Euclidean conceptual rigor with a few lines joined in compact shape key themes of the origins of Italian literature: are the lines drawn from the survey Aristotelian around the man. One of the main vehicles through which the themes of Aristotelian homine came to our literary texts? a summary dell'Ethica Nicomachean said Summa alexandrinorum. This compendium from obscure origins (probably Alexandrian) text in which the Aristotelian ethics before it merged with the Islamic one and then with the Christian Aristotelian offers content supplemented by theological themes, and covered with integument of imagery of medieval frank invoice (eg deterioration of society as a regression of urban space to place uncultivated wilderness to cf. chap. III 4). The actual path of this progressive modernization of the Nicomachean coincides with that of translatio, linguistic and geographical compendium, greek Hellenism that leads to the Arabs, from the studium these thirteenth-century Paris, then to study in Padua and Bologna. The two Italian universities expressed in the care of this text compendiario, a "" philological "" return to genuine Aristotelian thought: this single criterion guid ~ both the vernacular of the text, conducted in Bologna by the physician and philosopher Thaddeus Alderotti, as the revision of the Latin text, due to scholars linked to Thaddeus. The dual restoration, which has the air of a single project to proceed Bologna-Padua, fiss ~ a brief but rigorous "" "" code of ethics of Aristotle which later spread all over Europe medieval (see chap. I). The Aristotelian conception of man, that ilomorfica,? characterized by contradictions that make it susceptible to opposing developments. The individual will? defined as consisting of, though indivisible (synolon), a "" form "," the soul, and a "" matter "," the body. The soul? unitary form, yet with "" parts "" faculty or hierarchically conceived (vegetative, sensitive, rational)? immanent to the material body poichŽ it causes the development life - vegetative, perceptual, cognitive, ethical - but, in his "" part "" rational? eternal, impassible and incorruptible has therefore - especially in the De anima - a transcendence of the material that irremediably cancels. The conception of immanence dell'ilomorfismo own soul and the transcendent Platonic extraction, the two opposing tensions of the letter of Aristotle sometimes coexisting in the same work, they oppose each other anthropology major texts of Aristotle, Nicomachean the Ethica and the De anima. These contradictions, only partly attributable to the different phases of the thought of Aristotle, urged readers to define ancient philosophers Aristotle as ctwo different personae in one (Luke, Vit auct., 26), and the medieval exegetes in the opposite percorrerne directions of development with exceptional creative force, under the impulse of Christian theology and of Islam. Christendom, which had already incardinated their major anthropological insights (the incarnation, the relation of similarity between man and God, the love of God to man and man to the Creator, and the contemplation of God as the ultimate ) within the neo-Platonic, the latter merged with the doctrines of homine hatched by the spread of Latin dell'Ethica Nicomachean Ethics and De Anima. This merger, already drawn by the interpreters Islamic exceeded the dualism between body, soul, which Aristotle had transferred dall'iperuranio Platonic within the individual living with a powerful ontological picture: a causal relationship between God and man, represented by a process continuous, "" dynamic "" by the spirit that leads to the meat and then back again to the spirit generator, allows you to heal the discontinuity between form and matter through a powerful spiritualization of the body, essentially conceived as the ultimate effect of the spirit: the Dante's Divine Comedy wi

