L’ architettura, come sapere teorico/ pratico, ha partecipato alla costruzione di processi di inclusione/esclusione all’interno delle città dell’animale non- umano. Tale processo ha avuto un effetto significativo sulle politiche identitarie connesse all’umano in quanto l’uomo è divenuto il soggetto attraverso il quale si misura il valore di ogni altra forma di esistenza nel mondo. Lo sguardo razionale e scientifico dell’uomo ha dunque plasmato la città a sua immagine e somiglianza sopprimendo il valore di tutte le altre forme di vita. Questo lavoro analizza alcuni processi di de-soggettivazione dell’animale al fine di sviluppare una contro-teoria teratologica dello spazio urbano e architettonico, capace di ri-tessere le spaccature e le lacerazioni fabbricate dal paradigma vitruviano. A tale prospettiva associo una contro- pratica che sia capace di decolonizzare l’architettura attraverso un’attenta analisi delle micro-politiche che alcuni architetti, designer e artisti hanno adottato al fine di instaurare parentele con l’animale non-umano. Per riabilitare i tessuti connettivi tra umano e non-umano e per ridisegnare a tal scopo la pratica architettonica occorre quindi accingersi a ragionare secondo una struttura reticolare, intrisa cioè di concatenazioni simpoietiche.
Spazi Mostruosi: per un'architettura trans-specie / Filosa, Francesca. - (2024).
Spazi Mostruosi: per un'architettura trans-specie
Francesca Filosa
2024
Abstract
L’ architettura, come sapere teorico/ pratico, ha partecipato alla costruzione di processi di inclusione/esclusione all’interno delle città dell’animale non- umano. Tale processo ha avuto un effetto significativo sulle politiche identitarie connesse all’umano in quanto l’uomo è divenuto il soggetto attraverso il quale si misura il valore di ogni altra forma di esistenza nel mondo. Lo sguardo razionale e scientifico dell’uomo ha dunque plasmato la città a sua immagine e somiglianza sopprimendo il valore di tutte le altre forme di vita. Questo lavoro analizza alcuni processi di de-soggettivazione dell’animale al fine di sviluppare una contro-teoria teratologica dello spazio urbano e architettonico, capace di ri-tessere le spaccature e le lacerazioni fabbricate dal paradigma vitruviano. A tale prospettiva associo una contro- pratica che sia capace di decolonizzare l’architettura attraverso un’attenta analisi delle micro-politiche che alcuni architetti, designer e artisti hanno adottato al fine di instaurare parentele con l’animale non-umano. Per riabilitare i tessuti connettivi tra umano e non-umano e per ridisegnare a tal scopo la pratica architettonica occorre quindi accingersi a ragionare secondo una struttura reticolare, intrisa cioè di concatenazioni simpoietiche.File | Dimensione | Formato | |
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