Il ‘proprio’ (das Eigene) e l'‘estraneo’ (das Fremde) sono stati sempre concepiti come enti completamente separati, divisi da barriere insuperabili, da confini invalicabili. L'estraneo è stato dipinto come assolutamente “altro”, incomprensibile - unzugänglich - inaccessibile. Oggi decostruire queste categorie rigide non è solo una necessità “politica”, ma prima ancora una necessità storica, dettata dai fatti, dai fenomeni. «Transito», «transizione», «passaggio» sono tutti termini in cui traduco la parola tedesca Übergang che assomma tutte queste valenze semantiche. Il transito dell’estraneo ha sempre messo in crisi la presunta omogeneità del “proprio”, ha decostruito la società monoculturale e ha posto le basi per un passaggio di parole, di idee e di oggetti che provengono dall’estraneità, aprendo lo spazio a una comunicazione interculturale. Le ondate di migrazione che si sono succedute nel corso dei secoli hanno accentuato questo processo di “transizione” e di “passaggio” – e penso non solo agli ultimi decenni, ma anche alle invasioni barbariche e alla caduta dell’impero romano – che ha completamente decostruito qualsiasi ipotesi di società monoculturale. Ma il “passaggio” non ha solo un carattere “spaziale” – non si tratta solo del transito da un luogo all’altro – ha anche un carattere temporale. Bernhard Waldenfels sostiene che non è possibile concepire l’estraneo senza collocarlo in una dimensione spaziale, senza “localizzarlo”. Una topografia dell’estraneità, se da un lato richiama il topos, lo spazio pensato topograficamente (ossia la localizzazione dello spazio), corre d’altro lato il rischio di territorializzare di nuovo l’estraneità – che è proprio il modo pre-moderno di trattare il problema. L’estraneo esprime contemporaneamente una presenza e un’assenza. E’ un’ “assenza in care e ossa” che inquieta. Quando la composizione culturale della società civile era più omogenea era più facile localizzare il proprio e l’estraneo. Ma con la società multiculturale la “localizzazione” diventa quasi impossibile perché gli “spazi” dell’estraneo si confondono con quelli del “proprio” e – con la figura dell’ibrido – investono anche la sfera corporea. La seconda figura che mette in crisi il modello monoculturale è quella dell’eterotopia. Non tanto e non solo quando l’estraneo che è in noi entra in conflitto con i modelli culturali e comportamentali dominanti nel ‘proprio’, ma quando l’identità del soggetto si colloca negli spazi intermedi. Tra lo spazio del proprio e quello dell’estraneo si crea una zona intermedia e proprio in questo spazio intermedio si colloca la comunicazione interculturale in questo Dazwischen che è anche lo spazio degli studi culturali. E la caratteristica delle figure di cui ci siamo occupati – l’emigrato, l’ibrido, l’eterotopia – è proprio quella di collocarsi nel mezzo, “tra” diverse culture, quella di non essere riconducibile unicamente a questo o a quello, ma di essere “tra” questo e quello.
Topografia dell’estraneo / Ponzi, Mauro. - STAMPA. - (2008), pp. 15-32.
Topografia dell’estraneo
PONZI, Mauro
2008
Abstract
Il ‘proprio’ (das Eigene) e l'‘estraneo’ (das Fremde) sono stati sempre concepiti come enti completamente separati, divisi da barriere insuperabili, da confini invalicabili. L'estraneo è stato dipinto come assolutamente “altro”, incomprensibile - unzugänglich - inaccessibile. Oggi decostruire queste categorie rigide non è solo una necessità “politica”, ma prima ancora una necessità storica, dettata dai fatti, dai fenomeni. «Transito», «transizione», «passaggio» sono tutti termini in cui traduco la parola tedesca Übergang che assomma tutte queste valenze semantiche. Il transito dell’estraneo ha sempre messo in crisi la presunta omogeneità del “proprio”, ha decostruito la società monoculturale e ha posto le basi per un passaggio di parole, di idee e di oggetti che provengono dall’estraneità, aprendo lo spazio a una comunicazione interculturale. Le ondate di migrazione che si sono succedute nel corso dei secoli hanno accentuato questo processo di “transizione” e di “passaggio” – e penso non solo agli ultimi decenni, ma anche alle invasioni barbariche e alla caduta dell’impero romano – che ha completamente decostruito qualsiasi ipotesi di società monoculturale. Ma il “passaggio” non ha solo un carattere “spaziale” – non si tratta solo del transito da un luogo all’altro – ha anche un carattere temporale. Bernhard Waldenfels sostiene che non è possibile concepire l’estraneo senza collocarlo in una dimensione spaziale, senza “localizzarlo”. Una topografia dell’estraneità, se da un lato richiama il topos, lo spazio pensato topograficamente (ossia la localizzazione dello spazio), corre d’altro lato il rischio di territorializzare di nuovo l’estraneità – che è proprio il modo pre-moderno di trattare il problema. L’estraneo esprime contemporaneamente una presenza e un’assenza. E’ un’ “assenza in care e ossa” che inquieta. Quando la composizione culturale della società civile era più omogenea era più facile localizzare il proprio e l’estraneo. Ma con la società multiculturale la “localizzazione” diventa quasi impossibile perché gli “spazi” dell’estraneo si confondono con quelli del “proprio” e – con la figura dell’ibrido – investono anche la sfera corporea. La seconda figura che mette in crisi il modello monoculturale è quella dell’eterotopia. Non tanto e non solo quando l’estraneo che è in noi entra in conflitto con i modelli culturali e comportamentali dominanti nel ‘proprio’, ma quando l’identità del soggetto si colloca negli spazi intermedi. Tra lo spazio del proprio e quello dell’estraneo si crea una zona intermedia e proprio in questo spazio intermedio si colloca la comunicazione interculturale in questo Dazwischen che è anche lo spazio degli studi culturali. E la caratteristica delle figure di cui ci siamo occupati – l’emigrato, l’ibrido, l’eterotopia – è proprio quella di collocarsi nel mezzo, “tra” diverse culture, quella di non essere riconducibile unicamente a questo o a quello, ma di essere “tra” questo e quello.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.