Introduzione “Che ci si creda o meno, 1'Italia del 1997 “vanta” oltre un milione di analfabeti in senso stretto cui si aggiungono 4 milioni di analfabeti di fatto. Che ci si creda o meno, 1'istruzione universitaria riguarda solo il 6 per cento della popolazione adulta e non già il 15 per cento come in Francia o Inghilterra, più del 20 per cento come in Giappone o in Germania, quasi il 40 per cento come negli Stati Uniti. Che ci si creda o meno, ... più del 70 per cento della popolazione attiva ha al massimo completato in Italia la scuola dell'obbligo e solo il 30 per cento circa ha conseguito un diploma di scuola secondaria superiore, contro 1'82 per cento dei tedeschi, il 70 per cento dei giapponesi, 1'83 per cento degli americani. Che ci si creda o meno, i bassi livelli di scolarizzazione non riguardano le classi nate nell'immediato dopoguerra o fra le guerre, ma anche le classi più giovani che costituiscono 1'ossatura del mercato del lavoro o che si accingono (disoccupazione permettendo) ad entrarvi. Che ci si creda o meno, la sesta potenza industriale è, tutto sommato, un paese ancora ignorante.” (Nicola Rossi, 1997, in Rossi N., a cura di, L’istruzione in Italia: solo un pezzo di carta?, Il Mulino, Bologna, p. 7). Che ci si creda o meno l’Italia del 2005 non ha cambiato di molto la sua situazione rispetto a quella descritta da Rossi e, che ci si creda o meno, nella sesta potenza industriale del mondo permangono seri squilibri territoriali nell’accumulo individuale di capitale umano a danno delle regioni più povere del paese e, in particolare del Mezzogiorno. Eppure la conoscenza è sempre stata considerata un fattore di profonda influenza sulla crescita economica e tenderà a diventare insostituibile con il superamento del sistema “fordista” e in un contesto di new/knowledge economy. Già da molte ricerche risulta che il livello di skills richieste og-gigiorno dalle imprese riflette standard quali-quantitativi più elevati rispet-to a quanto avveniva in passato. In particolare si richiede l’abilità di adat-tarsi a continui cambiamenti ed innovazioni, nonché, talvolta, di anticipare il cambiamento. Il processo di transizione verso la knowledge society richiederà, quindi, un aumento generalizzato dei livelli di formazione della popolazione e importanti cambiamenti nei processi di apprendimento (lifelong learning, learn to learn ecc.). Inoltre, dato l’aumento della mobilità del lavoro che la knowledge society porta con sè, e la conseguente difficoltà di incentivare le imprese ad investire nella formazione dei propri dipendenti, e dato che gran parte della letteratura teorica ed empirica mostra come la formazione on the job sia concentrata sui lavoratori con maggiore/migliore istruzione di base, se ne deve dedurre che le decisioni degli individui e delle famiglie in merito agli investimenti in schooling human capital tenderanno a rivestire un ruolo via via più importante nell’accelerazione del processo di accumulo di capitale umano necessario per restare competitivi negli odierni sistemi economici. Si pone, quindi, il problema di studiare quali siano i motivi della scarsità dell’investimento in capitale umano nel nostro paese, e in particolare nel Mezzogiorno, al fine di individuare le più adeguate strategie di intervento. E’ quanto ci si propone di fare in questo volume. Il primo capitolo riporta i risultati della ricerca TSER su Educational Expansion and Labour Markets che mettono in luce come, malgrado un discreto recupero registrato negli ultimi decenni, permanga una preoccu-pante distanza nei livelli medi di istruzione tra l’Italia e gli altri paesi in-dustrializzati. Il secondo capitolo si concentra sull’andamento del divario nei livelli di capitale umano medio tra il Mezzogiorno e le regioni del Centro-Nord che, dal secondo dopoguerra ad oggi, ha continuato a pena-lizzare le regioni meridionali. Del resto, il successivo capitolo 3 mostra l’esistenza di buoni rendimenti monetari e non monetari dell’istruzione anche nei mercati del lavoro meridionali. Ci si è chiesti a questo punto quali siano stati i motivi della scelta di non proseguire gli studi oltre un certo livello che molti lavoratori meridionali sembrano aver fatto in maniera apparentemente irrazionale o, quantomeno, svincolata da un calcolo convenienza individuale. In particolare ci si è chiesti se la crescita (e/o la mancata crescita) dei livelli di istruzione in Italia e nel Mezzo-giorno sia dovuta ad un “effetto di domanda” o ad un “effetto d’offerta” (cfr. capitolo 4). In quella sede l’evidenza empirica non ha permesso di escludere nessuna delle ipotesi, dimostrando che le cause della scarsa scolarizzazione vanno ricercate sia nel comportamento degli individui e delle famiglie che nel comportamento delle imprese. All’analisi dei motivi della scarsa dinamica nell’accumulazione di capitale umano nel Mezzogiorno dal lato dell’offerta dal lato della domanda di lavoro sono dedicati, rispettivamente, i capitoli 5 e 6. Seguono alcune considerazioni conclusive e implicazioni di politica economica e sociale.

Capitale umano e mezzogiorno / Ghignoni, Emanuela. - STAMPA. - 82:(2005), pp. 1-280.

