La monografia descrive un`evoluzione della dottrina politica del nazionalismo italiano negli anni 1896-1923 sullo sfondo della crisi dello Stato liberale e l`avvento del fascismo. Questa problematica non è stata finora trattata in Polonia, nonostante all`inizio degli anni 20 il movimento nazionalista italiano suscitava un vivo interesie da parte di molti pubblicisti e politici polacchi, in gran parte legati alla Democrazia Nazionale (tra cui Roman Domowski, Stanisław Kozicki, Jan Zdzitowiecki e Władysław Jabłonowski), i quali nei suoi scritti analizzavano un influsso ideologico del movimento di Enrico Corradini sul fascismo italiano e notavano delle similitudini tra il suo sviluppo ed il nazionalismo polacco e quello francese. Nel presente studio si possono distinguere cinque blocchi tematici: 1) I primi due capitoli costituiscono un tentativo di definire il nazionalismo italiano, tenendo conto dell`idea della nazione formulata dai suoi principali rappresentanti, delle sue origini ideologiche e facendo confronto con il nazionalismo democratico (il nazionalitarismo) della prima metà dell`800 nonché dei suoi rapporti con il patriotismo, il cattolicesimo e con la Chiesa cattolica, oltre ai suoi legami con il nazionalismo francese. Allo sviluppo del movimento nazionalista italiano contribuirono sia degli avvenimenti politici della fine del XIX secolo, ed in particolare la disfatta di Adua del 1896, la caduta del governo Crispi, i motti sociali degli anni 1897-1898, la crisi del parlamentarismo, la crescita del movimento socialista, l`escalazione delle tenderze autoritarie, che il clima culturale delle fin de siécle, il quale favorì alla nascita dei circoli letterari, raggruppanti dei giovani intellettuali (nati dopo 1870) che giudicavano negativamente la situazione politica, economica e sociale dell`Italia dell`epoca. Un ruolo rilevante nell`elaborazione della dottrina nazionalista in Italia svolsero anche idee politiche dei pubblicisti e pensatori politici a cavallo tra `800 e `900, quali Alfredo Oriani, Pasquale Turiello, Mario Morasso, Giosué Carducci e Gabriele D`Annunzio. 2) I seguenti tre capitoli sono dedicati alla cosiddetta fase “retorico-letteraria” nella storia del nazionalismo italiano, la quale comprende gli anni 1896-1910. Fino al 1910 il nazionalismo italiano, sviluppandosi indipendentemente in diversi centri, legati in gran parte alla redazione delle principali riviste letterarie (quali „Il Marzocco”, „Il Regno”, „La Voce”) come pure dei giornali („Il Carroccio”, „La Grande Italia”) e rappresentando programami politici un po` differenti, ebbe un carattere eteregeneo. Sebbene i primi gruppi nazionalisti, tra i quali quello imperialista de „Il Regno” di Enrico Corradini, i rappresentanti del „nazionalismo umanista” - Giovanni Papini e Giuseppe Prezzolini, „i giovanni liberali” di Giovanni Borelli, il gruppo anarcosindacalista, monarchico ed imperialista de „Il Tricolore” di Mario Viana, il gruppo imperialista, romano de „Il Carroccio” ed il gruppo irredentista de „La Grande Italia”, avessero dei punti in comune, attaccando il sistema democratico-parlamentare, il socialismo ed mirando alla ricostruzione del sentimento nazionale degli italiani, il loro programma tuttavia si differenziava per quanto riguarda le questioni fondamentali quali: 1) irredentismo, 2) relazioni con la Chiesa cattolica, 3) programma economico, 4) rapporto con la democrazia e il liberalismo. 3) I quattro capitoli a seguire descrivono un`evoluzione del programma ideologico del nazionalismo italiano nella fase politica, ossia a partire dal I Congresso Nazionalista di Firenze del 1910, in cui nacque ufficialmente l`Assoziazione Nazionalista Italiana nonché l`organo “ufficioso” del movimento (L`Idea Nazionale) fino al Terzo Congresso di Milano del 1914, concentrandosi particolarmente sul pensiero politico dei suoi principali rappresentanti: Luigi Federzoni, Maurizio Maraviglia, Francesco Coppola, Roberto Forges Davanzati e Alfredo Rocco. Alla cristalizzazione della dottrina del nazionalismo italiano contribuirono in modo significativo delle discussioni programmatiche svolte durante i congressi che portarono perfino alle fratture interne, come pure articoli pubblicati soprattutto sull`Idea Nazionale ed opuscoli trattanti delle questioni quali i rapporti con la monarchia, e con i cattolici, con la democrazia e con il liberalismo nonché il problema