In una frase decisiva di Dialettica negativa (1966), Adorno riprende la questione della scrittura poetica dopo Auschwitz, quando vi ricorda che la sofferenza incessante ha tanto il diritto di esprimersi quanto il martirizzato di gridare e sembra ritornare sui suoi passi quando afferma che “sarà stata un errore la frase che dopo Auschwitz non si possono più scrivere poesie”. In questo saggio, si analizzano quindi le posizioni del filosofo tedesco in merito a tale questione, spesso fraintesa, e si cerca di mostrare come l’arte e la poesia, così come la filosofia, ma ancor più della filosofia e anche della metafisica, si trovano nella situazione paradossale di dover dire il dolore del mondo e soprattutto di dovergli dare una forma – nel senso ampio del termine – fino a dover esprimere l’indicibile dell’estremo, dell’impensabile, del grido. Nel lungo adagio del dopo-Auschwitz, arte e filosofia convergono così nel loro contenuto di verità e nella loro missione di conoscenza, di coscienza, di denuncia di ciò che è reale – la sofferenza o la catastrofe permanenti; ma esse vi si dedicano attraverso mezzi molto differenti che sono indagati nell'opera adorniana.
Scrivere o non scrivere poesie dopo Auschwitz? Una questione filosofica fraintesa di T. W. Adorno / Ombrosi, Orietta. - (2024), pp. 26-33.
Scrivere o non scrivere poesie dopo Auschwitz? Una questione filosofica fraintesa di T. W. Adorno
ombrosi orietta
2024
Abstract
In una frase decisiva di Dialettica negativa (1966), Adorno riprende la questione della scrittura poetica dopo Auschwitz, quando vi ricorda che la sofferenza incessante ha tanto il diritto di esprimersi quanto il martirizzato di gridare e sembra ritornare sui suoi passi quando afferma che “sarà stata un errore la frase che dopo Auschwitz non si possono più scrivere poesie”. In questo saggio, si analizzano quindi le posizioni del filosofo tedesco in merito a tale questione, spesso fraintesa, e si cerca di mostrare come l’arte e la poesia, così come la filosofia, ma ancor più della filosofia e anche della metafisica, si trovano nella situazione paradossale di dover dire il dolore del mondo e soprattutto di dovergli dare una forma – nel senso ampio del termine – fino a dover esprimere l’indicibile dell’estremo, dell’impensabile, del grido. Nel lungo adagio del dopo-Auschwitz, arte e filosofia convergono così nel loro contenuto di verità e nella loro missione di conoscenza, di coscienza, di denuncia di ciò che è reale – la sofferenza o la catastrofe permanenti; ma esse vi si dedicano attraverso mezzi molto differenti che sono indagati nell'opera adorniana.File | Dimensione | Formato | |
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