Il presente lavoro indaga il concetto di limite nel paesaggio attraverso l'analisi di casi studio che includono vari muri di confine. Il limite emerge come dispositivo bidirezionale capace di generare sia sicurezza che insicurezza, ma sempre associato a una volontà politica di esclusione e divisione. Questa dinamica si manifesta in contesti urbani e territoriali, dalle ghettizzazioni alle città militarizzate come Belfast o Gerusalemme. L’analisi trae spunto dal workshop PAESAGGIO_INCLUSIONE e include riflessioni su progetti innovativi che superano la funzione del limite come barriera, trasformandolo in elemento di connessione. Un esempio emblematico è il progetto del "Festival della Corvialità", dove il confine tra pubblico e privato è reinterpretato per favorire un dialogo tra progettualità esperta e richieste della comunità. Il muro di Berlino, invece, rappresenta un caso in cui il confine, anche dopo la demolizione, ha continuato a influenzare il tessuto urbano, richiedendo interventi volti alla ricucitura, come il progetto di rinascita di Postdamer Platz. Parallelamente, si esplora la proliferazione di nuovi muri dopo la caduta di Berlino, segnando una crescente tendenza a controllare flussi migratori. Tuttavia, esperienze come il Teetertotter Wall dimostrano come anche i confini fisici possano diventare occasioni per interazioni significative. L’approccio performativo e simbolico di tali interventi enfatizza il muro come catalizzatore di connessioni, invece che come elemento divisivo. Inoltre, la rinegoziazione dei confini, evidenziata da progetti come il Pame Kaimakli Festival a Nicosia, sottolinea il ruolo cruciale delle iniziative bottom-up. Queste strategie includono l'inversione della percezione del limite attraverso pratiche inclusive, il coinvolgimento della comunità e la creazione di dialoghi interculturali. Infine, si propone una rilettura del paesaggio interdetto come opportunità per promuovere biodiversità, inclusività e nuove memorie collettive. Superando le opposizioni divisive, si delinea un paesaggio non selettivo che integra strategie di rigenerazione sociale e ambientale per ricucire le fratture territoriali e immaginare nuovi spazi condivisi.
Confini inclusivi. Rileggere il limite come opportunità / Manno, Roberta. - (2023), pp. 174-181.
Confini inclusivi. Rileggere il limite come opportunità
Roberta Manno
2023
Abstract
Il presente lavoro indaga il concetto di limite nel paesaggio attraverso l'analisi di casi studio che includono vari muri di confine. Il limite emerge come dispositivo bidirezionale capace di generare sia sicurezza che insicurezza, ma sempre associato a una volontà politica di esclusione e divisione. Questa dinamica si manifesta in contesti urbani e territoriali, dalle ghettizzazioni alle città militarizzate come Belfast o Gerusalemme. L’analisi trae spunto dal workshop PAESAGGIO_INCLUSIONE e include riflessioni su progetti innovativi che superano la funzione del limite come barriera, trasformandolo in elemento di connessione. Un esempio emblematico è il progetto del "Festival della Corvialità", dove il confine tra pubblico e privato è reinterpretato per favorire un dialogo tra progettualità esperta e richieste della comunità. Il muro di Berlino, invece, rappresenta un caso in cui il confine, anche dopo la demolizione, ha continuato a influenzare il tessuto urbano, richiedendo interventi volti alla ricucitura, come il progetto di rinascita di Postdamer Platz. Parallelamente, si esplora la proliferazione di nuovi muri dopo la caduta di Berlino, segnando una crescente tendenza a controllare flussi migratori. Tuttavia, esperienze come il Teetertotter Wall dimostrano come anche i confini fisici possano diventare occasioni per interazioni significative. L’approccio performativo e simbolico di tali interventi enfatizza il muro come catalizzatore di connessioni, invece che come elemento divisivo. Inoltre, la rinegoziazione dei confini, evidenziata da progetti come il Pame Kaimakli Festival a Nicosia, sottolinea il ruolo cruciale delle iniziative bottom-up. Queste strategie includono l'inversione della percezione del limite attraverso pratiche inclusive, il coinvolgimento della comunità e la creazione di dialoghi interculturali. Infine, si propone una rilettura del paesaggio interdetto come opportunità per promuovere biodiversità, inclusività e nuove memorie collettive. Superando le opposizioni divisive, si delinea un paesaggio non selettivo che integra strategie di rigenerazione sociale e ambientale per ricucire le fratture territoriali e immaginare nuovi spazi condivisi.File | Dimensione | Formato | |
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