massonico. Significativo fu anche l`influsso dei nazionalisti-democratici (Scipio Sighele, Ercole Rivalta e Paolo Arcari), i quali abbandonarono Assoziazione Nazionalista Italiana durante il II Congresso Nazionalista nel 1912 nonché degli irredentisti-imperialisti di Trieste (Ruggero Fauro e Attilio Tamaro). Un ruolo fondamentale nella storia del nazionalismo ebbe il III Congresso di Milano, in cui il nazionalismo assunse la piena fisionomia ideologica, addottando il programma protezionista nella politica economica, in gran parte grazie al contributo Alfredo Rocco, e si trasformò da un`associazione in un partito politico. Rocco - professore dell`economia politica dell`Università di Padova ed a partie dal 1914 il nuovo leader dell`ANI - contribuì anche alla rottura ideologica con la tradizione del Risorgimento, ed in particolare con la tendenza di far rappresentare i nazionalisti quali continuatori del pensiero della Destra storica, il che fu una delle proposte di Luigi Federzoni formulata nel 1913. In seguito alle discussioni congressuali il nazionalismo assunse un carattere antisocialista, antiliberale, antidemocratico ed antimassonico, diventando tra il 1914-1919 un partito reazionario, mirante alla ricostruzione dell`autorità dello Stato, alla neutralizzazione dei conflitti sociali, garantendo un ruolo importante nella struttura dello Stato alla grande borghesia produttiva in collaborazione con la Monarchia e la Chiesa Cattolica, e rappresentante del programma protezionista nella politica economica ed imperialista in quella estera. 4) I successivi tre capitoli si concentrano sul programma della politica estera dei nazionalisti, in particolare sui rapporti tra il nazionalismo e l`irredentismo. I sostenitori dell`Associazione Nazionalista Italiana erano sensibili ai problemi delle terre irredente, ciononostante giudicavano la questione secondaria rispetto al programma della politica estera, dando maggiore importanza al problemma coloniale in Africa e la conquista dell`egemonia sul Mediterraneo. Non c`è tuttavia alcun dubbio che la questione Trento-Trieste influì sui rapporti italo-austriaci, contribuendo all`abbandono della Triplice da parte dell`Italia e all`avvicinamento all`Intesa dopo lo scoppio della prima guerra mondiale. Analizzando relazioni con l`irredentismo democratico di Trento (rappresentato da Scipio Sighele e Gualtiero Castellini) e quello imperialista del Litorale Adriatico (di Attilio Tamaro e Ruggero Fauro) va riconosciuto che i nazionalisti italiani preferivano il programma aggressivo imperialista di Tamaro e Fauro. Il capitolo XII descrive il programma dei nazionalisti durante la Grande Guerra e le trattative di pace di Versailles, approffondendo la questione adriatica e l`impresa di Fiume di Gabriele D`Annunzio. Il capitolo XIII analizza invece i rapporti dei nazionalisti italiani con gli Stati nati dopo la dissoluzione dell`Impero Absburgico, tenendo in particolare considerazione le relazioni con lo Stato Polacco. Gli ultimi due capitoli rappresentano il programma dei nazionalisti italiani di fronte alla crisi dello Stato liberale dopo la fine della I guerra mondiale in particolare alla luce delle decisioni intraprese durante il IV Congresso Nazionalista del marzo 1919 nonché le relazioni tra il nazionalismo e il fascismo fino alla fusione di ANI con il PNF nel febbraio 1923. Valutando influsso ideologio del nazionalismo sulla dottrina del fascismo dobbiamo riconoscere che sebbene rappresentanti dell`Assozione Nazionalista Italiana non fossero particolarmente favorevoli alla nascita dei Fasci di Combattimento nel marzo 1919, criticando un loro carattere rivoluzionario e repubblicano, oltre ai metodi utilizzati in pratica politica, si riconoscevano nelle sue idee antisocialiste, antibolsceviche e nella difesa dell`ordine sociale costituito abbinati alla critica dei governi liberali. La fusione con il fascismo, sancita nel febbraio 1923, nonostante dal punto di vista pratico rappresentasse l`assorbimento dell`elitaria Associazione Nazionalista Italiana dal Partito Fascista di massa, dal punto di vista ideologio significava una sottomissione del movimento di Benito Mussolini alla dottrina nazionalista. Pur non negando che la dottrina fascista nacque sotto l`influsso di diversi correnti e concetti ideologici, l`influenza nazionalista fu significativa, innanzi tutto durante la fasi della conquista del potere da parte del fascismo, che comprendeva gli anni 1921-1925. In particolare nella dottrina fascista si possono distinguere i seguenti elementi di ispirazione nazionalista: 1) Idea dello Stato nazionale, il che fu un motore dell`azione di tutta la vita sociale e prevedeva un primato dello Stato-nazione su individui e gruppi sociali, oltre al primato dell`interesse nazionale su quello individuale. 