L’eredità morale della guerra e la persistenza di un nesso costitutivo tra politica e violenza legittima nel quadro delle relazioni internazionali hanno rappresentato un elemento organico, ancorché permeabile, della cultura politica del Pci nei primi anni della guerra fredda. La dimensione articolata e plurale della politica di massa sperimentata dai comunisti nel contesto della transizione costituzionale democratica non rappresentò, da questo punto di vista, un inequivocabile elemento di mitigazione della logica identitaria forgiata nel lungo ciclo storico guerra totale-rivoluzione. Ciclo innescato dalla crisi mondiale del 1914 e dalla correlata trasformazione del settario partito bolscevico russo in un movimento rivoluzionario globale, organicamente inserito nella politica di potenza dello Stato sovietico. All’interno di questo quadro la politica delle donne comuniste si configurò – su un piano di confronto tra diverse generazioni di attiviste – come la ricerca di un possibile (invero, nei fatti, assai complicato) contemperamento tra l’etica militante – fondata sulla disciplina, sull’osservanza del principio dell’unità politica e ideologica del Partito, sulla rigida applicazione del “centralismo democratico”, sull’emulazione di modelli politico-culturali maschili – e l’aspirazione a una propria autonoma soggettività politica e culturale. L’intervento cercherà di ripercorrere i momenti essenziali di questo processo analizzando il contributo delle donne comuniste alla politica del partito sui temi internazionali, sulle prospettive della guerra e della pace, sui problemi organizzativi e strategici del movimento comunista internazionale. Sarà evidenziata in particolare la difficoltà del gruppo dirigente femminile centrale e della corrente comunista dell’UDI di sperimentare autonome forme di elaborazione politica sul terreno internazionale e di distaccarsi dal tradizionale, e spesso deprecato (quanto meno nei documenti riservati interni) “burocratismo” delle iniziative condotte nell’ambito della “lotta per la pace”. L’evoluzione del discorso interno femminile sui temi internazionali e quello del Partito viaggiarono dunque sostanzialmente di pari passo fino alla fine degli anni sessanta, senza significative differenziazioni, e lungo un tracciato che dal “pacifismo strumentale” della fine anni quaranta, primi anni cinquanta – fondato sulla continuità con l’universo etico-valoriale della lotta di liberazione nazionale, sul fondamentale ruolo riconosciuto alla “violenza legittima” e alla “giusta” guerra, nonché su un esplicito uso politico e propagandistico della differenza biologica e della maternità – lentamente andò evolvendo verso le prudenti posizioni di “mediazione policentrista” e di apertura terzomondista dell’ultimo Togliatti. Evoluzione testimoniata dalle crescenti difficoltà che cominciarono a riverberarsi, sin dall’inizio degli anni Sessanta, anche nel quadro istituzionale dei rapporti tra l’UDI e la Federazione Democratica Internazionale delle Donne. Fu dunque sul terreno delle lotte per l’emancipazione e dei diritti delle donne – in un contesto politico segnato dai rapporti non di rado tesi e problematici tra il Partito e alcuni settori e personalità del gruppo dirigente femminile, tra la Sezione femminile del Pci e l’UDI, nonché tra questa e le organizzazioni femminili concorrenti (laiche e cattoliche) – che l’istanza di una maggiore autonomia del “lavoro femminile” poté trovare una più chiara definizione e un concreto terreno strategico su cui svilupparsi. Un terreno che nell’irrequieta atmosfera etica e politico-culturale degli anni sessanta avrebbe finito per rivelarsi propizio all’apertura di spazi di confronto politico con altre organizzazioni femminili (in particolare con quelle cattoliche investite dalla novità della teologia politica post-conciliare) proprio sui temi, ideologicamente divisivi, della pace, della politica internazionale e della lotta contro l’imperialismo.

La politica internazionale delle donne comuniste tra guerra fredda e coesistenza competitiva / Guiso, Andrea. - (2025), pp. 185-205.

