Accampare comunità del dubbio

Attorno alla morte, alle pratiche assembleari che la celebrano in modo più o meno figurato – pratiche che palesano la «risorgenza religiosa» di cui parla Jürgen Habermas – si dischiude un’opportunità inattesa: pensare alle architetture per le ritualità civili come “occasioni” dove maturare la coscienza cooperante e l’emancipazione dai gangli socio-familiari. Parallelamente, situare l’architettura in un contesto socio-culturale in cui le categorie identitarie sono instabili – «ammettere la possibilità di un disordine [...] di un’oscillazione» che scompagina tutte le cornici normalizzatrici, precisa Judith Butler – dove la comunità si fa e si disfa nel tempo di una cerimonia, nella durata di un evento, consente di ripensare le categorie del progetto architettonico, non solo quelle dello spazio cerimoniale. La natura disordinata, provvisoria di chi abita tale spazio fa vacillare l’immaginario, contraddice le figure della solidità, gravità, solennità che, in senso anche statico, di consueto attribuiamo alla cosa sacra.