2) Corporativismo e solidarismo sociale, rappresentati nella Carta del Lavoro fascista, si basavano sulle idee, elaborate già da Enrico Corradini e Alfredo Rocco durante il IV Congresso Nazionalista del 1919 e miranti alla liquidazione dei conflitti sociali attraverso l`assorbimento delle masse da parte delle organizzazioni economico-professionali, operanti sotto uno stretto controllo dello Stato ed eliminazione di tutte le forme contestanti il potere statale e bloccanti il sistema produttivo; 3)Imperialismo e militarismo – nonostante il fascismo, come il nazionalismo, rappresentasse il culto della guerra, evidenziando l`importanza di una adeguata preparazione militare dell`Italia, solo nell`arco degli anni 30 iniziò a realizzare un agressivo programma della politica estera del nazionalismo. I nazionalisti erano anche degli artefici dell`alleanza del fascismo con la monarchia e dell`abbandono delle originali idee repubblicane e sympatie massoniche da parte del fascismo. Allo stesso modo i Patti Lateranesi che regolavano i rapporti Stato-Chiesa, firmate dal Duce nelfebbraio 1929 costituivano una realizzazione del programma nazionalista formulato già del 1913. Malgrado dopo il 1925 alcuni nazionalisti (in particolare Alfredo Rocco e Luigi Federzoni) collaborassero con Benito Mussolini nel processo di trasformazione dello Stato in direzione totalitarna, non erano tuttavia favorevoli al pieno consolidamento del potere didattoriale da parte del Duce, iniziato all`inizio degli anni 30, né alla graduale immedesimazione della nazione con il fascismo nonché alle leggi razziali del 1938 ed alla sempre maggiore dipendenza dell`Italia dal Terzo Reich di Adolf Hitler.
Nacjonalizm włoski : geneza i ewolucja doktryny politycznej (1896-1923) / Sondel-Cedarmas, Joanna. - (2013).
Nacjonalizm włoski : geneza i ewolucja doktryny politycznej (1896-1923)
Sondel-Cedarmas, Joanna
2013
Abstract
La monografia descrive un`evoluzione della dottrina politica del nazionalismo italiano negli anni 1896-1923 sullo sfondo della crisi dello Stato liberale e l`avvento del fascismo. Questa problematica non è stata finora trattata in Polonia, nonostante all`inizio degli anni 20 il movimento nazionalista italiano suscitava un vivo interesie da parte di molti pubblicisti e politici polacchi, in gran parte legati alla Democrazia Nazionale (tra cui Roman Domowski, Stanisław Kozicki, Jan Zdzitowiecki e Władysław Jabłonowski), i quali nei suoi scritti analizzavano un influsso ideologico del movimento di Enrico Corradini sul fascismo italiano e notavano delle similitudini tra il suo sviluppo ed il nazionalismo polacco e quello francese. Nel presente studio si possono distinguere cinque blocchi tematici: 1) I primi due capitoli costituiscono un tentativo di definire il nazionalismo italiano, tenendo conto dell`idea della nazione formulata dai suoi principali rappresentanti, delle sue origini ideologiche e facendo confronto con il nazionalismo democratico (il nazionalitarismo) della prima metà dell`800 nonché dei suoi rapporti con il patriotismo, il cattolicesimo e con la Chiesa cattolica, oltre ai suoi legami con il nazionalismo francese. Allo sviluppo del movimento nazionalista italiano contribuirono sia degli avvenimenti politici della fine del XIX secolo, ed in particolare la disfatta di Adua del 1896, la caduta del governo Crispi, i motti sociali degli anni 1897-1898, la crisi del parlamentarismo, la crescita del movimento socialista, l`escalazione delle tenderze autoritarie, che il clima culturale delle fin de siécle, il quale favorì alla nascita dei circoli letterari, raggruppanti dei giovani intellettuali (nati dopo 1870) che giudicavano negativamente la situazione politica, economica e sociale dell`Italia dell`epoca. Un ruolo rilevante nell`elaborazione della dottrina nazionalista in Italia svolsero anche idee politiche dei pubblicisti e pensatori politici a cavallo tra `800 e `900, quali Alfredo Oriani, Pasquale Turiello, Mario Morasso, Giosué Carducci e Gabriele D`Annunzio. 