Prima di entrare nel merito dell’introduzione del presente volume, ci siano consentite talune imprescindibili riflessioni. La prima riguarda proprio il Sistema Sanitario Nazionale, più volte criticato, ma da sempre uno dei migliori al mondo; probabilmente, occorre chiedersi cos’è successo nell’ultimo ventennio o, ancor prima. Correva l’anno 2009 quando nell’introduzione di un nostro lavoro affermavamo il concetto testé espresso, ovvero della bontà del nostro S.S.N.; evidenziando come il finanziamento dello stesso fosse sottostimato soprattutto in ragione alla variazione del P.I.L. che era del 1,2%, rispetto una variazione attestata al 2,5% per lo stesso periodo (1990/2005), nei Paesi dell’OCSE e come l’intera filiera produttiva dei servizi rivolti alla tutela della salute rappresentasse, in ogni caso, un sicuro valore aggiunto; concorrendo, invero, al processo di formazione della ricchezza del Paese. A quanto sostenuto, occorre aggiungere la “falcidia” sui finanziamenti della Sanità, accompagnata dagli innumerevoli casi di corruzione. La risposta politica a tali fenomeni è stata la sequela di leggi sulle c.d. spending review (tagli lineari) e l’assoluta mancanza di una programmazione sanitaria che tenesse presente le reali esigenze dei diversi territori acuendo altresì le differenziazioni regionali sulla garanzia dei livelli essenziali di assistenza (L.E.A.). Abbiamo assistito, increduli, allo smantellamento degli ospedali, alla soppressione delle strutture e posti letto da un lato e, dall’altro, alla sempre e solo enunciata integrazione ai servizi ospedalieri dei servizi territoriali; rimasti, infatti, solo rappresentati nelle dichiarazioni d’intenti, ma sovente abbandonati al loro destino. Per quanto concerne le risorse umane, ovvero gli osannati operatori sanitari (Medici, Infermieri, Farmacisti, Ostetriche, ecc.), la risposta è da ricercare in un retorico idillio, poiché, solo qualche settimana prima, per la politica e parte dei media, soprattutto i medici erano ritenuti causa dei “disastri” della sanità e fautori della c.d. “malpractice”. Ora sono diventati dei Supereroi, ma forse lo sono sempre stati soprattutto per chi conosce i meandri delle organizzazioni sanitarie (appiattimenti professionali, turni stressanti, apparecchiature obsolete, carenze strutturali, ecc.). Dopo anni di cd. “medicina difensiva” ancora oggi non sono chiari i perimetri entro cui circoscrivere le responsabilità individuali (linee guida, ecc.). Anche gli infermieri sono sempre esistiti, ma la loro natura di “angeli” delle corsie ha fatto sì che ognuno prestasse quella cura nei confronti del malato, senza clamori di sorta. A tali ineludibili premesse occorre aggiungere come il continuo dilagare di ipertrofici interventi legislativi e regolamentari in materia e la continua dicotomia Stato/Regioni, impongono al giurista una rinnovata e sempre più accorta attenzione, nonché la contestualizzazione dei diversi ambiti disciplinari onde ricondurli a sistema. Tante, forse troppe, le norme che negli ultimi tempi si sono occupate di sanità e rapporto di lavoro nel pubblico impiego; tale continua proliferazione di leggi, ora approvate, ora smentite o modificate, sono finite per distogliere l’attenzione dall’obiettivo principale a cui i valori generali dell’azione dello Stato devono tendere. Tale agere, piuttosto che indebolire il diritto di ogni cittadino alla tutela della salute (art. 32 Cost.) in forma equa e solidale, doveva propendere verso il rafforzamento delle felici e lungimiranti scelte del costituente, laddove veniva sancito in maniera inequivocabile l’irrinunciabilità e il fondamento di tale diritto. Dalla prima riforma sanitaria (L.833/1978) e dalla sua encomiabile introduzione sul fronte della declinazione dei principi costituzionali e, quindi, di garanzie salutari uguali per tutti, sono passati tanti anni, ma non sembra essere stata sufficiente la c.d. aziendalizzazione della sanità (D.Lgs. 502/92) con i suoi paradigmi efficientisti, a migliorarne le condizioni, circa l’universalità del servizio; i nuovi rischi emergenti e l’accentuazione delle “diseguaglianze” tra nord e sud, le cui ingenti cifre conseguenti alla mobilità “passiva” dalle regioni del sud, ne rappresentano un evidente spaccato. Un analogo ragionamento deve farsi sull’assetto ordinamentale delle risorse umane in sanità. Anche esse travolte dal processo di privatizzazione del P.I. che dal 1992 ad oggi, ha visto uno tsunami di azioni legislative che, di certo, non possiamo ritenere garanti di quella che, comunemente viene definita certezza del diritto. Nel testo che si introduce, si intrecciano due sistemi complessi, sanità e rapporto di lavoro, che, coordinati tra di loro, in una sorta di unicum, individuano dei percorsi di connessione tra modelli organizzativi, utilizzo degli operatori sanitari e livelli di assistenza, comunque, da garantire ai cittadini. Su questo archetipo si snoda il presente lavoro che, nella sua “ragion d’essere”, intende favorire un percorso di crescita rivolto alla centralità del capitale umano presente nelle strutture sanitarie.
Manuale di Diritto e Lavoro nella Pubblica Amministrazione Sanitaria / Gasparro, Mattia. - (2023).
