Analizzate e interpretate dall’osservatorio di Washington le vicende del socialismo italiano nei primi anni della guerra fredda offrono una serie di elementi nuovi di riflessione,utili a comprendere pienamente il tormentato processo di divisioni e di ricomposizioni, non circoscrivibile solo all’interno del quadro italiano. E’ l’ulteriore conferma di quanto il “vincolo esterno” pesi sulla storia della Repubblica e in particolare sulla dinamica tra i partiti, impegnati nella costruzione della democrazia che gli Stati Uniti si augurano possa consolidarsi in Italia diventata un paese chiave nell’aspro confronto tra Ovest ed Est. Sotto questo profilo, è intuibile l’importanza che gli americani attribuiscono all’affermarsi in tutta Europa di una forza socialista democratica, autonoma dai comunisti e libera da vincoli con l’Unione Sovietica. Fino allo scoppio della guerra fredda, la corrente liberal del Dipartimento di stato guarda con ottimismo all’ipotesi di fare del partito socialista l’interlocutore privilegiato in Italia, in qualche misura più gradito rispetto alla Democrazia cristiana di così difficile lettura per gli americani. Ma nel 1946, la centralità della questione comunista rimette in discussione il rapporto con il Psi, legato al Pci dal patto d’unità d’azione e, coerentemente, gli sforzi degli americani si concentrano nel tentativo di staccare i socialisti dai comunisti. Dall’abbondante documentazione relativa a questa fase, emerge però una difficoltà crescente, di carattere culturale e politico, nell’interpretare la dinamica interna dei socialisti, scomposti in una molteplicità di correnti non catalogabili schematicamente nel continuum destra-sinistra e determinati a spendere il legame con gli Stati Uniti come una carta di vantaggio degli uni contro gli altri nella resa dei conti interna all’area socialista. Con la scissione di Palazzo Barberini l’attenzione del Dipartimento di stato si rivolge al Psli di Saragat, anche se l’investimento americano nei confronti dei socialdemocratici è comunque assai ridotto, specialmente dopo il 1947, quando l’asse portante degli Stati Uniti in Italia diventa la Dc. Il Psli però continua ad essere seguito e finanziato per il ruolo di supporto nei governi centristi e per il suo impegno nella costruzione di un sindacato autonomo dai partiti, cioè dal partito comunista ancora egemone nel mondo sindacale. Dopo solo tre anni, una nuova scissione del Psi riporta sul tappeto la questione della ricomposizione del socialismo italiano che passa necessariamente per la riapertura del dialogo con il Psi. Sulla riunificazione del socialismo italiano il Dipartimento di stato non nutre grande ottimismo; piuttosto, una certa preoccupazione che il fermento nelle file socialdemocratiche possa indebolire la maggioranza centrista, anche perché la Dc sta perdendo consensi, come dimostrano di lì a poco i due turni di elezioni amministrative nel 1951 e nel 1952. In ogni caso, si intensifica la documentazione americana sulle vicende interne del socialismo e questa volta i rapporti sul Psi di Nenni si fanno assai più dettagliati e ricchi di spunti interessanti. Pur senza forzare la lettura di queste carte, è però rilevante la diversità di impressioni tra i funzionari di Washington e quelli dell’ambasciata americana a Roma, i primi assai più aperti all’ipotesi di un possibile, futuro sganciamento di Nenni dal frontismo; i secondi assai più scettici. Se si considera che col 1953 comincia la vigilia della distensione destinata ad avere un peso decisivo nella riapertura del dialogo tra il Psi e la Dc, forse gli “ottimisti” di Washington avevano una vista più lunga dei “pessimisti” di Roma.

Gli amici americani. I socialisti italiani dalla guerra fredda alle amministrative del 1952 / Gabrielli, Gloria. - STAMPA. - 1:(2004), pp. 1-303.