2) I seguenti tre capitoli sono dedicati alla cosiddetta fase “retorico-letteraria” nella storia del nazionalismo italiano, la quale comprende gli anni 1896-1910. Fino al 1910 il nazionalismo italiano, sviluppandosi indipendentemente in diversi centri, legati in gran parte alla redazione delle principali riviste letterarie (quali „Il Marzocco”, „Il Regno”, „La Voce”) come pure dei giornali („Il Carroccio”, „La Grande Italia”) e rappresentando programami politici un po` differenti, ebbe un carattere eteregeneo. Sebbene i primi gruppi nazionalisti, tra i quali quello imperialista de „Il Regno” di Enrico Corradini, i rappresentanti del „nazionalismo umanista” - Giovanni Papini e Giuseppe Prezzolini, „i giovanni liberali” di Giovanni Borelli, il gruppo anarcosindacalista, monarchico ed imperialista de „Il Tricolore” di Mario Viana, il gruppo imperialista, romano de „Il Carroccio” ed il gruppo irredentista de „La Grande Italia”, avessero dei punti in comune, attaccando il sistema democratico-parlamentare, il socialismo ed mirando alla ricostruzione del sentimento nazionale degli italiani, il loro programma tuttavia si differenziava per quanto riguarda le questioni fondamentali quali: 1) irredentismo, 2) relazioni con la Chiesa cattolica, 3) programma economico, 4) rapporto con la democrazia e il liberalismo. 3) I quattro capitoli a seguire descrivono un`evoluzione del programma ideologico del nazionalismo italiano nella fase politica, ossia a partire dal I Congresso Nazionalista di Firenze del 1910, in cui nacque ufficialmente l`Assoziazione Nazionalista Italiana nonché l`organo “ufficioso” del movimento (L`Idea Nazionale) fino al Terzo Congresso di Milano del 1914, concentrandosi particolarmente sul pensiero politico dei suoi principali rappresentanti: Luigi Federzoni, Maurizio Maraviglia, Francesco Coppola, Roberto Forges Davanzati e Alfredo Rocco. Alla cristalizzazione della dottrina del nazionalismo italiano contribuirono in modo significativo delle discussioni programmatiche svolte durante i congressi che portarono perfino alle fratture interne, come pure articoli pubblicati soprattutto sull`Idea Nazionale ed opuscoli trattanti delle questioni quali i rapporti con la monarchia, e con i cattolici, con la democrazia e con il liberalismo nonché il problema massonico. Significativo fu anche l`influsso dei nazionalisti-democratici (Scipio Sighele, Ercole Rivalta e Paolo Arcari), i quali abbandonarono Assoziazione Nazionalista Italiana durante il II Congresso Nazionalista nel 1912 nonché degli irredentisti-imperialisti di Trieste (Ruggero Fauro e Attilio Tamaro). Un ruolo fondamentale nella storia del nazionalismo ebbe il III Congresso di Milano, in cui il nazionalismo assunse la piena fisionomia ideologica, addottando il programma protezionista nella politica economica, in gran parte grazie al contributo Alfredo Rocco, e si trasformò da un`associazione in un partito politico. Rocco - professore dell`economia politica dell`Università di Padova ed a partie dal 1914 il nuovo leader dell`ANI - contribuì anche alla rottura ideologica con la tradizione del Risorgimento, ed in particolare con la tendenza di far rappresentare i nazionalisti quali continuatori del pensiero della Destra storica, il che fu una delle proposte di Luigi Federzoni formulata nel 1913. In seguito alle discussioni congressuali il nazionalismo assunse un carattere antisocialista, antiliberale, antidemocratico ed antimassonico, diventando tra il 1914-1919 un partito reazionario, mirante alla ricostruzione dell`autorità dello Stato, alla neutralizzazione dei conflitti sociali, garantendo un ruolo importante nella struttura dello Stato alla grande borghesia produttiva in collaborazione con la Monarchia e la Chiesa Cattolica, e rappresentante del programma protezionista nella politica economica ed imperialista in quella estera. 