«Quelle mani […] le stringono la testa, la sbattono contro il pilastro del cancello una, due, tre volte, il setto nasale si rompe, s’incrina l’osso temporale, si dislocano le vertebre cervicali […], forse il suo sangue ha inondato il cervello e lei non ha più emozioni, non ha più paura, è solo il suo corpo che si contorce e sussulta (come le rane decapitate che continuano a camminare) indipendentemente da lei». Le parole di Alda Teodorani, contenute nel suo psicothriller La mente e i suoi inganni (Roma, Profondo Rosso, 2019, p. 13) rappresentano una sintesi efficace di quanto atroce sia il destino “figurale” che attende la realtà corporea, soprattutto femminile, nel noir. Genere dominante del primo decennio del Terzo Millennio, il noir ha rappresentato per le autrici un campo “di prova” essenziale delle figurazioni e delle declinazioni preferite, costituendo, secondo quando riconosciuto alle culture e ai saperi delle donne persino dal collettivo Wu Ming, un precedente significativo del rapporto con il presente e con la molteplicità dei punti di vista utilizzati dalla galassia testuale del New Italian Epic, nonché uno dei portati migliori del Postmoderno. Innegabilmente il corpo riveste nel noir tutto un ruolo centrale: descritto, violato, attraversato, rovesciato fino a estroflettere un intimo ed un’intimità che divengono nuova esteriorità abnorme, il corpo è altresì strumento metaforico e linguistico atto a rendere i percorsi di identità, di costruzione del sé e di conoscenza del mondo esperiti dai soggetti, il tramite in grado di trasformare il vissuto esperienziale in parte costitutiva dei propri saperi. Le modalità con le quali il corpo viene descritto sono dunque forma del posizionamento di chi scrive, come presenza ed espressione di una marginalità simbolica che colloca la visione in uno spazio capace di vedere di più e meglio le narrazioni e le contronarrazioni culturali, nonché le rappresentazioni a cui esse danno vita. Questi i temi che il saggio cerca di mettere a fuoco, utilizzando come case studies Le radici del male (Milano, Mondadori, 2008)
Polimorfie corporee nel "noir" di Alda Teodorani / Storini, M. C.. - (2024), pp. 67-76. - CIVILTÀ ITALIANA. NUOVA SERIE.
Polimorfie corporee nel "noir" di Alda Teodorani
M. C. Storini
2024
Abstract
«Quelle mani […] le stringono la testa, la sbattono contro il pilastro del cancello una, due, tre volte, il setto nasale si rompe, s’incrina l’osso temporale, si dislocano le vertebre cervicali […], forse il suo sangue ha inondato il cervello e lei non ha più emozioni, non ha più paura, è solo il suo corpo che si contorce e sussulta (come le rane decapitate che continuano a camminare) indipendentemente da lei». Le parole di Alda Teodorani, contenute nel suo psicothriller La mente e i suoi inganni (Roma, Profondo Rosso, 2019, p. 13) rappresentano una sintesi efficace di quanto atroce sia il destino “figurale” che attende la realtà corporea, soprattutto femminile, nel noir. Genere dominante del primo decennio del Terzo Millennio, il noir ha rappresentato per le autrici un campo “di prova” essenziale delle figurazioni e delle declinazioni preferite, costituendo, secondo quando riconosciuto alle culture e ai saperi delle donne persino dal collettivo Wu Ming, un precedente significativo del rapporto con il presente e con la molteplicità dei punti di vista utilizzati dalla galassia testuale del New Italian Epic, nonché uno dei portati migliori del Postmoderno. Innegabilmente il corpo riveste nel noir tutto un ruolo centrale: descritto, violato, attraversato, rovesciato fino a estroflettere un intimo ed un’intimità che divengono nuova esteriorità abnorme, il corpo è altresì strumento metaforico e linguistico atto a rendere i percorsi di identità, di costruzione del sé e di conoscenza del mondo esperiti dai soggetti, il tramite in grado di trasformare il vissuto esperienziale in parte costitutiva dei propri saperi. Le modalità con le quali il corpo viene descritto sono dunque forma del posizionamento di chi scrive, come presenza ed espressione di una marginalità simbolica che colloca la visione in uno spazio capace di vedere di più e meglio le narrazioni e le contronarrazioni culturali, nonché le rappresentazioni a cui esse danno vita. Questi i temi che il saggio cerca di mettere a fuoco, utilizzando come case studies Le radici del male (Milano, Mondadori, 2008)I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.