Gli amici americani. I socialisti italiani dalla guerra fredda alle amministrative del 1952

GABRIELLI, Gloria
2004

Abstract

Analizzate e interpretate dall’osservatorio di Washington le vicende del socialismo italiano nei primi anni della guerra fredda offrono una serie di elementi nuovi di riflessione,utili a comprendere pienamente il tormentato processo di divisioni e di ricomposizioni, non circoscrivibile solo all’interno del quadro italiano. E’ l’ulteriore conferma di quanto il “vincolo esterno” pesi sulla storia della Repubblica e in particolare sulla dinamica tra i partiti, impegnati nella costruzione della democrazia che gli Stati Uniti si augurano possa consolidarsi in Italia diventata un paese chiave nell’aspro confronto tra Ovest ed Est. Sotto questo profilo, è intuibile l’importanza che gli americani attribuiscono all’affermarsi in tutta Europa di una forza socialista democratica, autonoma dai comunisti e libera da vincoli con l’Unione Sovietica. Fino allo scoppio della guerra fredda, la corrente liberal del Dipartimento di stato guarda con ottimismo all’ipotesi di fare del partito socialista l’interlocutore privilegiato in Italia, in qualche misura più gradito rispetto alla Democrazia cristiana di così difficile lettura per gli americani. Ma nel 1946, la centralità della questione comunista rimette in discussione il rapporto con il Psi, legato al Pci dal patto d’unità d’azione e, coerentemente, gli sforzi degli americani si concentrano nel tentativo di staccare i socialisti dai comunisti. Dall’abbondante documentazione relativa a questa fase, emerge però una difficoltà crescente, di carattere culturale e politico, nell’interpretare la dinamica interna dei socialisti, scomposti in una molteplicità di correnti non catalogabili schematicamente nel continuum destra-sinistra e determinati a spendere il legame con gli Stati Uniti come una carta di vantaggio degli uni contro gli altri nella resa dei conti interna all’area socialista. Con la scissione di Palazzo Barberini l’attenzione del Dipartimento di stato si rivolge al Psli di Saragat, anche se l’investimento americano nei confronti dei socialdemocratici è comunque assai ridotto, specialmente dopo il 1947, quando l’asse portante degli Stati Uniti in Italia diventa la Dc. Il Psli però continua ad essere seguito e finanziato per il ruolo di supporto nei governi centristi e per il suo impegno nella costruzione di un sindacato autonomo dai partiti, cioè dal partito comunista ancora egemone nel mondo sindacale. Dopo solo tre anni, una nuova scissione del Psi riporta sul tappeto la questione della ricomposizione del socialismo italiano che passa necessariamente per la riapertura del dialogo con il Psi. Sulla riunificazione del socialismo italiano il Dipartimento di stato non nutre grande ottimismo; piuttosto, una certa preoccupazione che il fermento nelle file socialdemocratiche possa indebolire la maggioranza centrista, anche perché la Dc sta perdendo consensi, come dimostrano di lì a poco i due turni di elezioni amministrative nel 1951 e nel 1952. In ogni caso, si intensifica la documentazione americana sulle vicende interne del socialismo e questa volta i rapporti sul Psi di Nenni si fanno assai più dettagliati e ricchi di spunti interessanti. Pur senza forzare la lettura di queste carte, è però rilevante la diversità di impressioni tra i funzionari di Washington e quelli dell’ambasciata americana a Roma, i primi assai più aperti all’ipotesi di un possibile, futuro sganciamento di Nenni dal frontismo; i secondi assai più scettici. Se si considera che col 1953 comincia la vigilia della distensione destinata ad avere un peso decisivo nella riapertura del dialogo tra il Psi e la Dc, forse gli “ottimisti” di Washington avevano una vista più lunga dei “pessimisti” di Roma.
2004
9788889506011
03 Monografia::03a Saggio, Trattato Scientifico
Gli amici americani. I socialisti italiani dalla guerra fredda alle amministrative del 1952 / Gabrielli, Gloria. - STAMPA. - 1:(2004), pp. 1-303.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11573/185010
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