La sostenibilità e la transizione verso un’economia a basso contenuto di carbonio, più efficiente in termini di risorse e circolare sono elementi fondamentali per garantire la competitività a lungo termine dell’economia. A marzo 2018, la Commissione Europea ha lanciato uno dei più importanti piani d'azione per finanziare la crescita sostenibile, facilitando la transizione verso un'economia a basse emissioni di carbonio attraverso un aumento degli investimenti in progetti green e promuovendo una nuova strategia di sostenibilità finanziaria nel lungo termine. La politica è nota con il nome di “Sustainable Finance Action Plan”, il cui obiettivo finale è modellare il sistema finanziario in modo da supportare la transizione sostenibile. Il piano d'azione raccomanda tre obiettivi chiave da perseguire a livello europeo. Il primo obiettivo è reindirizzare i flussi di cassa e di capitale verso gli investimenti sostenibili sottraendoli da quelle attività e settori che fanno un uso intensivo di combustibili fossili alimentando il problema del riscaldamento globale. Il secondo obiettivo è gestire i rischi finanziari derivanti dal cambiamento climatico, dall'esaurimento delle risorse e dal degrado ambientale. Il terzo obiettivo è migliorare la trasparenza e la visione a lungo termine di ogni attività finanziaria per realizzare una crescita sostenibile e inclusiva. Questi tre obiettivi si articolano a loro volta in dieci azioni che comprendono iniziative su più fronti con l'obiettivo di coinvolgere tutti gli attori del sistema finanziario soprattutto nella riduzione delle asimmetrie informative legate ai rischi climatici, migliorando così l'allocazione del capitale agli investimenti sostenibili. In dettaglio, l'ambito del piano d'azione incoraggia a classificare meglio le attività economiche insieme a un'adeguata tassonomia sostenibile dell'Unione Europea, chiarendo a tutti i partecipanti al mercato, quali gestori patrimoniali, fondi pensione e banche europee, le loro responsabilità in materia di sostenibilità. Ciò consente di valutare la fattibilità di includere i rischi associati al clima e ad altri fattori ambientali nelle politiche di gestione del rischio. La Commissione europea (2018) riconosce come il settore finanziario abbia un ruolo fondamentale nel conseguimento di questi obiettivi ambientali e sociali, poiché la transizione richiederà l’apporto di ingenti volumi di capitali privati. In tale contesto la trasparenza delle attività dei partecipanti al mercato è fondamentale per un funzionamento corretto del sistema finanziario. Anche la trasparenza delle imprese sulle questioni di sostenibilità costituisce un prerequisito che consente agli attori del mercato finanziario di valutare adeguatamente la creazione di valore a lungo termine da parte delle imprese nonché la relativa gestione dei rischi di sostenibilità. In questo contesto, la sfida che si pone ai policy makers è quella di riuscire a pianificare e a plasmare il processo di transizione dell'economia verso un modello di produzione e di consumo sostenibile minimizzando le incertezze sul valore delle imprese ed evitando inutili perdite di benessere per la società nel suo insieme. È quindi fondamentale che i rischi derivanti dall'incertezza associata al processo di transizione verso un’economia green siano il più possibile trasparenti, quantificabili e gestibili. L'impatto dell'incertezza associata al processo di transizione colpisce tutti i partecipanti ai mercati finanziari, poiché i rischi per il valore delle imprese si riflettono direttamente nei rischi per tutte le attività finanziarie emesse dalle imprese stesse, come azioni, obbligazioni societarie, debiti e attività finanziarie ibride. Poiché tutte queste attività finanziarie sono a loro volta parte integrante di una vasta gamma di portafogli finanziari tra cui i fondi di investimento, i fondi pensione, le assicurazioni sulla vita e i portafogli di investitori privati, anche tutti questi portafogli sono esposti ai rischi di transizione energetica. L’attuale sfida per gli investitori e gli intermediari finanziari è quella di valutare in che misura le imprese siano in grado di adattarsi al processo di transizione e di tenerne conto nelle loro decisioni di investimento. Allo stesso tempo, per le banche centrali e le autorità di vigilanza è indispensabile comprendere l'impatto del processo di transizione sugli istituti finanziari che monitorano e sulla stabilità complessiva dei mercati finanziari. Nonostante gli sforzi condotti dalle istituzioni politiche di tutto il mondo al fine di raggiungere gli obiettivi prestabiliti dell’Agenda per lo sviluppo sostenibile, gli eventi geopolitici relativi al conflitto in Ucraina destabilizzando le economie mondiali hanno messo in risalto anche le debolezze della globalizzazione, con particolare riferimento alla dipendenza da fonti energetiche tradizionali che tuttora rimangono ancora molto elevate. Il contributo di Nicola Spanu dal titolo “L’impatto del