Nella mia esperienza di progettista mi sono occupata spesso di eventi sismici, o meglio di ricostruzioni post-sismiche. Dal sisma che ha colpito Marche e Umbria nel 1997, a quello dell’Abruzzo del 2009, a quello di Amatrice del 2016 ho potuto verificare come l’interazione tra la forza distruttiva di un evento non prevedibile e le difficoltà “specifiche” del risiedere nelle zone montane dell’Appennino sia alla base di grandi disagi, e di grandi sofferenze. Si tratta non solo di “aree interne”, genericamente definite in base alla loro distanza dai centri più dinamici, o di "aree marginali”, ma anche di paesaggi straordinari cui affidare le speranze di ripresa del paese. La ricostruzione è infatti in questi casi stata sempre intesa come “occasione”, e di volta in volta i suoi possibili significati sono stati messi a fuoco rispetto ai diversi contesti ambientali e sociali, evitando pericolose generalizzazioni (soprattutto dal punto di vista delle tradizioni costruttive) ma cercando anche di non disperdere ogni volta quanto di positivo è già stato fatto nel passato, tendenza questa molto diffusa nel nostro paese a causa di una pessima interpretazione delle politiche della ricostruzione, e della mancanza di una normativa quadro nazionale più volte e da più parti invocata. Su questo sfondo il dialogo con le popolazioni locali ha assunto un ruolo centrale, spingendoci ad avviare una riflessione più generale circa il ruolo dei tecnici nei difficili percorsi progettuali del post-sisma.
Progetti di convivenza con i rischi imprevedibili / Caravaggi, Lucina. - (2024), pp. 60-75.
Progetti di convivenza con i rischi imprevedibili
caravaggi, lucina
2024
Abstract
Nella mia esperienza di progettista mi sono occupata spesso di eventi sismici, o meglio di ricostruzioni post-sismiche. Dal sisma che ha colpito Marche e Umbria nel 1997, a quello dell’Abruzzo del 2009, a quello di Amatrice del 2016 ho potuto verificare come l’interazione tra la forza distruttiva di un evento non prevedibile e le difficoltà “specifiche” del risiedere nelle zone montane dell’Appennino sia alla base di grandi disagi, e di grandi sofferenze. Si tratta non solo di “aree interne”, genericamente definite in base alla loro distanza dai centri più dinamici, o di "aree marginali”, ma anche di paesaggi straordinari cui affidare le speranze di ripresa del paese. La ricostruzione è infatti in questi casi stata sempre intesa come “occasione”, e di volta in volta i suoi possibili significati sono stati messi a fuoco rispetto ai diversi contesti ambientali e sociali, evitando pericolose generalizzazioni (soprattutto dal punto di vista delle tradizioni costruttive) ma cercando anche di non disperdere ogni volta quanto di positivo è già stato fatto nel passato, tendenza questa molto diffusa nel nostro paese a causa di una pessima interpretazione delle politiche della ricostruzione, e della mancanza di una normativa quadro nazionale più volte e da più parti invocata. Su questo sfondo il dialogo con le popolazioni locali ha assunto un ruolo centrale, spingendoci ad avviare una riflessione più generale circa il ruolo dei tecnici nei difficili percorsi progettuali del post-sisma.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.