano a disporre di un più basso stock di capitale, sia perché si trovavano vincolate nelle loro scelte di spesa e tutto questo si traduceva in senso limitativo delle possibilità di sviluppo economico. Inoltre, il risparmio così drenato non venne usato per una politica di stimolo agli in¬vestimenti, perché le concezioni di politica economica dell'epoca non preve¬devano assolutamente un intervento pubblico anticongiunturale o di superamento degli squilibri strutturali. Anche quando le spese finanziate col ricavato dei monti avrebbero potuto, in linea di principio, incentivare la crescita economica, come nel caso delle operazioni urbanistiche o di costruzioni di opere difensive, la situazione economica generale dello Stato della Chiesa era tale che nemmeno questi incentivi riuscivano a rivita¬lizzarla. In complesso, però, non può essere espresso un giudizio totalmente negativo; per i tre secoli circa di vita del sistema dei monti, soprattutto per il Seicento, le spese della Santa Sede per l'edilizia e l'urbanistica romana furono rilevanti; questo rinnovamento edilizio, certamente accelerò il processo di indebitamento essendo stato finanziato, principalmente se non del tutto, col ricorso al debito pubblico, ma creò anche una discreta offerta di lavoro che interessò la gran parte degli addetti ad attività economiche direttamente connesse. Ma tra i numerosi impieghi delle risorse reperite mediante l'utilizzazione di appositi monti (come ad esempio i monti S. Pietro), la realizzazione di opere “pubbliche”, dalla costruzione della basilica di San Pietro a quella della fontana di Trevi, risultò non solo importante sotto il profilo economico-congiunturale, ma anche di grande rilevanza dal punto di vista artistico e di sviluppo per via dei conseguenti flussi turistici; così come fece da sostegno alla politica assistenziale non solo dello Stato ma soprattutto della città di Roma. Certo il debito costituì uno degli elementi che contribuirono a rendere endemica la stagnazione economica all'interno dei domini ecclesiastici in età mo¬derna ma non ne fu, però, la causa unica né tanto meno ebbe la responsabilità esclusiva dell'arretratezza dello Stato rispetto ad altre realtà territoriali.

Dai monti comunitativi ai monti camerali. Un servizio finanziario per la città di Roma e per lo Stato pontificio tra età moderna e contemporanea / Strangio, Donatella. - STAMPA. - (2007), pp. 277-287.

Dai monti comunitativi ai monti camerali. Un servizio finanziario per la città di Roma e per lo Stato pontificio tra età moderna e contemporanea