Con rigore euclideo poche linee concettuali congiungono in figura compatta temi chiave della letteratura italiana delle origini: sono le linee tracciate dall'indagine aristotelica intorno all'uomo. Uno dei principali veicoli attraverso cui i temi aristotelici de homine giunsero ai nostri testi letterari ? un sunto dell'Ethica Nicomachea detto Summa alexandrinorum. Questo compendio dalle origini oscure (probabilmente alessandrine), testo in cui l'etica aristotelica si fuse prima con quella islamica e poi con la cristiana, offre contenuti aristotelici completati da temi teologici, e rivestiti da integumenti immaginosi di schietta fattura medioevale (ad esempio il deterioramento della societˆ come regressione dello spazio urbano a luogo incolto, a selva; cfr. cap. III 4). La concreta via di questa progressiva modernizzazione della Nicomachea coincide con quella della translatio, linguistica e geografica, del compendio, che dall'ellenismo greco conduce agli arabi, da questi allo studium duecentesco di Parigi, indi agli studia di Padova e di Bologna. Le due universitˆ italiane espressero, nella cura di questo testo compendiario, un "filologico" ritorno al genuino pensiero aristotelico: quest'unico criterio guid˜ tanto il volgarizzamento del testo, condotto a Bologna dal medico e filosofo Taddeo Alderotti, quanto la revisione del testo latino, dovuta a studiosi legati a Taddeo. Il duplice restauro, che ha tutta l'aria di procedere da un unico progetto bolognese-padovano, fiss˜ un sintetico ma rigoroso "codice" di etica aristotelica diffusosi poi in mezza Europa medioevale (cfr. cap. I). La concezione aristotelica dell'uomo, detta ilomorfica, ? caratterizzata da contraddizioni che la rendono suscettibile di opposti sviluppi. L'individuo vi ? definito come composto, seppure indivisibile (sinolo), da una "forma", l'anima, ed una "materia", il corpo. L'anima ? forma unitaria, eppure dotata di "parti" o facoltˆ gerarchicamente concepite (vegetativa, sensitiva, razionale); ? immanente alla materia corporea poichŽ ne causa lo sviluppo vitale - vegetativo, percettivo, conoscitivo, etico - ma, nella sua "parte" razionale, ? eterna, impassibile ed incorruttibile: dotata dunque - soprattutto nel De anima - d'una trascendenza che dalla materia irrimediabilmente la rescinde. La concezione immanentistica dell'anima propria dell'ilomorfismo e quella trascendente di estrazione platonica, le due opposte tensioni della lettera aristotelica coesistenti talvolta nella medesima opera, oppongono tra loro i principali testi dell'antropologia aristotelica, l'Ethica Nicomachea e il De anima. Queste contraddizioni, solo in parte riconducibili alle diverse fasi del pensiero dello Stagirita, spinsero i lettori antichi a definire Aristotele come Çdue filosofi diversi in una sola personaÈ (Luc., Vit. auct., 26), e gli esegeti medioevali a percorrerne le opposte direzioni di sviluppo con eccezionale forza creativa, sotto l'impulso della teologia cristiana e di quella islamica. La cristianitˆ, che aveva giˆ incardinato le proprie maggiori intuizioni antropologiche (l'incarnazione; la relazione di somiglianza tra uomo e Dio; l'amore di Dio per l'uomo e dell'uomo per il Creatore; la contemplazione di Dio come fine ultimo) nel quadro neoplatonico, fuse quest'ultimo con le dottrine de homine schiuse dalla diffusione latina dell'Ethica Nicomachea e del De anima. Questa fusione, giˆ tracciata dagli interpreti islamici, superava il dualismo tra anima corpo, che lo Stagirita aveva trasferito dall'iperuranio platonico all'interno del singolo vivente, con una potentissima immagine ontologica: una relazione causale tra Dio ed uomo, rappresentata da un processo continuo e "dinamico" che dallo spirito conduce alla carne e poi risale nuovamente verso lo spirito generatore, permette di sanare la discontinuitˆ tra forma e materia attraverso una poderosa spiritualizzazione del corpo, concepito in sostanza come ultimo effetto dello spirito: la Commedia dantesca segnerˆ in letteratura la massima espressione, fantastica e dottrinale ad un tempo, di quest'idea. Il grande "affresco ontologico" neoplatonico, combinato a quella cifra del divino (definizione di Karl Jaspers) che ? l'incarnazione cristiana, ? una