rischio geopolitico sul processo di transizione energetica” evidenzia come l’invasione russa dell’Ucraina abbia fatto emergere le principali debolezze dell’infrastruttura finanziaria, accendendo i riflettori sul ruolo della finanza verde in contesti di elevato rischio geopolitico come strumento utile a calmierare gli elevati livelli di instabilità finanziaria in linea con gli obiettivi previsti dall’accordo sul clima di Parigi. Numerosi studi hanno dimostrato come il conflitto abbia avuto un impatto sostanziale sui settori dell'energia, della finanza verde e degli investimenti ESG. Ne è un esempio quanto accaduto sia in Europa in seguito allo scoppio della guerra, dove si è assistito ad un incremento significativo degli investimenti green nella quasi totalità dei paesi europei, che in Cina, uno tra i maggiori paesi al mondo per il consumo e la produzione di energia. In particolare si sono analizzati gli effetti di spillover tra energia tradizionale, energie rinnovabili e finanza verde in un arco temporale che si estende dal mese di settembre 2020 al mese di novembre 2022. Inoltre, la Cina ha goduto della crescita più rapida nel settore delle nuove energie rinnovabili, svolgendo così un ruolo fondamentale nell’attuale processo di transizione energetica. Lo studio si propone di indagare sulla trasmissione degli spillover di rischio tra energia tradizionale, energia nuova, finanza verde e ESG prima e dopo lo scoppio della guerra in Ucraina. Il contributo di Annalisa Di Clemente dal titolo “Rischio climatico e valutazione delle attività finanziarie” si pone come obiettivo quello di analizzare i modelli internazionali utilizzati attualmente per la quantificazione del carbon transition risk assieme ai risultati empirici in merito all’esistenza e alla natura di un carbon premium o premio per il rischio di carbonio o, diversamente, di un premio di rendimento per l’investimento in azioni verdi (equity greenium). La rilevanza del tema è evidente anche in termini di scelte di policy. Quando le decisioni dei policy makers hanno come obiettivo la riduzione delle emissioni carboniche, l'introduzione di una tassa sul carbonio ha come fine quello di rendere costose e inefficienti le attività di business che danneggiano l'ambiente, riducendo così i flussi di capitali attuali e futuri verso le imprese inquinanti. L'esistenza di un equity greenium può allora essere la prova per il decisore politico che l'interesse degli investitori verso le società inquinanti e i rispettivi titoli azionari si sta riducendo e che i capitali si stanno indirizzando verso le imprese green. Allo stesso tempo, l’assenza di un premio di rendimento sul rischio carbonico evidenzia come le decisioni di policy dei regolatori non siano riuscite ad incidere sulla percezione del rischio degli investitori che non richiedono un premio di rendimento a copertura del maggiore rischio carbonico dell’investimento in imprese brown. L’esistenza di un premio per il rischio di carbonio indica sia l’interesse attuale degli operatori ad investire ancora in attività brown, che la necessità da parte delle imprese di compensare l’assunzione del rischio con livelli più alti di rendimento. E’ quindi evidente come la valutazione dell’esistenza e della natura di un premio legato al clima sul mercato finanziario possa permettere ai decisori di testare l’efficacia delle politiche climatiche poste in atto ed eventualmente apportare delle correzioni. Il contributo di Pamela Nicolosi dal titolo “Fondi ESG vs. Fondi Tradizionali: un’analisi della performance” si pone l’obiettivo di studiare la performance degli investimenti ESG e degli investimenti etici all’interno del sistema finanziario. Nello specifico, l’idea principale è quella di cercare di fornire una risposta ad una delle domande cardine in letteratura: si può essere un investitore eticamente attento senza perdere la possibilità di ottenere profitti? La Green economy è un processo che sta dilagando sempre più all’interno di tutti i sistemi. Per questo motivo la scelta di sviluppare un’analisi empirica potrebbe essere utile al fine di comprendere la direzione che prenderà tale fenomeno, nonché capire quali input fornire per assecondare il processo in maniera più armoniosa possibile. Dopo avere spiegato il modello utilizzato per l’individuazione dei risultati e le tecniche per il campionamento dei dati, lo studio si concentra su quattro portafogli ipotetici costruiti dall’autrice. Nello specifico, viene creata una coppia di portafogli (Sostenibile e Tradizionale) sia per le economie emergenti che per le economie sviluppate, al fine di poter sviluppare un’analisi (ex-post) che sia la più esaustiva possibile. L’obiettivo è non solo comparare le economie emergenti con quelle sviluppate, ma soprattutto confrontare rischio e rendimento potenziale della scelta di investire responsabilmente.
Il Ruolo della finanza sostenibile nel processo di transizione energetica globale / DI CLEMENTE, Annalisa. - (2024), pp. 7-149.