Manuale di Diritto e Lavoro nella Pubblica Amministrazione Sanitaria
Mattia Gasparro
2023
Abstract
Prima di entrare nel merito dell’introduzione del presente volume, ci siano consentite talune imprescindibili riflessioni. La prima riguarda proprio il Sistema Sanitario Nazionale, più volte criticato, ma da sempre uno dei migliori al mondo; probabilmente, occorre chiedersi cos’è successo nell’ultimo ventennio o, ancor prima. Correva l’anno 2009 quando nell’introduzione di un nostro lavoro affermavamo il concetto testé espresso, ovvero della bontà del nostro S.S.N.; evidenziando come il finanziamento dello stesso fosse sottostimato soprattutto in ragione alla variazione del P.I.L. che era del 1,2%, rispetto una variazione attestata al 2,5% per lo stesso periodo (1990/2005), nei Paesi dell’OCSE e come l’intera filiera produttiva dei servizi rivolti alla tutela della salute rappresentasse, in ogni caso, un sicuro valore aggiunto; concorrendo, invero, al processo di formazione della ricchezza del Paese. A quanto sostenuto, occorre aggiungere la “falcidia” sui finanziamenti della Sanità, accompagnata dagli innumerevoli casi di corruzione. La risposta politica a tali fenomeni è stata la sequela di leggi sulle c.d. spending review (tagli lineari) e l’assoluta mancanza di una programmazione sanitaria che tenesse presente le reali esigenze dei diversi territori acuendo altresì le differenziazioni regionali sulla garanzia dei livelli essenziali di assistenza (L.E.A.). Abbiamo assistito, increduli, allo smantellamento degli ospedali, alla soppressione delle strutture e posti letto da un lato e, dall’altro, alla sempre e solo enunciata integrazione ai servizi ospedalieri dei servizi territoriali; rimasti, infatti, solo rappresentati nelle dichiarazioni d’intenti, ma sovente abbandonati al loro destino. Per quanto concerne le risorse umane, ovvero gli osannati operatori sanitari (Medici, Infermieri, Farmacisti, Ostetriche, ecc.), la risposta è da ricercare in un retorico idillio, poiché, solo qualche settimana prima, per la politica e parte dei media, soprattutto i medici erano ritenuti causa dei “disastri” della sanità e fautori della c.d. “malpractice”. Ora sono diventati dei Supereroi, ma forse lo sono sempre stati soprattutto per chi conosce i meandri delle organizzazioni sanitarie (appiattimenti professionali, turni stressanti, apparecchiature obsolete, carenze strutturali, ecc.). Dopo anni di cd. “medicina difensiva” ancora oggi non sono chiari i perimetri entro cui circoscrivere le responsabilità individuali (linee guida, ecc.). Anche gli infermieri sono sempre esistiti, ma la loro natura di “angeli” delle corsie ha fatto sì che ognuno prestasse quella cura nei confronti del malato, senza clamori di sorta. A tali ineludibili premesse occorre aggiungere come il continuo dilagare di ipertrofici interventi legislativi e regolamentari in materia e la continua dicotomia Stato/Regioni, impongono al giurista una rinnovata e sempre più accorta attenzione, nonché la contestualizzazione dei diversi ambiti disciplinari onde ricondurli a sistema. Tante, forse troppe, le norme che negli ultimi tempi si sono occupate di sanità e rapporto di lavoro nel pubblico impiego; tale continua proliferazione di leggi, ora approvate, ora smentite o modificate, sono finite per distogliere l’attenzione dall’obiettivo principale a cui i valori generali dell’azione dello Stato devono tendere. Tale agere, piuttosto che indebolire il diritto di ogni cittadino alla tutela della salute (art. 32 Cost.) in forma equa e solidale, doveva propendere verso il rafforzamento delle felici e lungimiranti scelte del costituente, laddove veniva sancito in maniera inequivocabile l’irrinunciabilità e il fondamento di tale diritto. Dalla prima riforma sanitaria (L.833/1978) e dalla sua encomiabile introduzione sul fronte della declinazione dei principi costituzionali e, quindi, di garanzie salutari uguali per tutti, sono passati tanti anni, ma non sembra essere stata sufficiente la c.d. aziendalizzazione della sanità (D.Lgs. 502/92) con i suoi paradigmi efficientisti, a migliorarne le condizioni, circa l’universalità del servizio; i nuovi rischi emergenti e l’accentuazione delle “diseguaglianze” tra nord e sud, le cui ingenti cifre conseguenti alla mobilità “passiva” dalle regioni del sud, ne rappresentano un evidente spaccato. Un analogo ragionamento deve farsi sull’assetto ordinamentale delle risorse umane in sanità. Anche esse travolte dal processo di privatizzazione del P.I. che dal 1992 ad oggi, ha visto uno tsunami di azioni legislative che, di certo, non possiamo ritenere garanti di quella che, comunemente viene definita certezza del diritto. Nel testo che si introduce, si intrecciano due sistemi complessi, sanità e rapporto di lavoro, che, coordinati tra di loro, in una sorta di unicum, individuano dei percorsi di connessione tra modelli organizzativi, utilizzo degli operatori sanitari e livelli di assistenza, comunque, da garantire ai cittadini. Su questo archetipo si snoda il presente lavoro che, nella sua “ragion d’essere”, intende favorire un percorso di crescita rivolto alla centralità del capitale umano presente nelle strutture sanitarie.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.