straordinaria intuizione "visiva" e poetica dell'essere mentre si cala nel divenire e nel tempo, che esprimerˆ una vitalitˆ concettuale e semantica di lunghissima durata e di impareggiabile intensitˆ espressiva. Il neoplatonismo cristiano, che aveva permesso di neutralizzare la discontinuitˆ tra materia e forma implicata dallo statico sinolo aristotelico, consente di accogliere la dottrina della temperanza, cio? la communicatio tra ragione e senso teorizzata nella Nicomachea, che ? invece contraddetta dalla trascendenza dell'intelletto esposta nel De anima. Si affermano cos“, nel dibattito poetico sulla natura dell'amore che oppone Dante a Cavalcanti, due opposte concezioni dell'uomo: quella dantesca, legata alla Nicomachea, d'un individuo in cui l'anima sensitiva pu˜ esser governata dalla ragione e divenire parte dell'itinerario verso Dio, e quella cavalcantiana, ispirata al De anima, d'un uomo non-individuo, ma spezzato nelle due componenti d'un soggettivitˆ corporea (l'anima sensitiva cavalcantiana) e d'una intellettualitˆ trascendente ed universale cui il singolo pu˜ congiungersi solo se non dominato dalle passioni sensuali. Opporre il platonismo quattro-cinquecentesco all'aristotelismo scolastico ? quindi per certi aspetti un'ingenuitˆ storica: sul piano propriamente concettuale, l'Aristotele che pi? forte impatto ebbe sulla cultura letteraria due-trecentesca ? quello teologizzato attraverso le dottrine platoniche e neoplatoniche, come risulta ad esempio dal dibattito duecentesco sull'amore prodottosi in poesia (cap. VI). La dottrina dantesca (l'amore, temperato dalla ragione, diviene amore spirituale per Dio) risulta da elementi platonici in radice, ed ulteriormente platonizzati in sede teologica, del pensiero aristotelico (la dottrina della temperanza; Dio primo motore immobile che Çmuove in quanto ? amatoÈ). La soluzione dantesca prevarrˆ su quella cavalcantiana, fondata invece sul De anima - dunque sulla non comunicazione tra intelletto e senso-, e Ficino la sentirˆ cos“ vicina al proprio pensiero da impiegarla nel commento a Donna me prega per "rassettarne" i contenuti in senso neoplatonico. La concezione aristotelica del fatto vitale, potenzialmente interpretabile nelle opposte direzioni della trascendenza o dell'immanenza dello spirito, ? in ogni caso rigidamente finalistica; come nell'isola della Tempesta scespiriana, nel cosmo e nell'individuo aristotelico ogni cosa ha il suo posto, e l'obbligo di essere fruttifera. Il fine umano ?, per Aristotele, la realizzazione dell'anima razionale: l'uomo desidera per sua natura conoscere (Metaph. I 1); nel theretik˜s b“os, il concreto tipo di vita che permette la realizzazione di questo desiderio, risiede la felicitˆ (Eth. Nic. I e X). La massima esordiale della Metaphysica, posta ad esordio di monografie scolastiche di vario ambito disciplinare, in letteratura ? sentenza iniziale di un'enciclopedia (il Convivio di Dante, nel cap. IV), e della nostra pi? antica raccolta di novelle (il Novellino, nel cap.V). In entrambi i casi, questo tema serve a fondare finalitˆ e natura d'un genere letterario: nel I trattato del Convivio discendono dalla traccia di Metaph. I 1 i requisiti tecnici - cio? le competenze linguistiche - e morali del divulgatore, quindi il doppio valore, artistico e morale, della divulgazione scientifica. Nel proemio del Novellino la stessa traccia aristotelica dˆ nuovo fondamento concettuale alla vecchia concezione esemplare del racconto; il fine etico e conoscitivo della divulgazione scientifica e quello del racconto presentano tratti comuni assai pi? forti delle specificitˆ di genere. Causa o effetto di questa comune radice ideologica ? la natura concretamente "ibrida" delle due opere: il Convivio esprime la propria materia scientifica attraverso sviluppi spesso narrativi di tracce concettuali, mentre il Novellino alterna racconti e pezzi dottrinali. Dal secolo XII alla metˆ del XIV il theoretik˜s b“os aristotelico aveva costituito per la corporazione dei magistri universitari una formidabile proiezione teorica dell'autonomia