Il Ruolo della finanza sostenibile nel processo di transizione energetica globale
Annalisa Di Clemente
Primo
2024
Abstract
La sostenibilità e la transizione verso un’economia a basso contenuto di carbonio, più efficiente in termini di risorse e circolare sono elementi fondamentali per garantire la competitività a lungo termine dell’economia. A marzo 2018, la Commissione Europea ha lanciato uno dei più importanti piani d'azione per finanziare la crescita sostenibile, facilitando la transizione verso un'economia a basse emissioni di carbonio attraverso un aumento degli investimenti in progetti green e promuovendo una nuova strategia di sostenibilità finanziaria nel lungo termine. La politica è nota con il nome di “Sustainable Finance Action Plan”, il cui obiettivo finale è modellare il sistema finanziario in modo da supportare la transizione sostenibile. Il piano d'azione raccomanda tre obiettivi chiave da perseguire a livello europeo. Il primo obiettivo è reindirizzare i flussi di cassa e di capitale verso gli investimenti sostenibili sottraendoli da quelle attività e settori che fanno un uso intensivo di combustibili fossili alimentando il problema del riscaldamento globale. Il secondo obiettivo è gestire i rischi finanziari derivanti dal cambiamento climatico, dall'esaurimento delle risorse e dal degrado ambientale. Il terzo obiettivo è migliorare la trasparenza e la visione a lungo termine di ogni attività finanziaria per realizzare una crescita sostenibile e inclusiva. Questi tre obiettivi si articolano a loro volta in dieci azioni che comprendono iniziative su più fronti con l'obiettivo di coinvolgere tutti gli attori del sistema finanziario soprattutto nella riduzione delle asimmetrie informative legate ai rischi climatici, migliorando così l'allocazione del capitale agli investimenti sostenibili. In dettaglio, l'ambito del piano d'azione incoraggia a classificare meglio le attività economiche insieme a un'adeguata tassonomia sostenibile dell'Unione Europea, chiarendo a tutti i partecipanti al mercato, quali gestori patrimoniali, fondi pensione e banche europee, le loro responsabilità in materia di sostenibilità. Ciò consente di valutare la fattibilità di includere i rischi associati al clima e ad altri fattori ambientali nelle politiche di gestione del rischio. La Commissione europea (2018) riconosce come il settore finanziario abbia un ruolo fondamentale nel conseguimento di questi obiettivi ambientali e sociali, poiché la transizione richiederà l’apporto di ingenti volumi di capitali privati. In tale contesto la trasparenza delle attività dei partecipanti al mercato è fondamentale per un funzionamento corretto del sistema finanziario. Anche la trasparenza delle imprese sulle questioni di sostenibilità costituisce un prerequisito che consente agli attori del mercato finanziario di valutare adeguatamente la creazione di valore a lungo termine da parte delle imprese nonché la relativa gestione dei rischi di sostenibilità. In questo contesto, la sfida che si pone ai policy makers è quella di riuscire a pianificare e a plasmare il processo di transizione dell'economia verso un modello di produzione e di consumo sostenibile minimizzando le incertezze sul valore delle imprese ed evitando inutili perdite di benessere per la società nel suo insieme. È quindi fondamentale che i rischi derivanti dall'incertezza associata al processo di transizione verso un’economia green siano il più possibile trasparenti, quantificabili e gestibili. L'impatto dell'incertezza associata al processo di transizione colpisce tutti i partecipanti ai mercati finanziari, poiché i rischi per il valore delle imprese si riflettono direttamente nei rischi per tutte le attività finanziarie emesse dalle imprese stesse, come azioni, obbligazioni societarie, debiti e attività finanziarie ibride. Poiché tutte queste attività finanziarie sono a loro volta parte integrante di una vasta gamma di portafogli finanziari tra cui i fondi di investimento, i fondi pensione, le assicurazioni sulla vita e i portafogli di investitori privati, anche tutti questi portafogli sono esposti ai rischi di transizione energetica. L’attuale sfida per gli investitori e gli intermediari finanziari è quella di valutare in che misura le imprese siano in grado di adattarsi al processo di transizione e di tenerne conto nelle loro decisioni di investimento. Allo stesso tempo, per le banche centrali e le autorità di vigilanza è indispensabile comprendere l'impatto del processo di transizione sugli istituti finanziari che monitorano e sulla stabilità complessiva dei mercati finanziari. Nonostante gli sforzi condotti dalle istituzioni politiche di tutto il mondo al fine di raggiungere gli obiettivi prestabiliti dell’Agenda per lo sviluppo sostenibile, gli eventi geopolitici relativi al conflitto in Ucraina destabilizzando le economie mondiali hanno messo in risalto anche le debolezze della globalizzazione, con particolare riferimento alla dipendenza da fonti energetiche tradizionali che