Nella storia dell’architettura europea, e italiana in particolare, l’approccio al tema del riuso del patrimonio edilizio esistente è sempre stato oggetto di esiti progettuali significativi. Se per secoli la questione della modificazione dell’esistente è stata al centro dell’evoluzione urbana delle nostre città, nel corso dell’ultimo secolo l’accelerazione indotta dalle nuove tecniche di costruzione ha spinto verso una sorta di radicalizzazione delle modalità di risoluzione delle questioni, con, da un lato, l’emergere di un approccio totalmente conservativo, quando all’organismo edilizio si riconosceva un significativo portato valoriale, e, dall’altro, quello sostitutivo quando non si riscontravano evidenti attributi qualitativi. Oggi la cultura architettonica internazionale guarda con maggiore attenzione a tutto il costruito, recuperando la vecchia via della trasformazione – in alcuni casi anche radicale – degli organismi edilizi, ma in una logica di riciclo non soltanto materiale delle strutture, quanto soprattutto spaziale. Quello che architetti come i francesi Lacaton & Vassal o Flores & Pratz ci mostrano con il loro lavoro è che occorre tornare a prestare attenzione a quello che già c’è, per cercare di cogliere nell’esistente quelle che potremmo definire come le potenzialità intrinseche ai manufatti edilizi. In quest’ottica il progetto di architettura viene a caricarsi di valenze significanti che traguardano il mero dato della pura percezione della forma esteriore, sostanziandosi come quel processo che pone in equilibrio forme antiche e nuove esigenze d’uso attraverso la capacità del progettista di attribuire nuovi significati e nuovi valori a ciò che già esiste e che non deve essere considerato uno scarto ma può invece fungere da innesco per processi di risignificazione sia di materiali sia di spazi, in una logica di riciclo proattivo adattivo. È quella che abbiamo definito come la “terza via” del progetto di riuso. Il saggio presenta con grafici viste e testi di commento a queste ultime il progetto di recupero delle ex concerie Riganti facenti parte del Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia proposto quale esempio di “riuso adattivo”.
Per una idea di museo multipolare: la "grande" VILLA GIULIA / Grimaldi, Andrea. - (2024), pp. 104-153.
Per una idea di museo multipolare: la "grande" VILLA GIULIA
Andrea Grimaldi
2024
Abstract
Nella storia dell’architettura europea, e italiana in particolare, l’approccio al tema del riuso del patrimonio edilizio esistente è sempre stato oggetto di esiti progettuali significativi. Se per secoli la questione della modificazione dell’esistente è stata al centro dell’evoluzione urbana delle nostre città, nel corso dell’ultimo secolo l’accelerazione indotta dalle nuove tecniche di costruzione ha spinto verso una sorta di radicalizzazione delle modalità di risoluzione delle questioni, con, da un lato, l’emergere di un approccio totalmente conservativo, quando all’organismo edilizio si riconosceva un significativo portato valoriale, e, dall’altro, quello sostitutivo quando non si riscontravano evidenti attributi qualitativi. Oggi la cultura architettonica internazionale guarda con maggiore attenzione a tutto il costruito, recuperando la vecchia via della trasformazione – in alcuni casi anche radicale – degli organismi edilizi, ma in una logica di riciclo non soltanto materiale delle strutture, quanto soprattutto spaziale. Quello che architetti come i francesi Lacaton & Vassal o Flores & Pratz ci mostrano con il loro lavoro è che occorre tornare a prestare attenzione a quello che già c’è, per cercare di cogliere nell’esistente quelle che potremmo definire come le potenzialità intrinseche ai manufatti edilizi. In quest’ottica il progetto di architettura viene a caricarsi di valenze significanti che traguardano il mero dato della pura percezione della forma esteriore, sostanziandosi come quel processo che pone in equilibrio forme antiche e nuove esigenze d’uso attraverso la capacità del progettista di attribuire nuovi significati e nuovi valori a ciò che già esiste e che non deve essere considerato uno scarto ma può invece fungere da innesco per processi di risignificazione sia di materiali sia di spazi, in una logica di riciclo proattivo adattivo. È quella che abbiamo definito come la “terza via” del progetto di riuso. Il saggio presenta con grafici viste e testi di commento a queste ultime il progetto di recupero delle ex concerie Riganti facenti parte del Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia proposto quale esempio di “riuso adattivo”.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.