del mestiere intellettuale, concretamente realizzata nelle universitˆ cittadine. La vita contemplativa teorizzata da Aristotele sottrae infatti lo studioso ai negotia pratici, ma lo mantiene in un orizzonte saldamente politico: in una dimensione urbana e non solitaria. Sul finire del Trecento la crisi economica che colp“ le cittˆ e le corporazioni - ridotte, da ceto medio, a livelli di sussitenza in certi casi comparabili a quelli delle masse rurali - coinvolse anche la categoria dei magistri. Le condizioni di lavoro dell'intellettuale scolastico entrarono in crisi; a ci˜ consegu“ un profondo ripensamento del modello di vita intellettuale che la cultura scolastica aveva espresso, sul piano concreto come su quello teorico. Il tema aristotelico del desiderio di conoscere, modello di rappresentazione della vita intellettuale dominante nella produzione letteraria duecentesca e primotrecentesca, ? oggetto d'una feroce critica complessiva, alla vigilia dell'umanesimo, nel De vita solitaria di Francesco Petrarca (cap. VII). Nel quadro de homine sin qui considerato ? centrale il valore della conoscenza; la gnoseologia aristotelica, inserita nella cornice cristiana dell'incarnazione e dell'uomo fatto ad immagine di Dio, offre una filosofia della "rappresentazione" in cui concetto ed immagine fantastica sono inscindibilmente intrecciati. Sul piano ontologico la forma ? eidos, immagine e struttura conferita alla materia; sul piano percettivo e gnoseologico, Aristotele insegna che, come all'unione tra anima e corpo ? necessario un ponte tra spirito e materia, costituito dalla funzione cardiaca e dallo pneuma, cos“ all'attivitˆ teoretica serve un ponte tra sensazione ed concetto, costituito dalla fantasia produttrice di immagini. A monte e a valle del processo conoscitivo sta quindi l'immagine: l'immagine sensibile, primo frutto della percezione e prima attivitˆ "creatrice" dell'anima, ? l'inizio del percorso; il concetto o idea - ancora una volta, quindi, l'immagine - ne costituisce il termine. Da questa unica radice, che ? appunto una rappresentazione di ordine visivo e concettuale ad un tempo, germoglia tanto la concettualizzazione quanto la rappresentazione artistica. La dottrina appena descritta si traduce nel carattere pi? profondo e complessivo della cultura letteraria delle origini, ed ? il filo rosso di questo libro: i grandi temi dell'antropologia aristotelica agiscono nella genesi della nostra letteratura sul duplice piano del fondamento teorico dell'opera letteraria, e su quello propriamente creativo del repertorio di immagini, ad esempio nella Commedia di Dante (il cuore come sede dell'anima e il sangue come suo veicolo nel cap. II. 1; l'anima come eidos, che conferisce struttura ed immagine al corpo nel cap. III). Con rigore euclideo poche linee concettuali congiungono in figura compatta temi chiave della letteratura italiana delle origini: sono le linee tracciate dall'indagine aristotelica intorno all'uomo. Alla straordinaria avventura linguistica e concettuale di Taddeo Alderotti, autore del pi? antico volgarizzamento dell'Ethica aristotelica, seguono opere in cui la letteratura ? mezzo per realizzare l'umano desiderio di conoscere, e indagine degli elementi che possono impedirne la realizzazione. Questa comune motivazione filosofica, ricca di conseguenze tecnico-linguistiche e morali, "fonda" la divulgazione scientifica del Convivio di Dante, la "filosofia del racconto" del Novellino, e il dibattito in poesia attorno alla natura dell'amore. A fine Trecento la crisi economico-sociale delle cittˆ e delle condizioni di lavoro del magister scolastico segna il declino di questo modello intellettuale, riflesso nel De vita solitaria di Petrarca: ? il tramonto del mondo due-trecentesco, un mondo in cui la frattura vichiana tra fantasia e concetto, tra immagine artisica e "struttura" scientifica non aveva ancora lacerato la nostra coscienza percettiva.

L'uomo aristotelico alle origini della letteratura italiana, prefazione di Peter Dronke / Gentili, Sonia. - STAMPA. - (2005), pp. 1-278.

