L’AUA, Architetti Urbanisti Associati, (1961-1965), uno degli studi romani apparsi, all’inizio degli anni Sessanta, con intenzioni decisamente innovative, si formò come evoluzione di un gruppo spontaneo di studenti di Architettura della Sapienza impegnati sia nella politica universitaria (Unione Goliardica Italiana) sia in una partecipazione fortemente critica al dibattito sugli indirizzi culturali e formativi della Facoltà. In quella prima fase (1958-1961) il gruppo non ebbe un nome e fu individuato semplicemente come “gli studenti di Via Tiepolo”, dall’indirizzo della sede comune dove, oltre a studiare, disegnare, progettare, essi resero permanente il confronto intellettuale e politico tra loro stessi e con molti altri amici e colleghi che della frequentazione di “via Tiepolo” fecero un complemento importante della propria formazione di architetti. Quel primo gruppo – “gli studenti di Via Tiepolo” – è oggi noto e ricordato in particolare come il promotore e l’animatore della prima organizzazione studentesca spontanea di Facoltà, l’Associazione Studenti ed Architetti, ASeA, che fu protagonista, nella scuola, delle prime importanti azioni di contestazione e di proposta culturale innovativa; nei fatti, occorre riferirsi all’ASeA per comprendere le ragioni prime della scelta associativa fatta da quel gruppo di studenti, che divenne presto culturalmente omogeneo e coeso, intenzionato a sviluppare la propria azione di rinnovamento trasferendolo dal campo universitario a quello della pratica architettonica e urbanistica; che essi affrontarono fondando, poi, l’AUA (Architetti e Urbanisti Associati) non appena i primi di loro raggiunsero la laurea. Gli anni in cui il gruppo fu attivo e manifestò subito un atteggiamento anticonformista, sono stati densi di eventi e rivolgimenti nella politica e nella cultura nazionale ed internazionale. Fra le più significative attività del gruppo vi furono: azioni di auto-formazione e didattica auto-gestita per le matricole, con l’intento di superare la silenziosa censura che alcuni fondamentali corsi di storia e di progettazione della Facoltà stendevano sull’attualità dell’architettura (Movimento moderno, New Brutalism, Nuove Avanguardie); la partecipazione ad importanti concorsi di progettazione, non pochi dei quali con esiti positivi o con premi come, ad esempio, fu nei concorsi per la Rocca di Fano, per il restauro e il riuso della Cittadella Rinascimentale di Parma, per l’Ospedale di Cannaregio a Venezia, per il Centro direzionale di Torino. In parallelo il gruppo sviluppò una fondamentale attività editoriale che incluse la partecipazione alla serie di monografie – edizioni Cappelli – sull’architettura moderna nei paesi guida dell’architettura contemporanea (Gran Bretagna, Giappone, Stati Uniti, Unione Sovietica ecc.) e l’elaborazione di saggi e interventi in seno al dibattito architettonico animato dalle riviste “Casabella”, “L’architettura. Cronache e Storia” ed altre. Molti, quasi tutti i componenti del gruppo, iniziarono presto un impegno in campo accademico che avrebbe portato alcuni di loro, in fasi diverse, ad essere protagonisti del moto di rinnovamento che animò le Facoltà di Architettura italiane dopo gli anni Sessanta del secolo scorso. Contemporaneamente, essi tentarono una via alla professione fondata sull’impegno dei progettisti a farsi suscitatori e organizzatori di un committente sociale collettivo da rendere consapevolmente partecipe delle scelte progettuali sul proprio “abitare la città”. Un impegno che, iniziato nell’AUA, coinvolse non pochi