Nell’ambito della migrazione sefardita a livello europeo, la vicenda delle famiglie ebree giunte a Pisa nell’estate del 1606 e processate dall’Inquisizione romana, che delega – su richiesta del granduca Ferdinando I – la gestione della causa al nunzio pontificio Antonio Grimani, esaurita una prima fase processuale presso il tribunale fiorentino degli Otto di Guardia e Balìa, propone perspicui e molteplici profili di mobilità. In primo luogo, le carte processuali del tribunale criminale mediceo mettono in risalto il ruolo svolto nel viaggio dei nuovi arrivati dall’agente granducale Isach Cavaliero. In secondo luogo, la provenienza originaria ed i luoghi interessati dal passaggio delle famiglie inquisite risultano centrali sia nell’impianto accusatorio di cui sono oggetto sia nella strategia difensiva da esse dispiegato per contrastare il sospetto di apostasia. Nel contempo, le testimonianze rese nel corso del procedimento delineano una serie di spostamenti a più breve raggio ed una rete di solidarietà relazionali ed istituzionali plurale, che si allarga allo scenario internazionale. Altrettanto degna di attenzione appare la fase in cui il nunzio gestisce il processo, per conto del Sant’Uffizio. In tale frangente si verifica il rilascio delle donne, trattenute fino a quel momento e la fuga del maggior imputato, che innesca un ulteriore profilo di spostamenti veri e presunti. Parallelamente le dinamiche che si verificano durante la gestione del nunzio lasciano trapelare l’ambigua attitudine del potere granducale, sospeso tra la tutela dell’ortodossia toscana, rivendicata come prioritaria dall’Inquisizione romana, e la politica di accoglienza dei nuovi arrivati esperita da Ferdinando I attraverso le Livornine.
Migrazioni e luoghi della mobilità nel caso delle famiglie sefardite processate a Pisa nel 1606 / Vitali, Francesco. - (2024), pp. 35-54. [10.4458/6816].
Migrazioni e luoghi della mobilità nel caso delle famiglie sefardite processate a Pisa nel 1606
Francesco Vitali
2024
Abstract
Nell’ambito della migrazione sefardita a livello europeo, la vicenda delle famiglie ebree giunte a Pisa nell’estate del 1606 e processate dall’Inquisizione romana, che delega – su richiesta del granduca Ferdinando I – la gestione della causa al nunzio pontificio Antonio Grimani, esaurita una prima fase processuale presso il tribunale fiorentino degli Otto di Guardia e Balìa, propone perspicui e molteplici profili di mobilità. In primo luogo, le carte processuali del tribunale criminale mediceo mettono in risalto il ruolo svolto nel viaggio dei nuovi arrivati dall’agente granducale Isach Cavaliero. In secondo luogo, la provenienza originaria ed i luoghi interessati dal passaggio delle famiglie inquisite risultano centrali sia nell’impianto accusatorio di cui sono oggetto sia nella strategia difensiva da esse dispiegato per contrastare il sospetto di apostasia. Nel contempo, le testimonianze rese nel corso del procedimento delineano una serie di spostamenti a più breve raggio ed una rete di solidarietà relazionali ed istituzionali plurale, che si allarga allo scenario internazionale. Altrettanto degna di attenzione appare la fase in cui il nunzio gestisce il processo, per conto del Sant’Uffizio. In tale frangente si verifica il rilascio delle donne, trattenute fino a quel momento e la fuga del maggior imputato, che innesca un ulteriore profilo di spostamenti veri e presunti. Parallelamente le dinamiche che si verificano durante la gestione del nunzio lasciano trapelare l’ambigua attitudine del potere granducale, sospeso tra la tutela dell’ortodossia toscana, rivendicata come prioritaria dall’Inquisizione romana, e la politica di accoglienza dei nuovi arrivati esperita da Ferdinando I attraverso le Livornine.File | Dimensione | Formato | |
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