L'uomo aristotelico alle origini della letteratura italiana, prefazione di Peter Dronke

GENTILI, Sonia
2005

Abstract

Euclidean conceptual rigor with a few lines joined in compact shape key themes of the origins of Italian literature: are the lines drawn from the survey Aristotelian around the man. One of the main vehicles through which the themes of Aristotelian homine came to our literary texts? a summary dell'Ethica Nicomachean said Summa alexandrinorum. This compendium from obscure origins (probably Alexandrian) text in which the Aristotelian ethics before it merged with the Islamic one and then with the Christian Aristotelian offers content supplemented by theological themes, and covered with integument of imagery of medieval frank invoice (eg deterioration of society as a regression of urban space to place uncultivated wilderness to cf. chap. III 4). The actual path of this progressive modernization of the Nicomachean coincides with that of translatio, linguistic and geographical compendium, greek Hellenism that leads to the Arabs, from the studium these thirteenth-century Paris, then to study in Padua and Bologna. The two Italian universities expressed in the care of this text compendiario, a "" philological "" return to genuine Aristotelian thought: this single criterion guid ~ both the vernacular of the text, conducted in Bologna by the physician and philosopher Thaddeus Alderotti, as the revision of the Latin text, due to scholars linked to Thaddeus. The dual restoration, which has the air of a single project to proceed Bologna-Padua, fiss ~ a brief but rigorous "" "" code of ethics of Aristotle which later spread all over Europe medieval (see chap. I). The Aristotelian conception of man, that ilomorfica,? characterized by contradictions that make it susceptible to opposing developments. The individual will? defined as consisting of, though indivisible (synolon), a "" form "," the soul, and a "" matter "," the body. The soul? unitary form, yet with "" parts "" faculty or hierarchically conceived (vegetative, sensitive, rational)? immanent to the material body poichŽ it causes the development life - vegetative, perceptual, cognitive, ethical - but, in his "" part "" rational? eternal, impassible and incorruptible has therefore - especially in the De anima - a transcendence of the material that irremediably cancels. The conception of immanence dell'ilomorfismo own soul and the transcendent Platonic extraction, the two opposing tensions of the letter of Aristotle sometimes coexisting in the same work, they oppose each other anthropology major texts of Aristotle, Nicomachean the Ethica and the De anima. These contradictions, only partly attributable to the different phases of the thought of Aristotle, urged readers to define ancient philosophers Aristotle as ctwo different personae in one (Luke, Vit auct., 26), and the medieval exegetes in the opposite percorrerne directions of development with exceptional creative force, under the impulse of Christian theology and of Islam. Christendom, which had already incardinated their major anthropological insights (the incarnation, the relation of similarity between man and God, the love of God to man and man to the Creator, and the contemplation of God as the ultimate ) within the neo-Platonic, the latter merged with the doctrines of homine hatched by the spread of Latin dell'Ethica Nicomachean Ethics and De Anima. This merger, already drawn by the interpreters Islamic exceeded the dualism between body, soul, which Aristotle had transferred dall'iperuranio Platonic within the individual living with a powerful ontological picture: a causal relationship between God and man, represented by a process continuous, "" dynamic "" by the spirit that leads to the meat and then back again to the spirit generator, allows you to heal the discontinuity between form and matter through a powerful spiritualization of the body, essentially conceived as the ultimate effect of the spirit: the Dante's Divine Comedy wi
2005
9788843033690