tuttora rimangono ancora molto elevate. Il contributo di Nicola Spanu dal titolo “L’impatto del rischio geopolitico sul processo di transizione energetica” evidenzia come l’invasione russa dell’Ucraina abbia fatto emergere le principali debolezze dell’infrastruttura finanziaria, accendendo i riflettori sul ruolo della finanza verde in contesti di elevato rischio geopolitico come strumento utile a calmierare gli elevati livelli di instabilità finanziaria in linea con gli obiettivi previsti dall’accordo sul clima di Parigi. Numerosi studi hanno dimostrato come il conflitto abbia avuto un impatto sostanziale sui settori dell'energia, della finanza verde e degli investimenti ESG. Ne è un esempio quanto accaduto sia in Europa in seguito allo scoppio della guerra, dove si è assistito ad un incremento significativo degli investimenti green nella quasi totalità dei paesi europei, che in Cina, uno tra i maggiori paesi al mondo per il consumo e la produzione di energia. In particolare si sono analizzati gli effetti di spillover tra energia tradizionale, energie rinnovabili e finanza verde in un arco temporale che si estende dal mese di settembre 2020 al mese di novembre 2022. Inoltre, la Cina ha goduto della crescita più rapida nel settore delle nuove energie rinnovabili, svolgendo così un ruolo fondamentale nell’attuale processo di transizione energetica. Lo studio si propone di indagare sulla trasmissione degli spillover di rischio tra energia tradizionale, energia nuova, finanza verde e ESG prima e dopo lo scoppio della guerra in Ucraina. Il contributo di Annalisa Di Clemente dal titolo “Rischio climatico e valutazione delle attività finanziarie” si pone come obiettivo quello di analizzare i modelli internazionali utilizzati attualmente per la quantificazione del carbon transition risk assieme ai risultati empirici in merito all’esistenza e alla natura di un carbon premium o premio per il rischio di carbonio o, diversamente, di un premio di rendimento per l’investimento in azioni verdi (equity greenium). La rilevanza del tema è evidente anche in termini di scelte di policy. Quando le decisioni dei policy makers hanno come obiettivo la riduzione delle emissioni carboniche, l'introduzione di una tassa sul carbonio ha come fine quello di rendere costose e inefficienti le attività di business che danneggiano l'ambiente, riducendo così i flussi di capitali attuali e futuri verso le imprese inquinanti. L'esistenza di un equity greenium può allora essere la prova per il decisore politico che l'interesse degli investitori verso le società inquinanti e i rispettivi titoli azionari si sta riducendo e che i capitali si stanno indirizzando verso le imprese green. Allo stesso tempo, l’assenza di un premio di rendimento sul rischio carbonico evidenzia come le decisioni di policy dei regolatori non siano riuscite ad incidere sulla percezione del rischio degli investitori che non richiedono un premio di rendimento a copertura del maggiore rischio carbonico dell’investimento in imprese brown. L’esistenza di un premio per il rischio di carbonio indica sia l’interesse attuale degli operatori ad investire ancora in attività brown, che la necessità da parte delle imprese di compensare l’assunzione del rischio con livelli più alti di rendimento. E’ quindi evidente come la valutazione dell’esistenza e della natura di un premio legato al clima sul mercato finanziario possa permettere ai decisori di testare l’efficacia delle politiche climatiche poste in atto ed eventualmente apportare delle correzioni. Il contributo di Pamela Nicolosi dal titolo “Fondi ESG vs. Fondi Tradizionali: un’analisi della performance” si pone l’obiettivo di studiare la performance degli investimenti ESG e degli investimenti etici all’interno del sistema finanziario. Nello specifico, l’idea principale è quella di cercare di fornire una risposta ad una delle domande cardine in letteratura: si può essere un investitore eticamente attento senza perdere la possibilità di ottenere profitti? La Green economy è un processo che sta dilagando sempre più all’interno di tutti i sistemi. Per questo motivo la scelta di sviluppare un’analisi empirica potrebbe essere utile al fine di comprendere la direzione che prenderà tale fenomeno, nonché capire quali input fornire per assecondare il processo in maniera più armoniosa possibile. Dopo avere spiegato il modello utilizzato per l’individuazione dei risultati e le tecniche per il campionamento dei dati, lo studio si concentra su quattro portafogli ipotetici costruiti dall’autrice. Nello specifico, viene creata una coppia di portafogli (Sostenibile e Tradizionale) sia per le economie emergenti che per le economie sviluppate, al fine di poter sviluppare un’analisi (ex-post) che sia la più esaustiva possibile. L’obiettivo è non solo comparare le economie emergenti con quelle sviluppate, ma soprattutto confrontare rischio e rendimento potenziale della scelta di investire responsabilmente.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.


