La cosiddetta globalizzazione dei talenti sembra la via verso la quale sempre più ci si sta avviando. Il talento è ovunque: le organizzazioni si tramutano in networks e il talento trascende i luoghi, viene cercato e comprato ovunque nel mondo. È già cambiata e sempre più cambierà, la concezione del lavoro. Il lavoro trascende lo spazio e il tempo e i cambiamenti velocemente sopraggiunti ci hanno portato (anche per merito/colpa di eventi inattesi quali il Covid) alla fine del luogo e dell’orario di lavoro. Il lavoro si è fatto atemporale e aspaziale, ci segue ovunque, può essere svolto a qualsiasi ora. Il lavoro quindi (almeno per certi tipi di lavoro) diventa sempre più autonomo e sempre più sen-za confini. Le imprese diventano social, si va verso i network di esperti che si aprono e si chiudono a seconda delle esigenze, che mutano al mutare della domanda, in tempo reale. Inoltre tutto diventa mobile, ogni funzione che conosciamo e che ci serve, si sta spostando o si è già spostata su un supporto mobile: dai servizi, all’informazione tutto ci segue ovunque, il nostro intero mondo è e sempre più sarà là dove siamo noi. Se osserviamo il panorama nazionale, gli ultimi dati Istat disponibili (Istat, 2024), elaborati sull’Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero (Aire), evidenziano come, ad esempio, nel corso del 2022 siano espatriate quasi cento-mila persone di cittadinanza italiana portando l’ammontare di residenti all’estero a sfiorare i 6 milioni. Inoltre, Istat evidenzia come, da un lato, tra le e i 100mila emigrati nel corso del 2022, il 32,5% sia in possesso di un diploma e il 30,7% almeno di una laurea, mentre in media i concittadini rimpatriati siano meno giovani e meno istruiti (Istat, 2024), provocando quindi per il Paese una perdita di talenti, competenze e innovazione. In questo quadro si inscrivono le nostre riflessioni e ricerche sulla mobilità dei ricercatori e delle ricercartici. Va detto che, nonostante le iniziative di vario genere intraprese al livello nazionale o sovranazionale, emerge, ancora, in Europa e in Italia una forte discriminazione di genere nelle carriere che tende ad ampliarsi lungo tutto l’arco della vita lavorativa determinando, così, uno spreco di talenti che, in termini economici, produce un sotto utilizzo di risorse umane femminili altamente qualificate (European Commission, 2021). Sono molteplici i fattori che determinano tale squilibrio, e in questo articolo ci soffermeremo su quelli relativi alla mobilità internazionale delle ricercatrici, basandoci sui risultati di un lavoro di ricerca congiunto portato avanti dal CNR-Irpps e dal Ministero per gli Affari Esteri e la Cooperazione Inter-nazionale
Mobilità delle donne / Marchesini, Nicolo'; Avveduto, Sveva; Crescimbene, Cristiana. - (2025), pp. 53-64. [10.5281/zenodo.15048099].
Mobilità delle donne
Nicolo' Marchesini
;Sveva Avveduto;
2025
Abstract
La cosiddetta globalizzazione dei talenti sembra la via verso la quale sempre più ci si sta avviando. Il talento è ovunque: le organizzazioni si tramutano in networks e il talento trascende i luoghi, viene cercato e comprato ovunque nel mondo. È già cambiata e sempre più cambierà, la concezione del lavoro. Il lavoro trascende lo spazio e il tempo e i cambiamenti velocemente sopraggiunti ci hanno portato (anche per merito/colpa di eventi inattesi quali il Covid) alla fine del luogo e dell’orario di lavoro. Il lavoro si è fatto atemporale e aspaziale, ci segue ovunque, può essere svolto a qualsiasi ora. Il lavoro quindi (almeno per certi tipi di lavoro) diventa sempre più autonomo e sempre più sen-za confini. Le imprese diventano social, si va verso i network di esperti che si aprono e si chiudono a seconda delle esigenze, che mutano al mutare della domanda, in tempo reale. Inoltre tutto diventa mobile, ogni funzione che conosciamo e che ci serve, si sta spostando o si è già spostata su un supporto mobile: dai servizi, all’informazione tutto ci segue ovunque, il nostro intero mondo è e sempre più sarà là dove siamo noi. Se osserviamo il panorama nazionale, gli ultimi dati Istat disponibili (Istat, 2024), elaborati sull’Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero (Aire), evidenziano come, ad esempio, nel corso del 2022 siano espatriate quasi cento-mila persone di cittadinanza italiana portando l’ammontare di residenti all’estero a sfiorare i 6 milioni. Inoltre, Istat evidenzia come, da un lato, tra le e i 100mila emigrati nel corso del 2022, il 32,5% sia in possesso di un diploma e il 30,7% almeno di una laurea, mentre in media i concittadini rimpatriati siano meno giovani e meno istruiti (Istat, 2024), provocando quindi per il Paese una perdita di talenti, competenze e innovazione. In questo quadro si inscrivono le nostre riflessioni e ricerche sulla mobilità dei ricercatori e delle ricercartici. Va detto che, nonostante le iniziative di vario genere intraprese al livello nazionale o sovranazionale, emerge, ancora, in Europa e in Italia una forte discriminazione di genere nelle carriere che tende ad ampliarsi lungo tutto l’arco della vita lavorativa determinando, così, uno spreco di talenti che, in termini economici, produce un sotto utilizzo di risorse umane femminili altamente qualificate (European Commission, 2021). Sono molteplici i fattori che determinano tale squilibrio, e in questo articolo ci soffermeremo su quelli relativi alla mobilità internazionale delle ricercatrici, basandoci sui risultati di un lavoro di ricerca congiunto portato avanti dal CNR-Irpps e dal Ministero per gli Affari Esteri e la Cooperazione Inter-nazionale| File | Dimensione | Formato | |
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