STRANGIO, Donatella
2007

Abstract

This paper aims to introduce further elements of reflection and knowledge to a financial instrument, the public debt, much used by the Papal States, by addressing the analysis for a long period (XVII-XIX century). Generally, the demand for this financial services, its management and use were one of the major concerns of the Roman state: the latter, then, aroused a different degree of apprehension in relation to the different weight of the total debt exercising foreign debt and domestic . In the case of internal debt, the payment of interest matter transfers only within the country's economy, which then becomes, for the fact of the existence of the debt, neither richer nor poorer. It follows an optimistic view, which you can find testimonials, especially in the eighteenth century, in consideration of the public debt as a debt that society owes to itself, as a debt due to the right hand left hand (as Adam Smith pointed out) . There are certainly too pessimistic thesis that show how the real limit to the expansion of public debt consists of the drawbacks of the redistribution of wealth, "national", to which shall be effected by the payment of interest, payment funded with the use of corresponding taxes, but more often with more issues of securities. Limit, which actually depends on factors such as the ratio between the height of the interest on the debt and national income, the structure of tax systems, the distribution of debt securities pubblico.L 'analysis of the creation of the mountains is emblematic of stress such as Rome and the his state, through the types of mountain respond to the different demands of users of this service. The characteristics of the mountains were: a) the subject, whose assets were pledged as collateral of the same mountains - so the mountains were named by Chambers, whether direct interest ¬ sata was the Apostolic Chamber, the central organ of government, baronial created for the benefit of the noble families and Comunitativi or community, to encourage city governments - b) the cause which had brought the institution ¬ tion of the upstream c) the name of the pope who had provided to its creation
2007
Tra vecchi e nuovi equilibri. Domanda e offerta di servizi in italia in età moderna e contemporanea
9788884226402
Questo lavoro si propone di apportare ulteriori elementi di riflessione e di conoscenza verso uno strumento finanziario, il debito pubblico, molto utilizzato dallo Stato pontificio, affrontandone l’analisi per un lungo periodo (XVII-XIX secolo). In generale, la richiesta di questo servizio finanziario, la sua gestione e l’utilizzazione costituirono una tra le maggiori preoccupazioni dello Stato romano: queste ultime, poi, suscitarono un diverso grado d’apprensione in relazione al diverso peso che sul totale dell’indebitamento esercitano i debiti esteri e quelli interni. Nel caso dei debiti interni, il servizio degli interessi importa trasferimenti soltanto entro l’economia del paese, che non diviene quindi, per il fatto dell’esistenza del debito, né più ricca, né più povera. Da ciò discende una visione ottimistica, della quale si possono trovare testimonianze, soprattutto per il Settecento, nella considerazione del debito pubblico come debito che la collettività deve a se stessa, come debito che la mano destra deve alla mano sinistra (come sottolineava Adam Smith). Non mancano certamente anche tesi pessimistiche che evidenziano come il vero limite all’espansione del debito pubblico consiste negli inconvenienti della ridistribuzione della ricchezza “nazionale”, alla quale si fa luogo mediante il pagamento degli interessi, pagamento finanziato con l’impiego di imposte corrispondenti, ma più spesso con emissioni ulteriori di titoli. Limite che in concreto dipende da elementi come l’altezza del rapporto tra interessi sul debito e reddito nazionale, la struttura dei sistemi tributari, la distribuzione dei titoli del debito pubblico. L’analisi della creazione dei monti è emblematica per sottolineare come Roma e il suo Stato, attraverso le tipologie di monte, rispondesse alla diversa domanda dei fruitori di questo servizio. Le caratteristiche dei monti riguardavano: a) il soggetto, i cui beni venivano dati in garanzia degli stessi monti - così i monti prendevano il nome di Camerali, se diretta interes¬sata era la Camera Apostolica, l'organo centrale di governo, di baronali, creati a beneficio delle famiglie nobili e di Comunitativi o Comunitari, per favorire le amministrazioni cittadine -; b) la causa, che aveva portato all'istitu¬zione del monte; c) il nome del papa che aveva provveduto alla sua creazione; d) la durata temporale. Gli enti locali interessati, come è stato il caso della città di Roma, al reperimento dei capitali potevano ricorrere a due forme principali di raccolta: potevano inserirsi in un monte camerale centrale be¬neficiando di una quota parte della raccolta, che comportava, però, l'assunzione, a loro carico, del pagamento degli interessi oppure chiedevano l'autorizzazione alla creazione di un proprio specifico monte, la cui gestione, dalla raccolta all'estin¬zione, rimaneva interamente nella loro autonomia decisionale, pur sotto il controllo generale degli organismi centrali. Il significato e la legittimazione delle autorizzazioni dell'autorità finanziaria centrale vanno ricondotte essenzialmente alla circostanza che al pagamento degli interessi e alla restituzione dei capitali veniva destinato il gettito di alcune gabelle, di competenza queste ultime dell'autorità centrale, il cui gettito, spesso, era istituzionalmente destinato ad essere trasferito alla Camera Apostolica. Le gabelle interessate non erano necessariamente quelle legate all'attività e al motivo per cui era stato eretto un monte poiché era prevista sia l’istituzione di nuove, sia l’utilizzazione di una imposizione già esistente. L'impegno da parte dello Stato e delle autorità cittadine e provinciali di mantenere fede a pagare gli interessi ai sottoscrittori dei titoli e a rimborsarli, anche se non rispettando dei veri e propri piani di ammortamento, quando si fossero venuti a creare degli avanzi di bilancio, costituiva una ulteriore spesa pubblica corrente che avrebbe gravato sugli esercizi futuri. In altre parole, lo Stato con l'emissione dei luoghi contraeva degli oneri nel futuro, quindi vincolava la propria spesa futura e ne limitava la possibilità di scelta della struttura. Tali effetti si aggravarono nel momento in cui veniva deciso di coprire la spesa, per interessi sul debito pubblico esistente e accumulato in passato, attraverso l'emissione di nuovo debito. Questa soluzione, anche se rappresentava la via, apparentemente, meno dolorosa, innescava un processo a spirale deleterio. Il vincolo alla destinazione dei risparmi futuri si estendeva, quindi, a periodi a venire anche molto distanti che coinvolgevano le opportunità e le scelte delle generazioni successive. Il debito pubblico veniva così a costituire un vincolo e un onere che le generazioni presenti imponevano alle generazioni future. Queste venivano quindi colpite negativamente, sia perché si trovavano a disporre di un più basso stock di capitale, sia perché si trovavano vincolate nelle loro scelte di spesa e tutto questo si traduceva in senso limitativo delle possibilità di sviluppo economico. Inoltre, il risparmio così drenato non venne usato per una politica di stimolo agli in¬vestimenti, perché le concezioni di politica economica dell'epoca non preve¬devano assolutamente un intervento pubblico anticongiunturale o di superamento degli squilibri strutturali. Anche quando le spese finanziate col ricavato dei monti avrebbero potuto, in linea di principio, incentivare la crescita economica, come nel caso delle operazioni urbanistiche o di costruzioni di opere difensive, la situazione economica generale dello Stato della Chiesa era tale che nemmeno questi incentivi riuscivano a rivita¬lizzarla. In complesso, però, non può essere espresso un giudizio totalmente negativo; per i tre secoli circa di vita del sistema dei monti, soprattutto per il Seicento, le spese della Santa Sede per l'edilizia e l'urbanistica romana furono rilevanti; questo rinnovamento edilizio, certamente accelerò il processo di indebitamento essendo stato finanziato, principalmente se non del tutto, col ricorso al debito pubblico, ma creò anche una discreta offerta di lavoro che interessò la gran parte degli addetti ad attività economiche direttamente connesse. Ma tra i numerosi impieghi delle risorse reperite mediante l'utilizzazione di appositi monti (come ad esempio i monti S. Pietro), la realizzazione di opere “pubbliche”, dalla costruzione della basilica di San Pietro a quella della fontana di Trevi, risultò non solo importante sotto il profilo economico-congiunturale, ma anche di grande rilevanza dal punto di vista artistico e di sviluppo per via dei conseguenti flussi turistici; così come fece da sostegno alla politica assistenziale non solo dello Stato ma soprattutto della città di Roma. Certo il debito costituì uno degli elementi che contribuirono a rendere endemica la stagnazione economica all'interno dei domini ecclesiastici in età mo¬derna ma non ne fu, però, la causa unica né tanto meno ebbe la responsabilità esclusiva dell'arretratezza dello Stato rispetto ad altre realtà territoriali.
02 Pubblicazione su volume::02a Capitolo o Articolo
Dai monti comunitativi ai monti camerali. Un servizio finanziario per la città di Roma e per lo Stato pontificio tra età moderna e contemporanea / Strangio, Donatella. - STAMPA. - (2007), pp. 277-287.
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