Capitale umano e mezzogiorno

GHIGNONI, Emanuela
2005

Abstract

Introduzione “Che ci si creda o meno, 1'Italia del 1997 “vanta” oltre un milione di analfabeti in senso stretto cui si aggiungono 4 milioni di analfabeti di fatto. Che ci si creda o meno, 1'istruzione universitaria riguarda solo il 6 per cento della popolazione adulta e non già il 15 per cento come in Francia o Inghilterra, più del 20 per cento come in Giappone o in Germania, quasi il 40 per cento come negli Stati Uniti. Che ci si creda o meno, ... più del 70 per cento della popolazione attiva ha al massimo completato in Italia la scuola dell'obbligo e solo il 30 per cento circa ha conseguito un diploma di scuola secondaria superiore, contro 1'82 per cento dei tedeschi, il 70 per cento dei giapponesi, 1'83 per cento degli americani. Che ci si creda o meno, i bassi livelli di scolarizzazione non riguardano le classi nate nell'immediato dopoguerra o fra le guerre, ma anche le classi più giovani che costituiscono 1'ossatura del mercato del lavoro o che si accingono (disoccupazione permettendo) ad entrarvi. Che ci si creda o meno, la sesta potenza industriale è, tutto sommato, un paese ancora ignorante.” (Nicola Rossi, 1997, in Rossi N., a cura di, L’istruzione in Italia: solo un pezzo di carta?, Il Mulino, Bologna, p. 7). Che ci si creda o meno l’Italia del 2005 non ha cambiato di molto la sua situazione rispetto a quella descritta da Rossi e, che ci si creda o meno, nella sesta potenza industriale del mondo permangono seri squilibri territoriali nell’accumulo individuale di capitale umano a danno delle regioni più povere del paese e, in particolare del Mezzogiorno. Eppure la conoscenza è sempre stata considerata un fattore di profonda influenza sulla crescita economica e tenderà a diventare insostituibile con il superamento del sistema “fordista” e in un contesto di new/knowledge economy. Già da molte ricerche risulta che il livello di skills richieste og-gigiorno dalle imprese riflette standard quali-quantitativi più elevati rispet-to a quanto avveniva in passato. In particolare si richiede l’abilità di adat-tarsi a continui cambiamenti ed innovazioni, nonché, talvolta, di anticipare il cambiamento. Il processo di transizione verso la knowledge society richiederà, quindi, un aumento generalizzato dei livelli di formazione della popolazione e importanti cambiamenti nei processi di apprendimento (lifelong learning, learn to learn ecc.). Inoltre, dato l’aumento della mobilità del lavoro che la knowledge society porta con sè, e la conseguente difficoltà di incentivare le imprese ad investire nella formazione dei propri dipendenti, e dato che gran parte della letteratura teorica ed empirica mostra come la formazione on the job sia concentrata sui lavoratori con maggiore/migliore istruzione di base, se ne deve dedurre che le decisioni degli individui e delle famiglie in merito agli investimenti in schooling human capital tenderanno a rivestire un ruolo via via più importante nell’accelerazione del processo di accumulo di capitale umano necessario per restare competitivi negli odierni sistemi economici. Si pone, quindi, il problema di studiare quali siano i motivi della scarsità dell’investimento in capitale umano nel nostro paese, e in particolare nel Mezzogiorno, al fine di individuare le più adeguate strategie di intervento. E’ quanto ci si propone di fare in questo volume. Il primo capitolo riporta i risultati della ricerca TSER su Educational Expansion and Labour Markets che mettono in luce come, malgrado un discreto recupero registrato negli ultimi decenni, permanga una preoccu-pante distanza nei livelli medi di istruzione tra l’Italia e gli altri paesi in-dustrializzati. Il secondo capitolo si concentra sull’andamento del divario nei livelli di capitale umano medio tra il Mezzogiorno e le regioni del Centro-Nord che, dal secondo dopoguerra ad oggi, ha continuato a pena-lizzare le regioni meridionali. Del resto, il successivo capitolo 3 mostra l’esistenza di buoni rendimenti monetari e non monetari dell’istruzione anche nei mercati del lavoro meridionali. Ci si è chiesti a questo punto quali siano stati i motivi della scelta di non proseguire gli studi oltre un certo livello che molti lavoratori meridionali sembrano aver fatto in maniera apparentemente irrazionale o, quantomeno, svincolata da un calcolo convenienza individuale. In particolare ci si è chiesti se la crescita (e/o la mancata crescita) dei livelli di istruzione in Italia e nel Mezzo-giorno sia dovuta ad un “effetto di domanda” o ad un “effetto d’offerta” (cfr. capitolo 4). In quella sede l’evidenza empirica non ha permesso di escludere nessuna delle ipotesi, dimostrando che le cause della scarsa scolarizzazione vanno ricercate sia nel comportamento degli individui e delle famiglie che nel comportamento delle imprese. All’analisi dei motivi della scarsa dinamica nell’accumulazione di capitale umano nel Mezzogiorno dal lato dell’offerta dal lato della domanda di lavoro sono dedicati, rispettivamente, i capitoli 5 e 6. Seguono alcune considerazioni conclusive e implicazioni di politica economica e sociale.
2005
8846471830
capitale umano; squilibri territoriali; Mezzogiorno
03 Monografia::03a Saggio, Trattato Scientifico
Capitale umano e mezzogiorno / Ghignoni, Emanuela. - STAMPA. - 82:(2005), pp. 1-280.
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