suoi componenti per anni, prima e dopo lo scioglimento del gruppo, in stretta collaborazione con la Lega delle Cooperative. Nel 1964, l’anno prima dello scioglimento consensuale, l’AUA raggiunse il numero di 14 componenti: Lucio Barbera, Sergio Bracco, Sandro Calza Bini, Enrico Fattinnanzi, Massimo La Perna, Claudio Maroni, Gianfranco Moneta, Maurizio Moretti, Giorgio Piccinato, Vieri Quilici, Stefano Ray, Bernardo Rossi Doria, Manfredo Tafuri, Massimo Teodori. Tre in più rispetto agli 11 firmatari del Manifesto dell’ASeA, anche se furono soltanto otto i firmatari della prima Dichiarazione d’intenti dell’AUA, intitolata Architettura e Società, che stabiliva scopi, indirizzi e metodi di una professione rinnovata. Il gruppo ASeA-AUA fu tra gli organizzatori della prima occupazione studentesca della Facoltà di Roma nel 1956 per contestare, assieme ad altre sedi universitarie nazionali, una legge (n. 1378, 8 dicembre 1956) che, reintroducendo gli esami di stato, permetteva agli ingegneri di iscriversi all’Ordine degli architetti rendendo praticamente impossibile l’inverso. La seconda occupazione della Facoltà (dicembre 1960), più nota e documentata, ebbe l’effetto di una vera e propria deflagrazione del dissenso degli studenti intellettualmente più impegnati rispetto all’insegnamento di Saverio Muratori, dominante negli anni finali del Corso di Laurea. Ben note sono anche le vicende – riportate sulla rivista Architettura Cronache e Storia – della mostra organizzata dal gruppo ASeA-AUA alla Fondazione Olivetti, nella quale fu presentato il cosiddetto “Tavolo degli Orrori” composto con progetti elaborati nei Corsi del professor Muratori con chiarissimo – e ideologico – riferimento alla Seconda Esposizione dell’Architettura Razionale Italiana del 1931. Quell’occupazione e le manifestazioni ad essa collegate, aprirono un intenso e persino drammatico periodo di riforma della scuola d’Architettura. L’iniziativa del gruppo aveva dato forza a una latente insoddisfazione di parte del Consiglio di Facoltà nei riguardi dei metodi e delle concezioni didattiche di Saverio Muratori. Nei due anni successivi all’iniziativa degli studenti la Facoltà in un primo momento offrì un corso alternativo ai corsi muratoriani affidandolo – dopo una breve, ma brillante transizione affidata a Saul Greco – ad Adalberto Libera, chiamato appositamente da Firenze per insegnare a Roma. Ma pochi mesi dopo la Facoltà fece un ulteriore e più deciso balzo in avanti, rispondendo alla morte improvvisa e drammatica dello stesso Libera, con un ancora più deciso impegno riformatore che ebbe come culmine il Convegno del Roxy (novembre 1963) che celebrò il ritorno nella Facoltà di Architettura di Roma di Luigi Piccinato e Ludovico Quaroni e la chiamata di Bruno Zevi da Venezia. In tutta questa fase i componenti del gruppo ASeA-AUA furono presenti, ormai giovani docenti innovatori, in un ruolo che, per un certo tempo, parve indispensabile al nuovo assetto della Facoltà. Crediamo, dunque, che lo studio delle vicende del gruppo ASeA-AUA, possa essere una fonte importante per costruire una un’aggiornata visione critica della Storia della Facoltà di Roma – e non solo. Per questo in due numeri de “L’architettura delle città – The Journal of the Scientific Society Ludovico Quaroni” abbiamo raccolto e pubblicato documenti, progetti e memorie di quel gruppo di “antichi” giovani architetti riguardanti gli anni della loro formazione; che furono gli anni nei quali sembrò a molti italiani che si potessero realizzare le speranze di una intera generazione.