4) I successivi tre capitoli si concentrano sul programma della politica estera dei nazionalisti, in particolare sui rapporti tra il nazionalismo e l`irredentismo. I sostenitori dell`Associazione Nazionalista Italiana erano sensibili ai problemi delle terre irredente, ciononostante giudicavano la questione secondaria rispetto al programma della politica estera, dando maggiore importanza al problemma coloniale in Africa e la conquista dell`egemonia sul Mediterraneo. Non c`è tuttavia alcun dubbio che la questione Trento-Trieste influì sui rapporti italo-austriaci, contribuendo all`abbandono della Triplice da parte dell`Italia e all`avvicinamento all`Intesa dopo lo scoppio della prima guerra mondiale. Analizzando relazioni con l`irredentismo democratico di Trento (rappresentato da Scipio Sighele e Gualtiero Castellini) e quello imperialista del Litorale Adriatico (di Attilio Tamaro e Ruggero Fauro) va riconosciuto che i nazionalisti italiani preferivano il programma aggressivo imperialista di Tamaro e Fauro. Il capitolo XII descrive il programma dei nazionalisti durante la Grande Guerra e le trattative di pace di Versailles, approffondendo la questione adriatica e l`impresa di Fiume di Gabriele D`Annunzio. Il capitolo XIII analizza invece i rapporti dei nazionalisti italiani con gli Stati nati dopo la dissoluzione dell`Impero Absburgico, tenendo in particolare considerazione le relazioni con lo Stato Polacco. Gli ultimi due capitoli rappresentano il programma dei nazionalisti italiani di fronte alla crisi dello Stato liberale dopo la fine della I guerra mondiale in particolare alla luce delle decisioni intraprese durante il IV Congresso Nazionalista del marzo 1919 nonché le relazioni tra il nazionalismo e il fascismo fino alla fusione di ANI con il PNF nel febbraio 1923. Valutando influsso ideologio del nazionalismo sulla dottrina del fascismo dobbiamo riconoscere che sebbene rappresentanti dell`Assozione Nazionalista Italiana non fossero particolarmente favorevoli alla nascita dei Fasci di Combattimento nel marzo 1919, criticando un loro carattere rivoluzionario e repubblicano, oltre ai metodi utilizzati in pratica politica, si riconoscevano nelle sue idee antisocialiste, antibolsceviche e nella difesa dell`ordine sociale costituito abbinati alla critica dei governi liberali. La fusione con il fascismo, sancita nel febbraio 1923, nonostante dal punto di vista pratico rappresentasse l`assorbimento dell`elitaria Associazione Nazionalista Italiana dal Partito Fascista di massa, dal punto di vista ideologio significava una sottomissione del movimento di Benito Mussolini alla dottrina nazionalista. Pur non negando che la dottrina fascista nacque sotto l`influsso di diversi correnti e concetti ideologici, l`influenza nazionalista fu significativa, innanzi tutto durante la fasi della conquista del potere da parte del fascismo, che comprendeva gli anni 1921-1925. In particolare nella dottrina fascista si possono distinguere i seguenti elementi di ispirazione nazionalista: 1) Idea dello Stato nazionale, il che fu un motore dell`azione di tutta la vita sociale e prevedeva un primato dello Stato-nazione su individui e gruppi sociali, oltre al primato dell`interesse nazionale su quello individuale. 2) Corporativismo e solidarismo sociale, rappresentati nella Carta del Lavoro fascista, si basavano sulle idee, elaborate già da Enrico Corradini e Alfredo Rocco durante il IV Congresso Nazionalista del 1919 e miranti alla liquidazione dei conflitti sociali attraverso l`assorbimento delle masse da parte delle organizzazioni economico-professionali, operanti sotto uno stretto controllo dello Stato ed eliminazione di tutte le forme contestanti il potere statale e bloccanti il sistema produttivo; 3)Imperialismo e militarismo – nonostante il fascismo, come il nazionalismo, rappresentasse il culto della guerra, evidenziando l`importanza di una adeguata preparazione militare dell`Italia, solo nell`arco degli anni 30 iniziò a realizzare un agressivo programma della politica estera del nazionalismo. I nazionalisti erano anche degli artefici dell`alleanza del fascismo con la monarchia e dell`abbandono delle originali idee repubblicane e sympatie massoniche da parte del fascismo. Allo stesso modo i Patti Lateranesi che regolavano i rapporti Stato-Chiesa, firmate dal Duce nelfebbraio 1929 costituivano una realizzazione del programma nazionalista formulato già del 1913. Malgrado dopo il 1925 alcuni nazionalisti (in particolare Alfredo Rocco e Luigi Federzoni) collaborassero con Benito Mussolini nel processo di trasformazione dello Stato in direzione totalitarna, non erano tuttavia favorevoli al pieno consolidamento del potere didattoriale da parte del Duce, iniziato all`inizio degli anni 30, né alla graduale immedesimazione della nazione con il fascismo nonché alle leggi razziali del 1938 ed alla sempre maggiore dipendenza dell`Italia dal Terzo Reich di Adolf Hitler.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.