Con rigore euclideo poche linee concettuali congiungono in figura compatta temi chiave della letteratura italiana delle origini: sono le linee tracciate dall'indagine aristotelica intorno all'uomo. Uno dei principali veicoli attraverso cui i temi aristotelici de homine giunsero ai nostri testi letterari ? un sunto dell'Ethica Nicomachea detto Summa alexandrinorum. Questo compendio dalle origini oscure (probabilmente alessandrine), testo in cui l'etica aristotelica si fuse prima con quella islamica e poi con la cristiana, offre contenuti aristotelici completati da temi teologici, e rivestiti da integumenti immaginosi di schietta fattura medioevale (ad esempio il deterioramento della societˆ come regressione dello spazio urbano a luogo incolto, a selva; cfr. cap. III 4). La concreta via di questa progressiva modernizzazione della Nicomachea coincide con quella della translatio, linguistica e geografica, del compendio, che dall'ellenismo greco conduce agli arabi, da questi allo studium duecentesco di Parigi, indi agli studia di Padova e di Bologna. Le due universitˆ italiane espressero, nella cura di questo testo compendiario, un "filologico" ritorno al genuino pensiero aristotelico: quest'unico criterio guid˜ tanto il volgarizzamento del testo, condotto a Bologna dal medico e filosofo Taddeo Alderotti, quanto la revisione del testo latino, dovuta a studiosi legati a Taddeo. Il duplice restauro, che ha tutta l'aria di procedere da un unico progetto bolognese-padovano, fiss˜ un sintetico ma rigoroso "codice" di etica aristotelica diffusosi poi in mezza Europa medioevale (cfr. cap. I). La concezione aristotelica dell'uomo, detta ilomorfica, ? caratterizzata da contraddizioni che la rendono suscettibile di opposti sviluppi. L'individuo vi ? definito come composto, seppure indivisibile (sinolo), da una "forma", l'anima, ed una "materia", il corpo. L'anima ? forma unitaria, eppure dotata di "parti" o facoltˆ gerarchicamente concepite (vegetativa, sensitiva, razionale); ? immanente alla materia corporea poichŽ ne causa lo sviluppo vitale - vegetativo, percettivo, conoscitivo, etico - ma, nella sua "parte" razionale, ? eterna, impassibile ed incorruttibile: dotata dunque - soprattutto nel De anima - d'una trascendenza che dalla materia irrimediabilmente la rescinde. La concezione immanentistica dell'anima propria dell'ilomorfismo e quella trascendente di estrazione platonica, le due opposte tensioni della lettera aristotelica coesistenti talvolta nella medesima opera, oppongono tra loro i principali testi dell'antropologia aristotelica, l'Ethica Nicomachea e il De anima. Queste contraddizioni, solo in parte riconducibili alle diverse fasi del pensiero dello Stagirita, spinsero i lettori antichi a definire Aristotele come Çdue filosofi diversi in una sola personaÈ (Luc., Vit. auct., 26), e gli esegeti medioevali a percorrerne le opposte direzioni di sviluppo con eccezionale forza creativa, sotto l'impulso della teologia cristiana e di quella islamica. La cristianitˆ, che aveva giˆ incardinato le proprie maggiori intuizioni antropologiche (l'incarnazione; la relazione di somiglianza tra uomo e Dio; l'amore di Dio per l'uomo e dell'uomo per il Creatore; la contemplazione di Dio come fine ultimo) nel quadro neoplatonico, fuse quest'ultimo con le dottrine de homine schiuse dalla diffusione latina dell'Ethica Nicomachea e del De anima. Questa fusione, giˆ tracciata dagli interpreti islamici, superava il dualismo tra anima corpo, che lo Stagirita aveva trasferito dall'iperuranio platonico all'interno del singolo vivente, con una potentissima immagine ontologica: una relazione causale tra Dio ed uomo, rappresentata da un processo continuo e "dinamico" che dallo spirito conduce alla carne e poi risale nuovamente verso lo spirito generatore, permette di sanare la discontinuitˆ tra forma e materia attraverso una poderosa spiritualizzazione del corpo, concepito in sostanza come ultimo effetto dello spirito: la Commedia dantesca segnerˆ in letteratura la massima espressione, fantastica e dottrinale ad un tempo, di quest'idea. Il grande "affresco ontologico" neoplatonico, combinato a quella cifra del divino (definizione di Karl Jaspers) che ? l'incarnazione cristiana, ? una