Il gruppo AUA Architetti Urbanisti Associati (1958-1965). La formazione giovanile di un gruppo di personalità della Scuola di Architettura italiana - I / DEL MONACO, Anna; Barbera, Lucio; Quilici, Vieri. - In: L'ARCHITETTURA DELLE CITTÀ. - ISSN 2281-8731. - (2022), pp. 1-173. [10.4458/7226-01]
Il gruppo AUA Architetti Urbanisti Associati (1958-1965). La formazione giovanile di un gruppo di personalità della Scuola di Architettura italiana - I
Anna Del Monaco;Lucio Barbera;Vieri Quilici
2022
Abstract
L’AUA, Architetti Urbanisti Associati, (1961-1965), uno degli studi romani apparsi, all’inizio degli anni Sessanta, con intenzioni decisamente innovative, si formò come evoluzione di un gruppo spontaneo di studenti di Architettura della Sapienza impegnati sia nella politica universitaria (Unione Goliardica Italiana) sia in una partecipazione fortemente critica al dibattito sugli indirizzi culturali e formativi della Facoltà. In quella prima fase (1958-1961) il gruppo non ebbe un nome e fu individuato semplicemente come “gli studenti di Via Tiepolo”, dall’indirizzo della sede comune dove, oltre a studiare, disegnare, progettare, essi resero permanente il confronto intellettuale e politico tra loro stessi e con molti altri amici e colleghi che della frequentazione di “via Tiepolo” fecero un complemento importante della propria formazione di architetti. Quel primo gruppo – “gli studenti di Via Tiepolo” – è oggi noto e ricordato in particolare come il promotore e l’animatore della prima organizzazione studentesca spontanea di Facoltà, l’Associazione Studenti ed Architetti, ASeA, che fu protagonista, nella scuola, delle prime importanti azioni di contestazione e di proposta culturale innovativa; nei fatti, occorre riferirsi all’ASeA per comprendere le ragioni prime della scelta associativa fatta da quel gruppo di studenti, che divenne presto culturalmente omogeneo e coeso, intenzionato a sviluppare la propria azione di rinnovamento trasferendolo dal campo universitario a quello della pratica architettonica e urbanistica; che essi affrontarono fondando, poi, l’AUA (Architetti e Urbanisti Associati) non appena i primi di loro raggiunsero la laurea. Gli anni in cui il gruppo fu attivo e manifestò subito un atteggiamento anticonformista, sono stati densi di eventi e rivolgimenti nella politica e nella cultura nazionale ed internazionale. Fra le più significative attività del gruppo vi furono: azioni di auto-formazione e didattica auto-gestita per le matricole, con l’intento di superare la silenziosa censura che alcuni fondamentali corsi di storia e di progettazione della Facoltà stendevano sull’attualità dell’architettura (Movimento moderno, New Brutalism, Nuove Avanguardie); la partecipazione ad importanti concorsi di progettazione, non pochi dei quali con esiti positivi o con premi come, ad esempio, fu nei concorsi per la Rocca di Fano, per il restauro e il riuso della Cittadella Rinascimentale di Parma, per l’Ospedale di Cannaregio a Venezia, per il Centro direzionale di Torino. In parallelo il gruppo sviluppò una fondamentale attività editoriale che incluse la partecipazione alla serie di monografie – edizioni Cappelli – sull’architettura moderna nei paesi guida dell’architettura contemporanea (Gran Bretagna, Giappone, Stati Uniti, Unione Sovietica ecc.) e l’elaborazione di saggi e interventi in seno al dibattito architettonico animato dalle riviste “Casabella”, “L’architettura. Cronache e Storia” ed altre. Molti, quasi tutti i componenti del gruppo, iniziarono presto un impegno in campo accademico che avrebbe portato alcuni di loro, in fasi diverse, ad essere protagonisti del moto di rinnovamento che animò le Facoltà di Architettura italiane dopo gli anni Sessanta del secolo scorso. Contemporaneamente, essi tentarono una via alla professione fondata sull’impegno dei progettisti