Nella scena seconda del quinto atto si consuma la tragedia di Otello. L’agone di cui siamo stati spettatori raggiunge il culmine. L’accesso di gelosia di cui Otello è divenuto eponimo – in psicopatologia si indica con sindrome di Otello il disturbo ossessivo/delirante che trasforma il sentimento della gelosia in una morbosità paranoide – diviene la colpa cruciale che evidenza la sua debolezza e ne sancisce il destino tragico. Otello non avrebbe dovuto farsi dominare dai pensieri perversi instillati dal diabolico Iago, e avrebbe dovuto contenere il suo comportamento deviante. Sembrerebbe una spiegazione lineare, tuttavia questo atteggiamento moralistico-prescrittivo porta inevitabilmente con sé una valutazione riduttiva di ciò che costituisce l’elemento tragico, spesso più straniante e doloroso di quanto possa apparire in superfice. La gelosia ha di certo un ruolo importante ma altresì parziale nella vicenda di Otello e il suo significato non è poi così rilevante in termini di senso tragico nel testo shakespeariano. L’ultima scena, quindi, inizia con quello che Andrew Bennett e Nicholas Royle (2004) definiscono uno dei più angosciosi e intollerabili soliloqui del teatro shakespeariano: «It is the cause, it is the cause, my soul! / Let me not name it to you, you chaste stars / it is the cause» (V 2, 1-3). Il disperato tentativo di identificare la causa, tuttavia, non porta a spiegazioni: non conosciamo l’oscura meditazione di Otello, avviata prima dell’attacco di questa scena, e resta quindi sospesa nella tensione per l’incapacità di dare un nome a qualcosa che non può avere un nome, nella sua profonda difformità dal consueto, e si rimane nel dubbio su quale sia davvero il senso della reiterata equivoca parola cause. Qual potrebbe essere davvero la causa di tutto?

Otello, un ossimoro a Venezia / Dattola, Pietro; Peghinelli, Andrea. - (2025), pp. 9-25.

Otello, un ossimoro a Venezia

Peghinelli, Andrea
Primo
2025

Abstract

Nella scena seconda del quinto atto si consuma la tragedia di Otello. L’agone di cui siamo stati spettatori raggiunge il culmine. L’accesso di gelosia di cui Otello è divenuto eponimo – in psicopatologia si indica con sindrome di Otello il disturbo ossessivo/delirante che trasforma il sentimento della gelosia in una morbosità paranoide – diviene la colpa cruciale che evidenza la sua debolezza e ne sancisce il destino tragico. Otello non avrebbe dovuto farsi dominare dai pensieri perversi instillati dal diabolico Iago, e avrebbe dovuto contenere il suo comportamento deviante. Sembrerebbe una spiegazione lineare, tuttavia questo atteggiamento moralistico-prescrittivo porta inevitabilmente con sé una valutazione riduttiva di ciò che costituisce l’elemento tragico, spesso più straniante e doloroso di quanto possa apparire in superfice. La gelosia ha di certo un ruolo importante ma altresì parziale nella vicenda di Otello e il suo significato non è poi così rilevante in termini di senso tragico nel testo shakespeariano. L’ultima scena, quindi, inizia con quello che Andrew Bennett e Nicholas Royle (2004) definiscono uno dei più angosciosi e intollerabili soliloqui del teatro shakespeariano: «It is the cause, it is the cause, my soul! / Let me not name it to you, you chaste stars / it is the cause» (V 2, 1-3). Il disperato tentativo di identificare la causa, tuttavia, non porta a spiegazioni: non conosciamo l’oscura meditazione di Otello, avviata prima dell’attacco di questa scena, e resta quindi sospesa nella tensione per l’incapacità di dare un nome a qualcosa che non può avere un nome, nella sua profonda difformità dal consueto, e si rimane nel dubbio su quale sia davvero il senso della reiterata equivoca parola cause. Qual potrebbe essere davvero la causa di tutto?
2025
Otello di William Shakespeare Testo completo e analisi drammaturgica
9788875275655
Othello; tragedia; tragico shakespeariano
02 Pubblicazione su volume::02a Capitolo o Articolo
Otello, un ossimoro a Venezia / Dattola, Pietro; Peghinelli, Andrea. - (2025), pp. 9-25.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11573/1749139
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