straordinaria intuizione "visiva" e poetica dell'essere mentre si cala nel divenire e nel tempo, che esprimerˆ una vitalitˆ concettuale e semantica di lunghissima durata e di impareggiabile intensitˆ espressiva. Il neoplatonismo cristiano, che aveva permesso di neutralizzare la discontinuitˆ tra materia e forma implicata dallo statico sinolo aristotelico, consente di accogliere la dottrina della temperanza, cio? la communicatio tra ragione e senso teorizzata nella Nicomachea, che ? invece contraddetta dalla trascendenza dell'intelletto esposta nel De anima. Si affermano cos“, nel dibattito poetico sulla natura dell'amore che oppone Dante a Cavalcanti, due opposte concezioni dell'uomo: quella dantesca, legata alla Nicomachea, d'un individuo in cui l'anima sensitiva pu˜ esser governata dalla ragione e divenire parte dell'itinerario verso Dio, e quella cavalcantiana, ispirata al De anima, d'un uomo non-individuo, ma spezzato nelle due componenti d'un soggettivitˆ corporea (l'anima sensitiva cavalcantiana) e d'una intellettualitˆ trascendente ed universale cui il singolo pu˜ congiungersi solo se non dominato dalle passioni sensuali. Opporre il platonismo quattro-cinquecentesco all'aristotelismo scolastico ? quindi per certi aspetti un'ingenuitˆ storica: sul piano propriamente concettuale, l'Aristotele che pi? forte impatto ebbe sulla cultura letteraria due-trecentesca ? quello teologizzato attraverso le dottrine platoniche e neoplatoniche, come risulta ad esempio dal dibattito duecentesco sull'amore prodottosi in poesia (cap. VI). La dottrina dantesca (l'amore, temperato dalla ragione, diviene amore spirituale per Dio) risulta da elementi platonici in radice, ed ulteriormente platonizzati in sede teologica, del pensiero aristotelico (la dottrina della temperanza; Dio primo motore immobile che Çmuove in quanto ? amatoÈ). La soluzione dantesca prevarrˆ su quella cavalcantiana, fondata invece sul De anima - dunque sulla non comunicazione tra intelletto e senso-, e Ficino la sentirˆ cos“ vicina al proprio pensiero da impiegarla nel commento a Donna me prega per "rassettarne" i contenuti in senso neoplatonico. La concezione aristotelica del fatto vitale, potenzialmente interpretabile nelle opposte direzioni della trascendenza o dell'immanenza dello spirito, ? in ogni caso rigidamente finalistica; come nell'isola della Tempesta scespiriana, nel cosmo e nell'individuo aristotelico ogni cosa ha il suo posto, e l'obbligo di essere fruttifera. Il fine umano ?, per Aristotele, la realizzazione dell'anima razionale: l'uomo desidera per sua natura conoscere (Metaph. I 1); nel theretik˜s b“os, il concreto tipo di vita che permette la realizzazione di questo desiderio, risiede la felicitˆ (Eth. Nic. I e X). La massima esordiale della Metaphysica, posta ad esordio di monografie scolastiche di vario ambito disciplinare, in letteratura ? sentenza iniziale di un'enciclopedia (il Convivio di Dante, nel cap. IV), e della nostra pi? antica raccolta di novelle (il Novellino, nel cap.V). In entrambi i casi, questo tema serve a fondare finalitˆ e natura d'un genere letterario: nel I trattato del Convivio discendono dalla traccia di Metaph. I 1 i requisiti tecnici - cio? le competenze linguistiche - e morali del divulgatore, quindi il doppio valore, artistico e morale, della divulgazione scientifica. Nel proemio del Novellino la stessa traccia aristotelica dˆ nuovo fondamento concettuale alla vecchia concezione esemplare del racconto; il fine etico e conoscitivo della divulgazione scientifica e quello del racconto presentano tratti comuni assai pi? forti delle specificitˆ di genere. Causa o effetto di questa comune radice ideologica ? la natura concretamente "ibrida" delle due opere: il Convivio esprime la propria materia scientifica attraverso sviluppi spesso narrativi di tracce concettuali, mentre il Novellino alterna racconti e pezzi dottrinali. Dal secolo XII alla metˆ del XIV il theoretik˜s b“os aristotelico aveva costituito per la corporazione dei magistri universitari una formidabile proiezione teorica dell'autonomia del mestiere intellettuale, concretamente realizzata nelle