La politica internazionale delle donne comuniste tra guerra fredda e coesistenza competitiva

Andrea Guiso
2025

Abstract

L’eredità morale della guerra e la persistenza di un nesso costitutivo tra politica e violenza legittima nel quadro delle relazioni internazionali hanno rappresentato un elemento organico, ancorché permeabile, della cultura politica del Pci nei primi anni della guerra fredda. La dimensione articolata e plurale della politica di massa sperimentata dai comunisti nel contesto della transizione costituzionale democratica non rappresentò, da questo punto di vista, un inequivocabile elemento di mitigazione della logica identitaria forgiata nel lungo ciclo storico guerra totale-rivoluzione. Ciclo innescato dalla crisi mondiale del 1914 e dalla correlata trasformazione del settario partito bolscevico russo in un movimento rivoluzionario globale, organicamente inserito nella politica di potenza dello Stato sovietico. All’interno di questo quadro la politica delle donne comuniste si configurò – su un piano di confronto tra diverse generazioni di attiviste – come la ricerca di un possibile (invero, nei fatti, assai complicato) contemperamento tra l’etica militante – fondata sulla disciplina, sull’osservanza del principio dell’unità politica e ideologica del Partito, sulla rigida applicazione del “centralismo democratico”, sull’emulazione di modelli politico-culturali maschili – e l’aspirazione a una propria autonoma soggettività politica e culturale. L’intervento cercherà di ripercorrere i momenti essenziali di questo processo analizzando il contributo delle donne comuniste alla politica del partito sui temi internazionali, sulle prospettive della guerra e della pace, sui problemi organizzativi e strategici del movimento comunista internazionale. Sarà evidenziata in particolare la difficoltà del gruppo dirigente femminile centrale e della corrente comunista dell’UDI di sperimentare autonome forme di elaborazione politica sul terreno internazionale e di distaccarsi dal tradizionale, e spesso deprecato (quanto meno nei documenti riservati interni) “burocratismo” delle iniziative condotte nell’ambito della “lotta per la pace”. L’evoluzione del discorso interno femminile sui temi internazionali e quello del Partito viaggiarono dunque sostanzialmente di pari passo fino alla fine degli anni sessanta, senza significative differenziazioni, e lungo un tracciato che dal “pacifismo strumentale” della fine anni quaranta, primi anni cinquanta – fondato sulla continuità con l’universo etico-valoriale della lotta di liberazione nazionale, sul fondamentale ruolo riconosciuto alla “violenza legittima” e alla “giusta” guerra, nonché su un esplicito uso politico e propagandistico della differenza biologica e della maternità – lentamente andò evolvendo verso le prudenti posizioni di “mediazione policentrista” e di apertura terzomondista dell’ultimo Togliatti. Evoluzione testimoniata dalle crescenti difficoltà che cominciarono a riverberarsi, sin dall’inizio degli anni Sessanta, anche nel quadro istituzionale dei rapporti tra l’UDI e la Federazione Democratica Internazionale delle Donne. Fu dunque sul terreno delle lotte per l’emancipazione e dei diritti delle donne – in un contesto politico segnato dai rapporti non di rado tesi e problematici tra il Partito e alcuni settori e personalità del gruppo dirigente femminile, tra la Sezione femminile del Pci e l’UDI, nonché tra questa e le organizzazioni femminili concorrenti (laiche e cattoliche) – che l’istanza di una maggiore autonomia del “lavoro femminile” poté trovare una più chiara definizione e un concreto terreno strategico su cui svilupparsi. Un terreno che nell’irrequieta atmosfera etica e politico-culturale degli anni sessanta avrebbe finito per rivelarsi propizio all’apertura di spazi di confronto politico con altre organizzazioni femminili (in particolare con quelle cattoliche investite dalla novità della teologia politica post-conciliare) proprio sui temi, ideologicamente divisivi, della pace, della politica internazionale e della lotta contro l’imperialismo.
2025
Donne comuniste nell'Italia del Novecento
9791254697078
Donne; Partito comunista italiano; Guerra fredda; Politica internazionale
02 Pubblicazione su volume::02a Capitolo o Articolo
La politica internazionale delle donne comuniste tra guerra fredda e coesistenza competitiva / Guiso, Andrea. - (2025), pp. 185-205.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11573/1735600
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