Tappa non obbligatoria del pellegrinaggio alle antichità di Delfi, il Monastero di Hosios Loukas, “riscoperto” da Sir George Wheler (1682) il quale lo crederà il sito dell’antico Ginnasio, si rivela un’appendice non del tutto trascurabile della visita ai resti del santuario e dei monumenti classici ed ellenistici della città. La chiesa principale del complesso, pur lontanissima dagli ideali estetici dei protagonisti del primissimo Grand Tour in terra ellenica, finisce in qualche modo per colpirne l’immaginazione, alle volte per il suo precario stato di conservazione, altre per lo splendore dell’interno. Richard Chandler (1737-1810), pur parlando del monastero come di un “barbarous edifice, and of an ordinary appearance”, non può evitare di concedere toni più entusiastici alla descrizione della sua chiesa (il katholikon) – “a sumptuous fabric” – tradendo in tal modo la sua attenzione per l’eccezionale testimonianza edilizia mediobizantina. Quello di Chandler non è un approccio archeologico – la spinta propulsiva della Society of Dilettanti londinese è semmai quella della documentazione architettonica ed epigrafica – ma sorprendente è lo spazio da lui concesso nei Travels (1776) alla storia del cenobio e alla vita del fondatore, un vero e proprio excursus rispetto ad un itinerario altrimenti dettato solo dalla corografia antica della Beozia e della Focide. Il détour medievale di Chandler non sfugge all’acribia di un altro rappresentante dell’antiquaria britannica, il colonnello William Martin Leake (1777-1860), autore, con la Topography of Athens (1821), di una fra le più accurate trattazioni proto-archeologiche della città e dell’Attica. Posto di fronte alla particolareggiata descrizione chandleriana del complesso monastico, Leake si rifugia in ciò che possiamo definire un approfondimento tematico sulle dipendenze di esso e sulla corografia dei dintorni, arricchendo le nozioni erudite di geografia antica con l’enumerazione dei toponimi bizantini ed ottomani, e completando in questa maniera un disegno complessivo dell’insediamento medievale che, per talune informazioni tratte sul campo, rimarrà inestimabile fino alla pubblicazione (1874-80), del regesto dei documenti legali di epoca ottomana riguardanti il monastero a cura di Georgios P. Kremos. Il presente contributo si propone dunque di mettere in luce la rilevanza dei resoconti di Chandler e Leake per la fase embrionale di conoscenza di questo fondamentale complesso architettonico bizantino della Grecia Centrale.

The Monastery of Hosios Loukas through the Lens of Jacob Spon and George Wheler. Rediscovering Byzantine Greece / Taddei, Alessandro. - (2024), pp. 245-262. - QUADERNI NAPOLETANI DI STORIA DELL'ARTE MEDIEVALE.

The Monastery of Hosios Loukas through the Lens of Jacob Spon and George Wheler. Rediscovering Byzantine Greece

Taddei, Alessandro
2024

Abstract

Tappa non obbligatoria del pellegrinaggio alle antichità di Delfi, il Monastero di Hosios Loukas, “riscoperto” da Sir George Wheler (1682) il quale lo crederà il sito dell’antico Ginnasio, si rivela un’appendice non del tutto trascurabile della visita ai resti del santuario e dei monumenti classici ed ellenistici della città. La chiesa principale del complesso, pur lontanissima dagli ideali estetici dei protagonisti del primissimo Grand Tour in terra ellenica, finisce in qualche modo per colpirne l’immaginazione, alle volte per il suo precario stato di conservazione, altre per lo splendore dell’interno. Richard Chandler (1737-1810), pur parlando del monastero come di un “barbarous edifice, and of an ordinary appearance”, non può evitare di concedere toni più entusiastici alla descrizione della sua chiesa (il katholikon) – “a sumptuous fabric” – tradendo in tal modo la sua attenzione per l’eccezionale testimonianza edilizia mediobizantina. Quello di Chandler non è un approccio archeologico – la spinta propulsiva della Society of Dilettanti londinese è semmai quella della documentazione architettonica ed epigrafica – ma sorprendente è lo spazio da lui concesso nei Travels (1776) alla storia del cenobio e alla vita del fondatore, un vero e proprio excursus rispetto ad un itinerario altrimenti dettato solo dalla corografia antica della Beozia e della Focide. Il détour medievale di Chandler non sfugge all’acribia di un altro rappresentante dell’antiquaria britannica, il colonnello William Martin Leake (1777-1860), autore, con la Topography of Athens (1821), di una fra le più accurate trattazioni proto-archeologiche della città e dell’Attica. Posto di fronte alla particolareggiata descrizione chandleriana del complesso monastico, Leake si rifugia in ciò che possiamo definire un approfondimento tematico sulle dipendenze di esso e sulla corografia dei dintorni, arricchendo le nozioni erudite di geografia antica con l’enumerazione dei toponimi bizantini ed ottomani, e completando in questa maniera un disegno complessivo dell’insediamento medievale che, per talune informazioni tratte sul campo, rimarrà inestimabile fino alla pubblicazione (1874-80), del regesto dei documenti legali di epoca ottomana riguardanti il monastero a cura di Georgios P. Kremos. Il presente contributo si propone dunque di mettere in luce la rilevanza dei resoconti di Chandler e Leake per la fase embrionale di conoscenza di questo fondamentale complesso architettonico bizantino della Grecia Centrale.
2024
Discovering Medieval Art while Looking for Antiquity. Travellers in Southern Europe (17th - Early 19th Centuries)
979-12-5469-589-0
Greece; Hosios Loukas; middle-byzantine architecture; european travelers; 17th century: 18th century; illuminism
02 Pubblicazione su volume::02a Capitolo o Articolo
The Monastery of Hosios Loukas through the Lens of Jacob Spon and George Wheler. Rediscovering Byzantine Greece / Taddei, Alessandro. - (2024), pp. 245-262. - QUADERNI NAPOLETANI DI STORIA DELL'ARTE MEDIEVALE.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11573/1712138
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