universitˆ cittadine. La vita contemplativa teorizzata da Aristotele sottrae infatti lo studioso ai negotia pratici, ma lo mantiene in un orizzonte saldamente politico: in una dimensione urbana e non solitaria. Sul finire del Trecento la crisi economica che colp“ le cittˆ e le corporazioni - ridotte, da ceto medio, a livelli di sussitenza in certi casi comparabili a quelli delle masse rurali - coinvolse anche la categoria dei magistri. Le condizioni di lavoro dell'intellettuale scolastico entrarono in crisi; a ci˜ consegu“ un profondo ripensamento del modello di vita intellettuale che la cultura scolastica aveva espresso, sul piano concreto come su quello teorico. Il tema aristotelico del desiderio di conoscere, modello di rappresentazione della vita intellettuale dominante nella produzione letteraria duecentesca e primotrecentesca, ? oggetto d'una feroce critica complessiva, alla vigilia dell'umanesimo, nel De vita solitaria di Francesco Petrarca (cap. VII). Nel quadro de homine sin qui considerato ? centrale il valore della conoscenza; la gnoseologia aristotelica, inserita nella cornice cristiana dell'incarnazione e dell'uomo fatto ad immagine di Dio, offre una filosofia della "rappresentazione" in cui concetto ed immagine fantastica sono inscindibilmente intrecciati. Sul piano ontologico la forma ? eidos, immagine e struttura conferita alla materia; sul piano percettivo e gnoseologico, Aristotele insegna che, come all'unione tra anima e corpo ? necessario un ponte tra spirito e materia, costituito dalla funzione cardiaca e dallo pneuma, cos“ all'attivitˆ teoretica serve un ponte tra sensazione ed concetto, costituito dalla fantasia produttrice di immagini. A monte e a valle del processo conoscitivo sta quindi l'immagine: l'immagine sensibile, primo frutto della percezione e prima attivitˆ "creatrice" dell'anima, ? l'inizio del percorso; il concetto o idea - ancora una volta, quindi, l'immagine - ne costituisce il termine. Da questa unica radice, che ? appunto una rappresentazione di ordine visivo e concettuale ad un tempo, germoglia tanto la concettualizzazione quanto la rappresentazione artistica. La dottrina appena descritta si traduce nel carattere pi? profondo e complessivo della cultura letteraria delle origini, ed ? il filo rosso di questo libro: i grandi temi dell'antropologia aristotelica agiscono nella genesi della nostra letteratura sul duplice piano del fondamento teorico dell'opera letteraria, e su quello propriamente creativo del repertorio di immagini, ad esempio nella Commedia di Dante (il cuore come sede dell'anima e il sangue come suo veicolo nel cap. II. 1; l'anima come eidos, che conferisce struttura ed immagine al corpo nel cap. III). Con rigore euclideo poche linee concettuali congiungono in figura compatta temi chiave della letteratura italiana delle origini: sono le linee tracciate dall'indagine aristotelica intorno all'uomo. Alla straordinaria avventura linguistica e concettuale di Taddeo Alderotti, autore del pi? antico volgarizzamento dell'Ethica aristotelica, seguono opere in cui la letteratura ? mezzo per realizzare l'umano desiderio di conoscere, e indagine degli elementi che possono impedirne la realizzazione. Questa comune motivazione filosofica, ricca di conseguenze tecnico-linguistiche e morali, "fonda" la divulgazione scientifica del Convivio di Dante, la "filosofia del racconto" del Novellino, e il dibattito in poesia attorno alla natura dell'amore. A fine Trecento la crisi economico-sociale delle cittˆ e delle condizioni di lavoro del magister scolastico segna il declino di questo modello intellettuale, riflesso nel De vita solitaria di Petrarca: ? il tramonto del mondo due-trecentesco, un mondo in cui la frattura vichiana tra fantasia e concetto, tra immagine artisica e "struttura" scientifica non aveva ancora lacerato la nostra coscienza percettiva.
Letteratura delle Origini, Aristotele
03 Monografia::03a Saggio, Trattato Scientifico
L'uomo aristotelico alle origini della letteratura italiana, prefazione di Peter Dronke / Gentili, Sonia. - STAMPA. - (2005), pp. 1-278.
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