a farsi suscitatori e organizzatori di un committente sociale collettivo da rendere consapevolmente partecipe delle scelte progettuali sul proprio “abitare la città”. Un impegno che, iniziato nell’AUA, coinvolse non pochi suoi componenti per anni, prima e dopo lo scioglimento del gruppo, in stretta collaborazione con la Lega delle Cooperative. Nel 1964, l’anno prima dello scioglimento consensuale, l’AUA raggiunse il numero di 14 componenti: Lucio Barbera, Sergio Bracco, Sandro Calza Bini, Enrico Fattinnanzi, Massimo La Perna, Claudio Maroni, Gianfranco Moneta, Maurizio Moretti, Giorgio Piccinato, Vieri Quilici, Stefano Ray, Bernardo Rossi Doria, Manfredo Tafuri, Massimo Teodori. Tre in più rispetto agli 11 firmatari del Manifesto dell’ASeA, anche se furono soltanto otto i firmatari della prima Dichiarazione d’intenti dell’AUA, intitolata Architettura e Società, che stabiliva scopi, indirizzi e metodi di una professione rinnovata. Il gruppo ASeA-AUA fu tra gli organizzatori della prima occupazione studentesca della Facoltà di Roma nel 1956 per contestare, assieme ad altre sedi universitarie nazionali, una legge (n. 1378, 8 dicembre 1956) che, reintroducendo gli esami di stato, permetteva agli ingegneri di iscriversi all’Ordine degli architetti rendendo praticamente impossibile l’inverso. La seconda occupazione della Facoltà (dicembre 1960), più nota e documentata, ebbe l’effetto di una vera e propria deflagrazione del dissenso degli studenti intellettualmente più impegnati rispetto all’insegnamento di Saverio Muratori, dominante negli anni finali del Corso di Laurea. Ben note sono anche le vicende – riportate sulla rivista Architettura Cronache e Storia – della mostra organizzata dal gruppo ASeA-AUA alla Fondazione Olivetti, nella quale fu presentato il cosiddetto “Tavolo degli Orrori” composto con progetti elaborati nei Corsi del professor Muratori con chiarissimo – e ideologico – riferimento alla Seconda Esposizione dell’Architettura Razionale Italiana del 1931. Quell’occupazione e le manifestazioni ad essa collegate, aprirono un intenso e persino drammatico periodo di riforma della scuola d’Architettura. L’iniziativa del gruppo aveva dato forza a una latente insoddisfazione di parte del Consiglio di Facoltà nei riguardi dei metodi e delle concezioni didattiche di Saverio Muratori. Nei due anni successivi all’iniziativa degli studenti la Facoltà in un primo momento offrì un corso alternativo ai corsi muratoriani affidandolo – dopo una breve, ma brillante transizione affidata a Saul Greco – ad Adalberto Libera, chiamato appositamente da Firenze per insegnare a Roma. Ma pochi mesi dopo la Facoltà fece un ulteriore e più deciso balzo in avanti, rispondendo alla morte improvvisa e drammatica dello stesso Libera, con un ancora più deciso impegno riformatore che ebbe come culmine il Convegno del Roxy (novembre 1963) che celebrò il ritorno nella Facoltà di Architettura di Roma di Luigi Piccinato e Ludovico Quaroni e la chiamata di Bruno Zevi da Venezia. In tutta questa fase i componenti del gruppo ASeA-AUA furono presenti, ormai giovani docenti innovatori, in un ruolo che, per un certo tempo, parve indispensabile al nuovo assetto della Facoltà. Crediamo, dunque, che lo studio delle vicende del gruppo ASeA-AUA, possa essere una fonte importante per costruire una un’aggiornata visione critica della Storia della Facoltà di Roma – e non solo. Per questo in due numeri de “L’architettura delle città – The Journal of the Scientific Society Ludovico Quaroni” abbiamo raccolto e pubblicato documenti, progetti e memorie di quel gruppo di “antichi” giovani architetti riguardanti gli anni della loro formazione; che furono gli anni nei quali sembrò a molti italiani che si potessero realizzare le speranze di una intera generazione.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.