Storicamente la cultura occidentale si è articolata nella divisione tra soggetti maschili produttivi e figure femminili relegate al lavoro domestico. La città è vissuta e percepita pertanto in maniera differente. Le donne che avevano – e tuttora hanno maggioritariamente – l’onere della cura, usavano lo spazio urbano condizionate dalla necessità di conciliare le esigenze del lavoro retribuito con quello non remunerato. Quartieri, scuole, mercati erano i luoghi frequentati quotidianamente, eppure prevalentemente progettati da un’identità maschile, spesso inconscia degli aspetti che ne condizionavano la qualità di fruizione. Il contributo vuole indagare la questione dell’architettura detta di genere concepita invece da una mano femminile: è questo il caso della produzione di Elena Luzzato Valentini, tra le più prolifiche protagoniste romane della prima metà del Novecento. Prima italiana laureata in Architettura alla Sapienza (allora Regia Scuola di Architettura) nel 1925, Luzzato entra negli uffici comunali (allora governatorato) nel 1926 dove si occupa principalmente della progettazione di scuole e mercati. Divenuta responsabile nel 1951 dell’Ufficio dell’Annona, dopo una lunga e lenta carriera osteggiata dal maschilismo del regime fascista, Luzzato ha la possibilità di sperimentare e mettere a punto la forma del mercato, studiando soluzioni di rapida ed economica realizzazione attente sia agli aspetti ambientali che a quelli di interazione e funzionalità sociale. Così, oltre al Mercato Nomentano del 1929, Luzzato è l’autrice della quasi totalità dei mercati delle borgate romane (Centocelle, Primavalle, Tufello per citarne alcuni). La produzione di Luzzato è ancora poco nota al pubblico. Acuisce questa lacuna la frequente omissione nei progetti della firma dell’autrice, timbrati piuttosto da figure maschili responsabili di gabinetto o divisione, appropriazione indebita che ha contribuito all’occultamento di questa e di altre floride protagoniste dell’architettura.
Tra spazi efficienti e luoghi della riproduzione sociale. Elena Luzzatto Valentini e l'attuazione di un pensiero funzionale / Di Egidio, Alessandro. - (2025), pp. 361-366.
Tra spazi efficienti e luoghi della riproduzione sociale. Elena Luzzatto Valentini e l'attuazione di un pensiero funzionale
Alessandro Di Egidio
2025
Abstract
Storicamente la cultura occidentale si è articolata nella divisione tra soggetti maschili produttivi e figure femminili relegate al lavoro domestico. La città è vissuta e percepita pertanto in maniera differente. Le donne che avevano – e tuttora hanno maggioritariamente – l’onere della cura, usavano lo spazio urbano condizionate dalla necessità di conciliare le esigenze del lavoro retribuito con quello non remunerato. Quartieri, scuole, mercati erano i luoghi frequentati quotidianamente, eppure prevalentemente progettati da un’identità maschile, spesso inconscia degli aspetti che ne condizionavano la qualità di fruizione. Il contributo vuole indagare la questione dell’architettura detta di genere concepita invece da una mano femminile: è questo il caso della produzione di Elena Luzzato Valentini, tra le più prolifiche protagoniste romane della prima metà del Novecento. Prima italiana laureata in Architettura alla Sapienza (allora Regia Scuola di Architettura) nel 1925, Luzzato entra negli uffici comunali (allora governatorato) nel 1926 dove si occupa principalmente della progettazione di scuole e mercati. Divenuta responsabile nel 1951 dell’Ufficio dell’Annona, dopo una lunga e lenta carriera osteggiata dal maschilismo del regime fascista, Luzzato ha la possibilità di sperimentare e mettere a punto la forma del mercato, studiando soluzioni di rapida ed economica realizzazione attente sia agli aspetti ambientali che a quelli di interazione e funzionalità sociale. Così, oltre al Mercato Nomentano del 1929, Luzzato è l’autrice della quasi totalità dei mercati delle borgate romane (Centocelle, Primavalle, Tufello per citarne alcuni). La produzione di Luzzato è ancora poco nota al pubblico. Acuisce questa lacuna la frequente omissione nei progetti della firma dell’autrice, timbrati piuttosto da figure maschili responsabili di gabinetto o divisione, appropriazione indebita che ha contribuito all’occultamento di questa e di altre floride protagoniste dell’architettura.| File | Dimensione | Formato | |
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