Ġālib Halasā (1932-1989), nato in Giordania ma vissuto per la maggior parte della sua vita esule in varie città del Mashreq, fu prolifico romanziere, traduttore di opere a tutt’oggi molto lette nel mondo arabo – su tutte, al-Ḥāris fī ḥaql al-šūfān (1983), traduzione di The Catcher in the Rye di J. D. Salinger, e Ǧamāliyyāt al-makān (1980), traduzione di La poétique de l’espace di Gaston Bachelard – e critico letterario e culturale. Nonostante la sua presenza ventennale nella letteratura araba (una presenza importante, come già accennato), Halasā è stato marginalizzato e quasi dimenticato tanto dall’accademia quanto dal mercato editoriale. L’accademia occidentale, salvo uno sparuto numero di studiosi che lo hanno brevemente menzionato nei loro lavori, ha ignorato pressoché totalmente lo scrittore giordano, che – a differenza di altri autori attivi negli anni Settanta e Ottanta in Egitto – non è stato neanche tradotto in altre lingue, se si escludono pochissime eccezioni. Quanto alla critica araba, essa è stata più generosa, ma occorre notare che la maggior parte dei saggi monografici su Halasā sono stati prodotti negli ambienti della critica letteraria giordana, alla ricerca di “eroi” di prestigio per rimpolpare un canone romanzesco nazionale ancora in via di costruzione. Apparentemente, Ġālib Halasā non è uno scrittore nella cui opera i luoghi assumono la densa materialità conferita loro da altri autori della sua generazione. Leggere l’opera halasiana attraverso le lenti dello spazio sperando di trovarvi lunghe e dettagliate descrizioni dei numerosi luoghi in cui l’autore ha vissuto, o una mappa coerente dell’incessante esilio di un intellettuale arabo à la Munīf, significa incorrere in una sicura delusione: la dimensione spaziale dell’opera di Halasā è rarefatta, sfocata, frammentaria; ma soprattutto, contrariamente alle aspettative che inevitabilmente si addensano intorno a uno scrittore dichiaratamente trotzkista, sono spazi in cui la dimensione privata prevale su quella pubblica fino a cooptarla del tutto. Sorprendentemente, dunque, lo spazio prediletto da Ġālib Halasā non è né quello monumentale dei luoghi deputati al monito storico o all’istituzionalizzazione della memoria, né quello collettivo e affollato dei luoghi pubblici, né quello imbevuto di ruralità folklorica e messo a disposizione di una certa ideologia. Benché non del tutto assenti nell’opera halasiana, questi luoghi sono decisamente meno frequenti di altri: la casa, il caffè, i giardini pubblici o privati, il luogo di lavoro – ovvero, siti borghesi, intimi, banali – godono della maggiore rappresentazione, in una geografia microscopica, in una «epopea delle piccole cose» (Tarpino 2008) che finisce tuttavia per essere rappresentativa di un modo ben preciso di vivere lo spazio, pubblico o privato che esso sia – un modo pervasivamente politico, pur nel suo essere sommessamente privato.
Geografie interiori. La costruzione dello spazio nella narrativa di Ġālib Halasā (1932-1989) / Fischione, Fernanda. - (2025).
Geografie interiori. La costruzione dello spazio nella narrativa di Ġālib Halasā (1932-1989)
Fernanda Fischione
2025
Abstract
Ġālib Halasā (1932-1989), nato in Giordania ma vissuto per la maggior parte della sua vita esule in varie città del Mashreq, fu prolifico romanziere, traduttore di opere a tutt’oggi molto lette nel mondo arabo – su tutte, al-Ḥāris fī ḥaql al-šūfān (1983), traduzione di The Catcher in the Rye di J. D. Salinger, e Ǧamāliyyāt al-makān (1980), traduzione di La poétique de l’espace di Gaston Bachelard – e critico letterario e culturale. Nonostante la sua presenza ventennale nella letteratura araba (una presenza importante, come già accennato), Halasā è stato marginalizzato e quasi dimenticato tanto dall’accademia quanto dal mercato editoriale. L’accademia occidentale, salvo uno sparuto numero di studiosi che lo hanno brevemente menzionato nei loro lavori, ha ignorato pressoché totalmente lo scrittore giordano, che – a differenza di altri autori attivi negli anni Settanta e Ottanta in Egitto – non è stato neanche tradotto in altre lingue, se si escludono pochissime eccezioni. Quanto alla critica araba, essa è stata più generosa, ma occorre notare che la maggior parte dei saggi monografici su Halasā sono stati prodotti negli ambienti della critica letteraria giordana, alla ricerca di “eroi” di prestigio per rimpolpare un canone romanzesco nazionale ancora in via di costruzione. Apparentemente, Ġālib Halasā non è uno scrittore nella cui opera i luoghi assumono la densa materialità conferita loro da altri autori della sua generazione. Leggere l’opera halasiana attraverso le lenti dello spazio sperando di trovarvi lunghe e dettagliate descrizioni dei numerosi luoghi in cui l’autore ha vissuto, o una mappa coerente dell’incessante esilio di un intellettuale arabo à la Munīf, significa incorrere in una sicura delusione: la dimensione spaziale dell’opera di Halasā è rarefatta, sfocata, frammentaria; ma soprattutto, contrariamente alle aspettative che inevitabilmente si addensano intorno a uno scrittore dichiaratamente trotzkista, sono spazi in cui la dimensione privata prevale su quella pubblica fino a cooptarla del tutto. Sorprendentemente, dunque, lo spazio prediletto da Ġālib Halasā non è né quello monumentale dei luoghi deputati al monito storico o all’istituzionalizzazione della memoria, né quello collettivo e affollato dei luoghi pubblici, né quello imbevuto di ruralità folklorica e messo a disposizione di una certa ideologia. Benché non del tutto assenti nell’opera halasiana, questi luoghi sono decisamente meno frequenti di altri: la casa, il caffè, i giardini pubblici o privati, il luogo di lavoro – ovvero, siti borghesi, intimi, banali – godono della maggiore rappresentazione, in una geografia microscopica, in una «epopea delle piccole cose» (Tarpino 2008) che finisce tuttavia per essere rappresentativa di un modo ben preciso di vivere lo spazio, pubblico o privato che esso sia – un modo pervasivamente politico, pur nel suo essere sommessamente privato.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.


