Il compimento di un rito funebre avviene secondo logiche commemorative basate sulla memoria e sui ricordi. Ma se al contrario la laicità del rito consistesse nel tentativo di dimenticanza del lutto e di naturale e inevitabile assorbimento della perdita subita? In un’ottica cinica e nichilista si propone dunque l’apertura verso un processo di dimenticanza e d’oblio. L’architettura per i riti funebri laici, basandosi sull’assunto che la morte non abbia connotazione positiva o negativa e che piuttosto sia un fatto neutrale e ineludibile, si riconoscerà in uno spazio per la dimenticanza, all’interno del quale l’architettura tramite un atto astrattivo sottopone l’utente all’annullamento dello spazio esperienziale. Questi dispositivi architettonici troveranno un loro motivo d’esistenza calibrato sulle richieste esigenziali dell’utente. Venendo meno i presupposti per cui i riti funebri debbano svolgersi all’interno di edifici religiosi esistenti, il progetto si propone di immaginare scatole tecnologiche, prodotte in serie con materiali biodegradabili, che possano essere collocate secondo il volere dell’utenza in non-luoghi di ordinario utilizzo, in una prospettiva di significazione degli spazi pubblici residuali della città. Un’architettura che grazie alla neutralità del suo spazio interno, sia in grado di isolare e concentrare la forte carica emozionale presente in un rito funebre, generando il raccoglimento in un ambiente intimo ed ovattato, al pari di un ventre materno. Esternamente, questi oggetti traslucidi hanno l’obiettivo di mostrare lo svolgimento del rito, svelandone l’intimità nel tentativo di normalizzare l’attività di commemorazione funebre. L’oggetto architettonico, collocabile ovunque ed in qualsiasi momento, una volta assolta la sua funzione, singola o ripetuta, si consumerà lentamente fino a sgretolarsi, portando con sé le memorie e i ricordi di coloro che ne hanno fatto uso.
Oblìo / Baldini, Mattia. - (2024), pp. 118-121.
Oblìo
Mattia Baldini
Primo
2024
Abstract
Il compimento di un rito funebre avviene secondo logiche commemorative basate sulla memoria e sui ricordi. Ma se al contrario la laicità del rito consistesse nel tentativo di dimenticanza del lutto e di naturale e inevitabile assorbimento della perdita subita? In un’ottica cinica e nichilista si propone dunque l’apertura verso un processo di dimenticanza e d’oblio. L’architettura per i riti funebri laici, basandosi sull’assunto che la morte non abbia connotazione positiva o negativa e che piuttosto sia un fatto neutrale e ineludibile, si riconoscerà in uno spazio per la dimenticanza, all’interno del quale l’architettura tramite un atto astrattivo sottopone l’utente all’annullamento dello spazio esperienziale. Questi dispositivi architettonici troveranno un loro motivo d’esistenza calibrato sulle richieste esigenziali dell’utente. Venendo meno i presupposti per cui i riti funebri debbano svolgersi all’interno di edifici religiosi esistenti, il progetto si propone di immaginare scatole tecnologiche, prodotte in serie con materiali biodegradabili, che possano essere collocate secondo il volere dell’utenza in non-luoghi di ordinario utilizzo, in una prospettiva di significazione degli spazi pubblici residuali della città. Un’architettura che grazie alla neutralità del suo spazio interno, sia in grado di isolare e concentrare la forte carica emozionale presente in un rito funebre, generando il raccoglimento in un ambiente intimo ed ovattato, al pari di un ventre materno. Esternamente, questi oggetti traslucidi hanno l’obiettivo di mostrare lo svolgimento del rito, svelandone l’intimità nel tentativo di normalizzare l’attività di commemorazione funebre. L’oggetto architettonico, collocabile ovunque ed in qualsiasi momento, una volta assolta la sua funzione, singola o ripetuta, si consumerà lentamente fino a sgretolarsi, portando con sé le memorie e i ricordi di coloro che ne hanno fatto uso.File | Dimensione | Formato | |
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