Negli anni a cavallo tra Ottocento e Novecento l’Italia attraversa una prima fase di modernizzazione che si riflette soprattutto sul profilo e gli stili di vita delle borghesie urbane. Borghesie, al plurale, perché la borghesia non è un’isola ma un arcipelago, unificato sì dal possesso di un certo capitale economico e culturale, ma anche da peculiari modalità di autorappresentazione e da strategie di distinzione (per presidiare il confine che la separa dalle classi popolari) ed emulazione (per varcare il confine che le separa dall’aristocrazia). La borghesia è dunque, tra l’altro, un fenomeno di gusto: un modo di vestirsi, di mangiare, di parlare, di arredare le case, di trascorrere il tempo libero. A raccontarla, nell’Italia dell’età liberale, sono dunque soprattutto le rubriche di costume che dilagano nella stampa periodica. A partire dagli anni Ottanta dell’Ottocento l’impianto e il lessico tradizionale dei giornali si trasformano allo scopo di soddisfare la richiesta di intrattenimento che proviene da una platea di lettori (e di lettrici, soprattutto) in rapida espansione. Tra le voci del giornalismo di costume dell’epoca, quella di Gabriele D’Annunzio ha un ovvio primato: è lui, il “Duca minimo” della Tribuna, l’uomo che con le sue cronache dell’effimero non solo ha descritto, ma ha anche contribuito a creare uno dei più importanti (e duraturi) fenomeni di gusto dell’Italia del Novecento.
Ouverture. Borghesie dannunziane / Papadia, Elena. - (2024), pp. 18-49.
Ouverture. Borghesie dannunziane
Elena Papadia
2024
Abstract
Negli anni a cavallo tra Ottocento e Novecento l’Italia attraversa una prima fase di modernizzazione che si riflette soprattutto sul profilo e gli stili di vita delle borghesie urbane. Borghesie, al plurale, perché la borghesia non è un’isola ma un arcipelago, unificato sì dal possesso di un certo capitale economico e culturale, ma anche da peculiari modalità di autorappresentazione e da strategie di distinzione (per presidiare il confine che la separa dalle classi popolari) ed emulazione (per varcare il confine che le separa dall’aristocrazia). La borghesia è dunque, tra l’altro, un fenomeno di gusto: un modo di vestirsi, di mangiare, di parlare, di arredare le case, di trascorrere il tempo libero. A raccontarla, nell’Italia dell’età liberale, sono dunque soprattutto le rubriche di costume che dilagano nella stampa periodica. A partire dagli anni Ottanta dell’Ottocento l’impianto e il lessico tradizionale dei giornali si trasformano allo scopo di soddisfare la richiesta di intrattenimento che proviene da una platea di lettori (e di lettrici, soprattutto) in rapida espansione. Tra le voci del giornalismo di costume dell’epoca, quella di Gabriele D’Annunzio ha un ovvio primato: è lui, il “Duca minimo” della Tribuna, l’uomo che con le sue cronache dell’effimero non solo ha descritto, ma ha anche contribuito a creare uno dei più importanti (e duraturi) fenomeni di gusto dell’Italia del Novecento.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.