Il titolo Cartografie liquide intende richiamare una contraddizione: da un lato, la solidità terrestre, la “certezza” della carta geografica, la sua ferma staticità; dall’altro, le acque del Mar Mediterraneo come paradigma di liquidità, elemento mobile e sfuggente definito sempre dal terracentrismo e mai dal mare stesso. La “solida terra” prelude metaforicamente al nord del Mediterraneo – un sud a sua volta, quello europeo – che vuole permettersi, forte di un’arroganza cristallizzata nei secoli, di proporsi come decisore unico, arbitro non imparziale, definitore e discernitore di un Mediterraneo ”altro”. Stigmatizzato e escluso, disumanizzato e barbarizzato (Taguieff, 1998), quest’ultimo rischia di essere presentato come antitesi della “grande civiltà europea”, al quale il primo, seppure come “fratello minore”, afferirebbe (Bono, 2008, p. 276). Liquido, appunto, o liquefatto: magmatico, informe, fragile e disorientato. Nelle rappresentazioni mediatiche, “quell’altro” Mediterraneo soffre di problemi diversificati, solo in parte frutto di stereotipi, da cui è chiamato a una perenne discolpa che chiarisca «perché qualcosa è andato storto» nella storia degli ultimi due secoli (Bulliet, 2004): dalle disillusioni delle “primavere” a una “endemica arretratezza”, da ingannevoli vagiti democratici a persistenti echi neocoloniali. Cartografie liquide: sono debitore verso due persone per l’accostamento dei due termini, che desidero ringraziare. La prima è Laura Faranda, maestra inarrivabile, il cui acume, generandosi dalle sue ricerche etnografiche, dalle originali interpretazioni antropologiche, dalla raffinata produzione scientifica, si protrae sino alla fervida fantasia di suggerire un titolo ossimorico che ho subito sentito appropriato. L’altra è Matteo Aria: le sue «solidarietà marittime» che aspirano a «mari condivisi», il suo progetto Ermenautica-Saperi in rotta, esperienza di navigazione tra Sicilia e Tunisia cominciata nell’estate del 2019 – al quale ebbi l’onore di partecipare, per un breve segmento – con un equipaggio di studentesse e studenti, docenti universitari e marinai, mosso dall’ambizione di «bucare» il regime delle frontiere e il dominio delle necropolitiche (Aria, 2021), ha costituito inevitabile riferimento teorico e politico.
Introduzione. Perché Cartografie liquide / Russo, Carmelo. - (2024), pp. 7-13.
Introduzione. Perché Cartografie liquide
russo, Carmelo
2024
Abstract
Il titolo Cartografie liquide intende richiamare una contraddizione: da un lato, la solidità terrestre, la “certezza” della carta geografica, la sua ferma staticità; dall’altro, le acque del Mar Mediterraneo come paradigma di liquidità, elemento mobile e sfuggente definito sempre dal terracentrismo e mai dal mare stesso. La “solida terra” prelude metaforicamente al nord del Mediterraneo – un sud a sua volta, quello europeo – che vuole permettersi, forte di un’arroganza cristallizzata nei secoli, di proporsi come decisore unico, arbitro non imparziale, definitore e discernitore di un Mediterraneo ”altro”. Stigmatizzato e escluso, disumanizzato e barbarizzato (Taguieff, 1998), quest’ultimo rischia di essere presentato come antitesi della “grande civiltà europea”, al quale il primo, seppure come “fratello minore”, afferirebbe (Bono, 2008, p. 276). Liquido, appunto, o liquefatto: magmatico, informe, fragile e disorientato. Nelle rappresentazioni mediatiche, “quell’altro” Mediterraneo soffre di problemi diversificati, solo in parte frutto di stereotipi, da cui è chiamato a una perenne discolpa che chiarisca «perché qualcosa è andato storto» nella storia degli ultimi due secoli (Bulliet, 2004): dalle disillusioni delle “primavere” a una “endemica arretratezza”, da ingannevoli vagiti democratici a persistenti echi neocoloniali. Cartografie liquide: sono debitore verso due persone per l’accostamento dei due termini, che desidero ringraziare. La prima è Laura Faranda, maestra inarrivabile, il cui acume, generandosi dalle sue ricerche etnografiche, dalle originali interpretazioni antropologiche, dalla raffinata produzione scientifica, si protrae sino alla fervida fantasia di suggerire un titolo ossimorico che ho subito sentito appropriato. L’altra è Matteo Aria: le sue «solidarietà marittime» che aspirano a «mari condivisi», il suo progetto Ermenautica-Saperi in rotta, esperienza di navigazione tra Sicilia e Tunisia cominciata nell’estate del 2019 – al quale ebbi l’onore di partecipare, per un breve segmento – con un equipaggio di studentesse e studenti, docenti universitari e marinai, mosso dall’ambizione di «bucare» il regime delle frontiere e il dominio delle necropolitiche (Aria, 2021), ha costituito inevitabile riferimento teorico e politico.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.