Il modello scientifico illuminista basato sulla classificazione ha predisposto, anche da un punto di vista puramente visuale, una netta e divisiva percezione umana del mondo naturale. Attraverso una prospettiva strettamente teorica, già nel 1966 con Le parole e le cose Michel Foucault riesaminava criticamente le strutture tassonomiche, vagliando le ricadute con cui esse si manifestavano nelle organizzazioni della cultura occidentale, così come nella nostra concezione della realtà. La rinuncia all’antropocentrismo, inteso come impianto fondante l’ossatura del pensiero occidentale, è transitata attraverso un riesame che ha preso in causa i termini dell’epistemologia, del linguaggio e anche, nel caso dell’arte contemporanea, della visione. Se già in passato molti degli artisti vicini alla cerchia surrealista avevano introdotto, attraverso l’esaltazione del “curioso” e del “meraviglioso”, categorie operative con le quali smarcarsi dalle costruzioni sociali e dalle leggi naturali, l’idea di “un nuovo modo di connettere le cose” di cui discute lo stesso Foucault sembrerebbe alla base di ricerche più recenti, che a partire dagli anni Novanta hanno contributo a rovesciare la struttura piramidale con la quale si è pianificata la biologia del vivente. All’interno di questo intervento propongo dunque di analizzare alcune opere di artisti italiani, o che hanno a lungo transitato in Italia, tra cui Dario Ghibaudo, Vedovamazzei, Eugenio Tibaldi e Petrit Halilaj, in cui l’alterità animale e i codici o gli apparati della storia naturale figurano quali termini di discussione atti a riformulare creativamente la pretesa di uniformità della tassonomia e, di conseguenza, la stessa posizione dell’umano nella gerarchia del vivente.
La fine delle tassonomie: arte contemporanea e decostruzione della storia naturale in Italia fra anni novanta e duemila / Chiaraluce, Gianlorenzo. - (2024), pp. 95-110.
La fine delle tassonomie: arte contemporanea e decostruzione della storia naturale in Italia fra anni novanta e duemila
gianlorenzo chiaraluce
2024
Abstract
Il modello scientifico illuminista basato sulla classificazione ha predisposto, anche da un punto di vista puramente visuale, una netta e divisiva percezione umana del mondo naturale. Attraverso una prospettiva strettamente teorica, già nel 1966 con Le parole e le cose Michel Foucault riesaminava criticamente le strutture tassonomiche, vagliando le ricadute con cui esse si manifestavano nelle organizzazioni della cultura occidentale, così come nella nostra concezione della realtà. La rinuncia all’antropocentrismo, inteso come impianto fondante l’ossatura del pensiero occidentale, è transitata attraverso un riesame che ha preso in causa i termini dell’epistemologia, del linguaggio e anche, nel caso dell’arte contemporanea, della visione. Se già in passato molti degli artisti vicini alla cerchia surrealista avevano introdotto, attraverso l’esaltazione del “curioso” e del “meraviglioso”, categorie operative con le quali smarcarsi dalle costruzioni sociali e dalle leggi naturali, l’idea di “un nuovo modo di connettere le cose” di cui discute lo stesso Foucault sembrerebbe alla base di ricerche più recenti, che a partire dagli anni Novanta hanno contributo a rovesciare la struttura piramidale con la quale si è pianificata la biologia del vivente. All’interno di questo intervento propongo dunque di analizzare alcune opere di artisti italiani, o che hanno a lungo transitato in Italia, tra cui Dario Ghibaudo, Vedovamazzei, Eugenio Tibaldi e Petrit Halilaj, in cui l’alterità animale e i codici o gli apparati della storia naturale figurano quali termini di discussione atti a riformulare creativamente la pretesa di uniformità della tassonomia e, di conseguenza, la stessa posizione dell’umano nella gerarchia del vivente.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.