Le articolate dinamiche comunitarie e religiose che caratterizzano le diaspore sud-asiatiche in Italia sono al centro di un corpus di studi in costante crescita. Tuttavia, il quadro si complica nel momento in cui si abbandona la prospettiva implicitamente eterosessuale che caratterizza gran parte di tali ricerche, per concentrarsi, invece, su soggetti al contempo diasporici e “queer”, vale a dire posti all’esterno o ai margini dei regimi di eteronormatività ed eterosessualità obbligatoria vigenti sia nei Paesi di partenza che d’arrivo. Su questo sfondo, il presente contributo aspira a fornire un’analisi preliminare delle possibili strategie di negoziazione di omosessualità e fede all’interno dello spazio complesso delle diaspore sud-asiatiche in Italia. Attraverso la presentazione del caso di studio costituito dal documentario Allah Loves Equality di Wajahat Abbas Kazmi – regista pakistano apertamente gay e musulmano arrivato in Italia da adolescente –, nonché dei risultati preliminari della ricerca di Dottorato recentemente avviata nella città di Roma, il contributo vuole evidenziare come la queerness costituisca un fattore fondamentale, sebbene spesso nascosto o ignorato, nel determinare il modo in cui l’appartenenza nazionale e religiosa vengono rinegoziate, ricostruite e narrate nello spazio della diaspora. In particolare, il documentario preso in esame fornisce un esempio di come la narrazione del luogo “d’origine” agisca da strumento privilegiato per rispondere alle sfide implicite nell’occupare la posizionalità contestata di soggetto al contempo gay, pakistano e musulmano in Italia. Attraverso la costruzione filmica di un Pakistan queer “immaginato” destinata al pubblico italiano, il regista compie infatti due operazioni complementari: utilizza la sfera del queer come mezzo per riabilitare il Pakistan e l’islam dalle costruzioni islamofobe che ne vengono fatte all’interno del contesto italiano; e, contestualmente, trasforma lo spazio storico-geografico del Pakistan nello strumento per sottrarre la coesistenza di queerness e islam dal regime di impossibilità a cui quelle stesse costruzioni discorsive la relegano.
Negoziare omosessualità e fede nella migrazione dal Sud Asia all'Italia. Il caso del documentario "Allah Loves Equality" / Infantino, Valeria. - (2022). (Intervento presentato al convegno Oltre la globalizzazione: Narrazioni / Narratives tenutosi a Como, Italia).
Negoziare omosessualità e fede nella migrazione dal Sud Asia all'Italia. Il caso del documentario "Allah Loves Equality"
Valeria Infantino
2022
Abstract
Le articolate dinamiche comunitarie e religiose che caratterizzano le diaspore sud-asiatiche in Italia sono al centro di un corpus di studi in costante crescita. Tuttavia, il quadro si complica nel momento in cui si abbandona la prospettiva implicitamente eterosessuale che caratterizza gran parte di tali ricerche, per concentrarsi, invece, su soggetti al contempo diasporici e “queer”, vale a dire posti all’esterno o ai margini dei regimi di eteronormatività ed eterosessualità obbligatoria vigenti sia nei Paesi di partenza che d’arrivo. Su questo sfondo, il presente contributo aspira a fornire un’analisi preliminare delle possibili strategie di negoziazione di omosessualità e fede all’interno dello spazio complesso delle diaspore sud-asiatiche in Italia. Attraverso la presentazione del caso di studio costituito dal documentario Allah Loves Equality di Wajahat Abbas Kazmi – regista pakistano apertamente gay e musulmano arrivato in Italia da adolescente –, nonché dei risultati preliminari della ricerca di Dottorato recentemente avviata nella città di Roma, il contributo vuole evidenziare come la queerness costituisca un fattore fondamentale, sebbene spesso nascosto o ignorato, nel determinare il modo in cui l’appartenenza nazionale e religiosa vengono rinegoziate, ricostruite e narrate nello spazio della diaspora. In particolare, il documentario preso in esame fornisce un esempio di come la narrazione del luogo “d’origine” agisca da strumento privilegiato per rispondere alle sfide implicite nell’occupare la posizionalità contestata di soggetto al contempo gay, pakistano e musulmano in Italia. Attraverso la costruzione filmica di un Pakistan queer “immaginato” destinata al pubblico italiano, il regista compie infatti due operazioni complementari: utilizza la sfera del queer come mezzo per riabilitare il Pakistan e l’islam dalle costruzioni islamofobe che ne vengono fatte all’interno del contesto italiano; e, contestualmente, trasforma lo spazio storico-geografico del Pakistan nello strumento per sottrarre la coesistenza di queerness e islam dal regime di impossibilità a cui quelle stesse costruzioni discorsive la relegano.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.


